Genova. “L’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, a partire dal subentro della gestione ArcelorMittal, sta vivendo una fase di abbandono e pericoloso declino destinata nel giro di pochissimo tempo a consegnarla ad un irreversibile condizione di spegnimento con gravissime conseguenze occupazionali oltre che industriali, senza tenere conto dei numerosissimi incidenti che si verificano quotidianamente nei luoghi di lavoro e che mettono a rischio la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori”. Comincia così la lettera indirizzata dai segretari di Fiom, Fim e Uilm di Genova al presidente del consiglio Giorgia Meloni.
“Nonostante il finanziamento erogato dallo Stato a inizio anno, il management pubblico-privato aziendale non sta mantenendo nessuno degli impegni presi sui volumi produttivi, gli investimenti, il funzionamento e la manutenzione degli impianti, sul pagamento delle ditte di appalto – proseguono – La gestione unilaterale del personale abusa nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali, mentre sempre più a rischio è la gestione degli impianti anche in termini di sicurezza sul lavoro per gli addetti. Inoltre nessuna prospettiva sta interessando i lavoratori collocati in Ilva AS per i quali è previsto il loro reintegro in ADI”.
“Il mancato impegno all’avvio dei lavori di rifacimento di Afo5 a Taranto, il ciclo di vita in esaurimento degli altri impianti, il mancato avvio e finanziamento dei progetti di decarbonizzazione consegnano il siderurgico di Taranto e il gruppo ad un inevitabile spegnimento” dicono i sindacati.
Fim, Fiom, Uilm “sono di nuovo e con maggiore allarme, rispetto al passato, a denunciare tale condizione oltre che il mancato rispetto degli impegni assunti dallo Stato con l’accordo sindacale del 2018 e chiedono con assoluta urgenza la convocazione di un tavolo stabile che affronti la situazione e a breve inverta la gravissima crisi occupazionale e produttiva in essere”.
E preannunciano proteste “Vi informiamo che in caso di mancata convocazione ci autoconvocheremo presso la vostra sede istituzionale anche con le nostre rappresentanze sindacali unitarie. Non possiamo assistere a quanto si sta determinando e chiediamo al Governo di esercitare le proprie prerogative pubbliche e di azionista per determinare il necessario cambiamento di cui Acciaierie d’Italia ha bisogno”.