Genova. Dopo le dichiarazioni del ministro Urso sulla necessità di rivedere le politiche minerarie ed estrattive di paese e comunità europea, con la palesata volontà di derogare anche alle tutele ambientali in caso di necessità nazionale, torna ad infiammarsi il dibattito sulla potenziale miniera che potrebbe estratte il titanio dal ventre delle montagne che formano il massiccio del Beigua.
“Nel caso delle miniere di titanio, la concentrazione del biossido TiO2 dei giacimenti attualmente coltivati varia tra il 5 e il 20% (a Piampaludo parliamo – studi alla mano – di una percentuale che va fra il 5 e il 6%). Ciò vuol dire che oltre l’80% del materiale estratto è sterile ed è destinato alla discarica – sottolinea il presidente del Parco del Beigua Daniele Buschiazzo in una lettera aperta indirizzata a tutti gli enti locali e alle forze politiche – A titolo di esempio, una delle più grandi miniere di ilmenite al mondo (Lac Tio Mine in Quebec, Canada) ha prodotto oltre 72 milioni di tonnellate di materiali di scarto, generando discariche a cielo aperto che occupano approssimativamente 100 ettari di territorio, con un’altezza variabile tra 20 e 80 metri”.
Un ‘dettaglio’ tecnico che restituisce la misura dell’impatto ambientale di una attività minerario del genere: “Sebbene il titanio di per sé non abbia un impatto significativo per l’ambiente e la salute umana, le lavorazioni potrebbero innescare rischi correlati alla presenza di metalli potenzialmente ecotossici (ad esempio cobalto, nichel, cromo, vanadio e zinco) e di minerali classificati come amianto. Il rischio amianto è in particolare significativo nei giacimenti associati a rocce ofiolitiche come le eclogiti del giacimento ligure di Piampaludo. Eclogiti che contengono asbesto”.
“Nonostante le considerevoli potenzialità economiche dei giacimenti di rutilo nelle eclogiti, ad oggi esiste soltanto una miniera attiva in questo tipo di rocce, precisamente a Daixian, in Cina e considerando la sensibilità verso l’ambiente di questo Paese, non mi sembra un caso – osserva Buschiazzo – Ciò è dovuto sia agli altissimi costi di estrazione in rocce dotate di durezza elevatissima, sia alle costose procedure di estrazione del minerale utile, che comportano la completa liberazione del minerale mediante macinazione fine e la sua successiva concentrazione in appositi impianti di flottazione. A questi costi si aggiungono quelli correlati alla mitigazione del rischio ambientale e sanitario, aggravati dalla presenza rilevante di anfiboli sodici, minerali classificati come amianto di crocidolite dalla normativa vigente”.
“A questo quadro, che a me parrebbe già molto complesso, aggiungo che l’ipotetica di miniera di Titanio in buona parte sarebbe dentro un Parco, il Parco del Beigua di cui mi onoro di essere Presidente. Parco che, oltre ad essere uno scrigno di biodiversità, è riconosciuto dall’UNESCO come Geoparco. Ricordo poi che le normative europee, nazionali e regionali vietano nei parchi e nelle aree protette della Rete Natura 2000 di realizzare cave e miniera (questa in particolare sarebbe una miniera a cielo aperto)”.
E poi arriva l’appello: “Per tutte queste ragioni siamo certi che, insieme all’opposizione del nostro Ente, di tutte le Amministrazioni locali e delle popolazioni residenti nel Parco, ci sarà anche l’opposizione della Regione Liguria, che dopo la riforma del Titolo V della Costituzione ha sicuramente competenza in materia. Pare davvero bizzarra come una ipotesi di intervento di coltivazione mineraria all’interno di un Parco, che perderebbe così ogni forma di tutela, quando gli obbiettivi stabiliti dalla Strategia dell’Unione Europea sulla Biodiversità per il 2030, sottoscritta da tutti gli Stati Membri, sono rivolti all’intensificazione della protezione e del ripristino della natura. La Strategia definisce chiaramente la necessità di proteggere il 30 % della superficie terrestre e il 30 % del mare della UE, andando ad accrescere (non certo a diminuire) l’estensione della Rete Natura 2000 e delle aree protette”.