Genova. Ucciso, decapitato e mutilato a 19 anni per avere deciso di lasciare il lavoro e passare alla concorrenza. Sono questi, secondo gli inquirenti, i motivi alla base dell’omicidio di Mohamed Mahmoud Sayed Abdalla, il cui cadavere è stato trovato privo di testa e mani al largo di Santa Margherita Ligure il 24 luglio scorso.
Per il delitto sono stati fermati, domenica, Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, detto Bob, di 26 anni e Mohamed Ali Abdelghani Ali, detto Tito, di 27 anni, rispettivamente collega e gestore del salone di parrucchiere dove il 19enne egiziano ha lavorato sino a qualche settimana fa. Proprio la decisione di lasciare l’impiego e di trasferirsi in un altro salone a Pegli avrebbe spinto i due a uccidere il ragazzo. Il cadavere è stato poi nascosto in una valigia e portato a Chiavari, dove è stato mutilato e gettato in mare. E se le mani sono state individuate alla foce dell’Entella e su una spiaggia poco distante, della testa non è ancora stata trovata traccia. Il sospetto è che sia stata gettata nel fiume insieme con l’arma del delitto.
L’esatta ricostruzione del delitto è ancora al vaglio degli inquirenti, ma dopo giorni di indagini serrate sembra ormai chiaro sia il contesto in cui è maturato sia il movente, così come la premeditazione: secondo i carabinieri del nucleo investigativo di Genova e della compagnia di Chiavari, coordinati dal procuratore capo Nicola Piacente e dalla pm Daniela Pischetola, i due avrebbero convocato il ragazzo nell’appartamento di via Vado, a Sestri, usato come dormitorio da tutti i dipendenti del salone. Qui lo avrebbero ucciso con tre colpi sferrati con un’arma dotata di lama lunga e appuntita al fegato, allo stomaco e al cuore. Proprio il colpo al cuore, stando agli accertamenti condotti dal medico legale Davide Bedocchi, è stato quello mortale.
I dissidi tra Mahmoud e Tito, co-titolare del salone, sono stati confermati da diversi testimoni, sia amici del ragazzo sia colleghi. Tutti hanno dichiarato che nei giorni precedenti all’omicidio il diciannovenne aveva annunciato l’intenzione di cambiare lavoro, insoddisfatto della paga – circa 1.200 euro – e delle condizioni contrattuali. Mahmoud, infatti, sognava di aprire il suo salone, e cercava di guadagnare abbastanza soldi da inviare alla famiglia, ai genitori e ai fratelli. Per questo aveva chiesto al titolare di un’altra barberia di Sestri Ponente di poter lavorare nel suo salone di Pegli. E proprio con lui Mahmoud avrebbe trascorso la sua ultima notte in vita, quella tra sabato e domenica, prima cenando e poi fermandosi a dormire. Sempre sabato, il ragazzo aveva postato sui social i video di un taglio effettuato nel salone di Pegli, immagini che, per gli inquirenti, avrebbero scatenato la rabbia dei precedenti datori di lavoro. Non è un caso che domenica mattina Tito – fratello del titolare del salone di Sestri, Ali, partito per l’Egitto il 26 giugno – e Bob siano entrati nel salone di Pegli per chiedere al titolare di non assumere Abdalla, usando anche toni minacciosi: “Così perdiamo clientela”.
I carabinieri sono riusciti a ricostruire gli spostamenti del ragazzo grazie all’utenza telefonica a lui intestata, che dimostra come si sia mosso tra Sestri Ponente e Pegli tra sabato e domenica. Domenica pomeriggio il cellulare è rimasto nella zona di Sestri, nei pressi dell’abitazione di via Vado, per poi smettere di funzionare del tutto dalle 18. Secondo gli inquirenti, dunque, il ragazzo sarebbe stato ucciso nel tardo pomeriggio di domenica, e il corpo poi portato a Chiavari in una valigia a bordo di un taxi: i due, con il cadavere del ragazzo, avrebbero prima raggiunto un’abitazione della cittadina e poi preso un’altra auto per raggiungere la foce del fiume Entella, dove avrebbero tagliato testa e mani a Mahmoud, forse nel tentativo di ritardare l’identificazione, e gettato poi i resti in mare.