Genova. Si conclude con un allestimento che farà sicuramente discutere anche nelle repliche (sino all’11 giugno) la stagione d’opera 2022-2023 del Teatro Carlo Felice. Sul palco, a misurarsi con il Don Pasquale, gli allievi dell’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale dell’Opera Carlo Felice Genova diretta da Francesco Meli. Ormai è diventata una tradizione giunta al terzo anno questa chiusura coi giovani: dopo il successo dell’Elisir d’amore e del Turco in Italia ecco il ritorno a Donizetti.
L’allestimento, appunto, è stato oggetto di qualche dissenso tra il pubblico: l’ambientazione ha bei arredamenti (scene di Alberto Beltrame) e costumi (Elena Beccaro) che ricordano gli anni Settanta, tra baffi, pantaloni a zampa di elefante e alcune geometrie. Il regista Andrea Bernard ha però trasformato la casa di Don Pasquale in un casinò con tanto di slot machine e roulette, mentre casa di Norina si è tramutata in un distretto a luci rosse con tanto di giovani donne in vetrina in attesa che l’uomo di turno metta il soldo per potersi esibire.
Nel foyer, durante l’intervallo, si discute su quello che per alcuni è una forzatura, un tradimento del libretto che in origine ha in Norina (Maria Rita Combattelli) una giovane vedova di bell’aspetto poco abbiente, qui trasformata già in una maliziosa seduttrice persino nei confronti del Dottor Malatesta (Nicola Zambon), la mente del piano per far capitolare l’ostinata avarizia di Don Pasquale (Omar Cepparolli) che vuole diseredare suo nipote Ernesto (Antonio Mandrillo) proprio perché ama questa ragazza invece che accettare un matrimonio di convenienza. Norina, secondo la trama originale, si fa passare per Sofronia, appena uscita dal convento, e sposa don Pasquale con la firma di un falso notaio, il cugino Carlotto (Franco Rios Castro). Da lì la trasformazione in una moglie dispotica e rispettosa. Pur di togliersela di torno, don Pasquale accetterà il matrimonio tra i due con tanto di “benedizione” di quattromila scudi all’anno.
Il regista, nelle note sul libretto, spiega: “Il casinò Corneto è quel luogo dove il ricco e ormai vecchio proprietario Don Pasquale ha trascorso l’intera vita, tra successo, avidità e ricchezza. Uno spazio dove la consapevolezza del tempo si perde, dove le persone mostrano le loro inclinazioni più intime, anche le peggiori, trasformandosi in figure bestiali, serve dei loro biechi istinti. Il casinò quindi come ambiente ideale dove organizzare la truffa perfetta, dove non si gioca solo con il denaro, ma anche con le vite degli altri. Ecco allora che Don Pasquale diventa il racconto di un gioco, dove le carte sul tavolo sono gli stessi personaggi della vicenda”.
Per Bernard, Ernesto è un nullafacente eterno bambino. Da lì probabilmente la scelta di inserire un bimbo sulla scena che compare all’inizio e ritorna in alcune parti dell’opera. Anche Norina ha una controparte infantile e i due sembrano legati da un filo partito proprio dall’infanzia.
Sul palco i giovani cantanti dell’Accademia si sono mossi bene, fornendo un’interpretazione a tutto tondo dal punto di vista interpretativo. Sugli scudi Nicola Zambon nei panni di Malatesta, supportato da un Omar Cepparolli adeguatamente invecchiato in quelli di Don Pasquale. Ben riuscito il duetto tra loro “Cheti cheti immantinente”. Maria Rita Combattelli è una Norina consapevole del proprio fascino e sicura, con qualche momento di minor intensità vocale nelle scene corali. Antonio Mandrillo ha un bel timbro e può ancora crescere con l’esperienza. Le voci, in alcune parti dove ci si attenderebbe maggiore volume, complice un disequilibrio con la buca dell’orchestra, a volte risultano sovrastate dagli strumenti. In ogni caso un debutto positivo.
La direzione di Francesco Ivan Ciampa ha vissuto di grandi slanci e con maggiore attenzione a ciò che è stato appena detto potrebbe migliorare decisamente la riuscita complessiva dell’opera.