Genova. Si sono dati appuntamento in piazza De Ferrari con le borracce, come annunciato, ma anche con le birrette in bottiglia o i bicchieri di spritz. Sfidando, di fatto, l’ordinanza del Comune di Genova che vieta di bere alcolici in luoghi diversi da locali e dehors a partire dalle 16.00 in tutta la città. È andata in scena così, con centinaia di ragazzi ma anche qualche adulto, la manifestazione Free Luppols, organizzata da Genova che osa, Generazione P e altre realtà del mondo progressista, per opporsi a una norma giudicata “proibizionista” che tuttavia il sindaco Marco Bucci ha già annunciato di voler correggere vista l’ondata di proteste.

“È un’ordinanza liberticida, l’ennesima istanza liberticida che priva le persone anche della possibilità di autodeterminarsi per consumare alcolici”, spiega Francesco. “Sono in piazza perché mi sembra logico – continua Stefania -. Non si può vietare di bersi un bicchiere di birra con gli amici e godersi l’estate. Se c’è qualcuno che diventa violento per l’alcol non è detto che lo facciano tutti. Chiediamo che la norma venga almeno modificata, anche se per me è proprio da abolire”.

C’è chi, come Francesca, scende in piazza con la bionda da 33 centilitri ignorando il divieto: “Mi sembra normale, non mi sembra di essere un’alcolista perché sto bevendo una birra“. Ma la linea dura del Comune parte da ragioni di sicurezza: bivacchi, risse tra ubriachi, criticità sui mezzi pubblici. L’opinione di chi manifesta è che “questi problemi non si risolvono col proibizionismo: sono problemi sociali e culturali per cui servono soluzioni complesse. Città turistica? Provate a dire a un turista che non può farsi una birra in giro”.

“Se arriva una multa la impugniamo, questa è privazione della libertà dei cittadini – reclamano Daniela e Michele che hanno quasi finito il loro drink in bicchieri di plastica -. Noi oggi dimostriamo che si può bere alcol in pubblico senza creare problemi in città. In America il proibizionismo è stato tentato negli anni Venti e non mi sembra abbia funzionato. Piuttosto è utile fare una campagna di educazione massiva per il divertimento e il rispetto degli spazi sociali”.

C’è poi il tema dello scontro generazionale: “Abbiamo una giunta che non ci rappresenta, il punto è sempre quello – contesta Gabriele -. Si viola un nostro diritto fondamentale per una questione di costume che non vale niente. Ci si impunta su questioni di principio. I pochi che possono dare problemi fanno parte della vita, si devono accettare. Se hai costruito qualcosa che funziona li tieni sotto controllo, se non funziona il problema è a monte”.

“End prohibitionism, save fugassa & vin gianco, si legge sul cartello esposto da Silvia, che è arrabbiata perché “questa ordinanza non trova riscontri in nessuna città italiana e copre a tappeto tutto il territorio comunale senza risolvere nessun problema”. C’è chi fa la parafrasi di una citazione celebre attribuita a Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che bevi ma darei la vita per il tuo diritto di berlo“. E ancora, buttandola sull’ironia: “Se non avete degli amici con cui uscire a bere non è un problema nostro”. In presidio anche diversi consiglieri di opposizione della sinistra genovese.

Un malcontento generalizzato nel mondo giovanile (e non solo) che in realtà è già arrivato al sindaco Bucci: “Me l’ha detto anche mio figlio, è sciocco che ci siano limitazioni per pizza e birra in spiaggia”, ha chiosato oggi. Quindi ha annunciato che “di sicuro ci saranno correttivi” dopo un periodo di monitoraggio di circa due settimane. Probabile che vengano ritoccati anzitutto gli orari, ma anche le zone di applicazione. Ascom e Confesercenti, contestando a una voce la norma, hanno proposto di estendere a tutta la città l’ordinanza valida dal 2017 in centro storico (che in sostanza è un’ordinanza anti vetro). Nel frattempo la linea della polizia locale resta quella di colpire le situazioni di criticità effettiva e non certo gli innocui raduni estivi sulle spiagge. O nelle piazze.

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