Genova. Il gip Alberto Lippini ha rigettato la richiesta di rito abbreviato presentata martedì in udienza dagli avvocati di Evaristo Scalco, l’artigiano di 63 anni che il primo novembre scorso uccise con una freccia l’operaio Alfredo Javier Romero Miranda, 41 anni, in centro storico.
Una richiesta allo stato non accoglibile visto che il reato contestato, vale a dire omicidio aggravato dai futili motivi e dall’odio razziale prevede potenzialmente l’ergastolo e quindi l’impossibilità per legge di accedere al rito alternativo che consente fino a un terzo di sconto della pena. Solo se all’esito del processo ordinario davanti alla Corte d’assire quindi l’aggravante dei futili motivi dovesse cadere, allora lo sconto potrebbe essere nuovamente invocato. Gli avvocati di Scalco hanno provato a sostenere che non ci fosse l’aggravante dei futili motivi e che Scalco di fatto avesse risposto a una provocazione della vittima, ma per il giudice la reazione dell’artigiano è stata “spropositata” al punto che, allo stato delle cose, la configurazione del reato da parte del pm Arianna Ciavattini che nel capo di imputazione si è concentrata sulla fase finale dell’episodio, è condivisibile e sarà proprio il processo davanti alla Corte d’assise che comincerà il prossimo 13 ottobre a esaminare nei dettagli i lunghi momenti che hanno preceduto l’omicidio così come il “profilo psicologico” di Scalco, come invocato dai legali.
Scalco, che era stato arrestato subito dopo il delitto, da marzo si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione in provincia di Varese, con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Per uscire dal carcere aveva inviato una lettera di scuse alla moglie di Miranda Romero madre di un bimbo nato qualche giorno prima dell’omicidio Scalco, oltre a un primo risarcimento di 10 mila euro. “Mi dispiace tantissimo, non volevo uccidere” aveva scritto pur ammettendo la propria responsabilità nel terribile delitto.
Quella sera Scalco, che si trovava a Genova per lavoro e abitava a casa di un amico in vico Mele, nel centro storico di Genova, aveva ucciso Javier Miranda Romero dopo un battibecco con lui e con l’amico che lo accompagnava. I due, che stavano festeggiando proprio la nascita del figlio di Romero, a detta di Scalco avevano orinato non lontano dal cancello della sua abitazione. Era partito uno scambio acceso, poi i due si erano allontanati ma Miranda era poi tornato verso il vicolo trovando ancora Scalco sul balcone di casa. E dopo un altro scambio verbale aveva preso una delle frecce più appuntite per l’arco che lui stesso si era fabbricato e aveva colpito Miranda al petto.
Poi era sceso, forse per cercare di soccorrerlo, ma era stato circondato dalle persone che nel frattempo erano scese in strada fino all’arrivo dei carabinieri. Miranda era poi morto qualche ora dopo all’ospedale San Martino di Genova.
La contestazione, da parte del sostituto procuratore Arianna Ciavattini, dell’aggravante dell’odio razziale deriva da una frase (“Andate via stranieri di merda”) che Scalco avrebbe detto prima di imbracciare l’arco, frase non registrata in alcun video ma riportata dall’amico di Miranda Romero. Lui, quando fu interrogato dal giudice dopo l’arresto disse di non ricordare di aver pronunciato quella frase e ha sempre ribadito di non essere razzista.