Il processo

Ponte Morandi, la responsabile degli audit di Atlantia: “Berti mi disse di lasciar perdere il Polcevera che era già attentamente monitorato”

Ma ha chiarito: "Nessun condizionamento, lo avevo già escluso io perché era molto particolare e sarebbe stato necessario un supporto tecnico che non avevamo". L'ex segretario del cda di Aspi: "Da Berti e Donferri ma anche Castellucci toni aggressivi verso i collaboratori. La maleducazione imperava

A tre mesi dal crollo del ponte Morandi il ricordo delle vittime

Genova. Concetta Testa lavora da 23 anni tra Autostrade e Atlantia. Nel 2016 era responsabile della Daud, Direzione Internal Audit di Atlantia, struttura che si occupava delle valutazioni circa il rispetto di procedure e leggi nelle attività delle società controllate. In quell’anno in particolare Testa aveva predisposto un audit (un controllo interno delle procedure seguite) per tre direzioni di tronco di Aspi, tra cui il primo tronco, quello genovese, da effettuarsi nell’anno successivo, il 2017.

Come si legge nel report finale di quel piano del 27 9 2017, l’obbiettivo dell’audit era quello di verificare “la coerenza della pianificazione annuale delle ispezioni rispetto alle previsioni normative e alle procedure interne, la tracciabilità dell’attività ispettiva svolta (schede di ispezione ed eventuale documentazione a supporto) e la coerenza rispetto alla pianificazione, la completezza e correttezza del flusso informativo relativo agli esiti delle attività ispettive verso le strutture centrali (report trimestrale), la pianificazione dei necessari interventi di manutenzione emersi a seguito delle ispezioni e le attività di formazione svolte dal personale addetto alle ispezioni”. Un controllo formale, insomma, che comprendeva anche una valutazione visiva di alcune opere, ma da un punto di vista esterno e non tecnico.

L’audit veniva predisposto a partire dal catalogo dei rischi della società da controllare ma, per forza di cose, visto anche il periodo limitato per svolgerlo, funzionava ‘a campione’ individuando una specifica opera d’arte per ciascuna tipologia (fabbricati, impianti, viadotti, gallerie ecc.. Ebbene, pur avendo il viadotto Polcevera un rischio specifico individuato nel catalogo rischi del 2015 come “a rischio crollo” e in quello del 2016 “a rischio perdita di staticità” non viene preso in considerazione per essere esaminato.

“Ero io che predisponevo i piani – ha spiegato Testa in aula – e il Polcevera non lo avevo messo nell’audit perché sapevo che era un viadotto molto particolare in quanto strallato e sapevo che era soggetto anche a monitoraggi particolari quindi un esame solo documentale basato sulle schede di ispezioni non sarebbe comunque stato completo quindi ho preferito scegliere un ponte più tradizionale, non strallato”. Una scelta non comprensibile per la procura e il pm Walter Cotugno ha insistito a lungo sul punto, soprattutto perché la teste ha ribadito in aula quanto già raccontato al pm Terrile qualche mese prima dell’avvio dell’audit circa un colloqui con l’allora numero due di Aspi Paolo Berti, Paolo Berti (responsabile dell’ufficio di ASPI denominato Direzione Centrale Operations): “Berti senza che io gli avessi chiesto nulla mi disse: “il Polcevera lascialo perdere perché è super attenzionato e a breve avvieremo un ampio progetto di rinforzo”.

Se, come è stato appurato nel corso dell’esame, questa ‘richiesta’ è arrivata prima che la Daud scegliesse in dettaglio le opere d’arte su cui eseguire i controlli, la teste ha ribadito di non essere stata condizionata: “Semplicemente non lo avrei messo perché avevo visto che era un viadotto particolare, con un rischio specifico e con la procedura prevista dall’audit avrei valutato solo la scheda di ispezione, non lo avrei valutato bene perché per un viadotto cos’ sarebbero serviti dei tecnici a supporto, non non eravamo dei tecnici”. E ancora: “Nel 2016 era solo la seconda volta che facevamo un audit del genere e avevo deciso di cominciare da un viadotto tradizionale come il Cantarena ma non escludo che in futuro si sarebbe potuto fare anche sul Polcevera, ma con tempi e strumenti adeguati”.

Il primo teste ascoltato in aula oggi è stato Antonio Sanna, fino al 2015 in Aeroporti di Roma, poi distaccato in Aspi fino al 2017 alla direzione della segreteria del Cda. Tra i vari compiti aveva anche quello di coordinare l’attività di gestione dei rischi. Sanna era stato quindi il superiore di Roberto Salvi che in aula la scorsa settimana ha raccontato come l’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci chiese di modificare il metodo di inserimento nel catalogo. “Con Castellucci non era possibile interloquire – aveva detto Salvi alla fine dell’esame – non mi potevo permettere di dire che non ero d’accordo e tutti andavano dietro a lui. In una riunione del 2015 (quando di fatto viene tolta la specifica dal catalogo ‘per ritardati interventi di manutenzione’) ci fu una riunione e non fu gradita una nuova metodologia di valutazione che avrebbe dettagliato i motivi di rischio Castellucci fu molto duro perché per lui venivano fuori troppi rischi che potevano spaventare chi li avesse letti. La mia proposta fu accolta ma solo alla fine e con tutta una serie di modifiche”. Salvi fu poi trasferito.

Oggi Sanna ha spiegato: “Diciamo che Salvi non era molto apprezzato dai vertici aziendali. Se ne è andato meno di un anno dopo che arrivai io. Mi ricordo in una riunione che fu trattato con un linguaggio molto aggressivo da parte di Castellucci. Gli diceva “Non capisci niente”, “non funziona niente”“. Io Salvi – ha chiarito Sanna – l’ho conosciuto come un professionista capace ma forse non lo avrei scelto perché era molto puntiglioso. Comunque a un certo punto fu trasferito e fu sostituito da Flavia Corcos”.

I toni aggressivi verso i collaboratori e i dipendenti non erano però peculiari solo dell’amministratore delegato Giovanni Castellucci: “Nel periodo che sono stato in Autostrade e non avevo intenzione di rimanerci – ha puntualizzato il teste – gli atteggiamenti di Berti e Donferri (rispettivamente i numeri due e tre di Aspi all’epoca, ndr) erano abbastanza aggressivi. La maleducazione imperava in quel periodo da parte di Berti e Donferri e soprattutto in presenza di persone come le donne. Ho sentito molti racconti e ho partecipato direttamente a due riunioni su richiesta della Corcos che pativa questi comportamenti e mi aveva chiesto supporto”. Flavia Corcos sarà chiamata a testimoniare in una delle prossime udienza.

Stamati intanto la procura ha rifatto il calendario delle udienze per ‘alleggerirne’ la durata su richiesta dello stesso collegio giudicante. Sono state fissate udienze fino alla prima settimana di luglio quando termineranno i testi dell’accusa. Per la settimana tra il 17 e il 19 luglio intanto il presidente Lepri con ordinanza formale ha ‘prelazionato’ al tribunale di Roma la disponibilità dell’aula bunker del carcere di Rebibbia che consentirà di accogliere la ‘trasferta’ di avvocati e consulenti tecnici per l’audizione del super teste Francesco Pisani, audizione tuttavia al momento ancora condizionata dalla perizia che si svolgerà domani e dovrà stabilire se il professore 84enne è in grado di testimoniare in aula ma non è consigliabile dai medici un suo viaggio fino a Genova.

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