Liguria. I primi ricettari genovesi, quello di G.B. e Giovanni Ratto, seguito a ruota dal misterioso Emanuele Rossi, non citano, in modo esplicito, la “pànera”, un gelato, semifreddo per essere più precisi, nato a Genova attorno alla metà del 1800, quando tutta Europa scopre l’avvolgente e coinvolgente cremosità dei gelati.
Genova, assieme a Napoli e Trieste, sono i principali porti di sbarco per il caffè, diventato da pochi decenni bevanda di culto per l’Europa, o almeno per la ricca nobiltà e borghesia europea. Nei ricettari il nome “panèra” non c’è, ma la ricetta esiste, in forme diverse (ma non troppo) in entrambi, vale a dire che questo gelato era in commercio, e preparato da cuoche e cuochi delle famiglie abbienti, anche nelle cene di rappresentanza.
La preparazione tradizionale prevede un amalgama di panna fresca, polvere di caffè arabica, zucchero e tuorli d’uova sbattuti, da portare ad ebollizione a bagnomaria. Dopo aver lasciato depositare sul fondo il caffè, il composto viene filtrato con una tela e passato nella gelatiera, un tempo un procedimento molto più complicato, con ghiaccio e sale in mastelli di legno, ma questa è un’altra storia, quella del gelato…
Il nome, secondo i linguisti (e chi siamo noi per non crederci…), deriva dalla contrazione dialettale di “panna nera”, in pratica il cambiamento di colore della candida panna diventata nera per l’aggiunta del caffè. Nel corso dei decenni la “pànera” classica ha avuto varie contaminazioni, ogni pasticceria, all’epoca, ha aggiunto spezie come cannella o vaniglia, cacao, frutta. La panèra, splendido dessert di fine pasto, oggi è sempre più difficile da trovare nelle pasticcerie e gelaterie liguri, colpa della sua difficoltà per prepararla, nella sua difficoltà per conservarla.
Chi avesse la fortuna di imbattersi in questo dolce a fine pasto avrà problemi ad abbinare un vino. Io abbinerei un pigato passito, ottimi quelli di Massimo Alessandri o di BioVio. Torniamo un attimo a Napoli, cugina prima di Genova. La panèra è cugina prima della coviglia partenopea, descritta da Matilde Serao nel libro Paese di Cuccagna.
“Sapori Ligustici” racconta i gusti, i sapori e le ricette della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.