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Ansaldo Energia, l’ad Fabbri: “Voglio triplicare le commesse, nel 2024 niente cassa integrazione”

"Con la ricapitalizzazione siamo al sicuro ma ora è vietato rilassarsi. Le turbine a gas? Hanno ancora mercato". E il nucleare? "Felice che se ne parli, oggi è sicuro e per l'Italia sarà strategico"

fabbri ansaldo energia

Genova. Bene la ricapitalizzazione, ma ora è vietato rilassarsi. Perché “un’azienda è come una pianta, o cresce o muore“. E quindi non può accontentarsi di rimanere sopra la linea di galleggiamento, ma deve puntare a “generare cassa”. È l’ambiziosa ricetta declinata da Fabrizio Fabbri, dal 1° aprile amministratore delegato di Ansaldo Energia dopo una lunga carriera nel settore e in particolare nell’universo di General Electric, chiamato a raccogliere l’eredità di Giuseppe Marino e di una stagione industriale negativa, con l’azienda arrivata a zero commesse, 422 milioni di perdita e il rischio di perdere migliaia di posti di lavoro.

Genova mi ha sorpreso positivamente, l’attaccamento della città all’Ansaldo è sorprendente – ha raccontato Fabbri nel corso di una conferenza stampa indetta nella sede di via De Lorenzi -. Ho trovato un’azienda con prodotti tecnologici di punta interessantissimi e un’altissima professionalità delle persone, a tutti i livelli. Sono felice che l’azienda sia stata rifinanziata dal socio. Finalmente i soldi sono arrivati, gli ultimi mesi sono stati difficili, ma non ci possiamo rilassare, c’è molto da fare. L’azienda è la stessa che ha creato la necessità di  avere questi soldi, pur con un’azionista generoso, che ringrazio, ma che a questo punto deve vedere risultati positivi per sostenere i suoi investimenti“.

La ricapitalizzazione da parte di Cassa depositi e prestiti ammonta a 580 milioni, 230 milioni la prima tranche. “Serviranno per portare avanti l’azienda e per ripianare il debito con le banche, il famoso bond da 350 milioni, che verrà sanato nel primo trimestre del 2024. La ricapitalizzazione ci mette al sicuro, per ora, però dobbiamo rimboccarci le macchine. Altre manovre finanziarie in vista non ci sono, e neanche soci industriali. La mia attenzione è tutta rivolta a stabilizzare il business e renderlo profittevole. C’è bisogno di rendere l’azienda più efficiente e di lavorare sulla qualità”.

Anzitutto si metterà mano al piano industriale. E qui Fabbri non teme di sbilanciarsi sugli obiettivi: “Ho ricevuto un piano che prevede 4-5 macchine all’anno nel triennio, io sto cercando di fare meglio, la mia ambizione è moltiplicare per tre per arrivare a 15. Si sa che il nostro è un ciclo lungo, le nostre commesse si materializzano in 4-5 anni. Con una fabbrica di questo genere ci vuole più volume, non tanto per farla andare avanti, perché basterebbe anche meno, ma questo è il numero ottimale per generare cassa“.

Allo stesso tempo non si parla più di cassa integrazione, uno spettro che – pur non evocato ufficialmente – si aggirava tra i lavoratori negli ultimi mesi di lotte sindacali culminate con l’occupazione dell’aeroporto: “La cassa integrazione è uno strumento, ma è il più doloroso da usare, in particolare per un mercato come questo. A noi serve flessibilità: a Genova abbiamo una fabbrica che lavora sia per le new units sia per il service. Abbiamo necessità di manodopera sul service e un certo scarico sulle new units, quindi cerchiamo di convertire il più possibile manodopera. Quella flessibilità è essenziale e non va persa. Stanti le azioni che abbiamo messo in atto per trasferire parte delle risorse sul service, oggi non vedo necessità di fare cassa integrazione nel 2024“.

Come ci riuscirà il nuovo management? Secondo Fabbri lo spazio per le turbine a gas c’è ancora. E porta un esempio: “In Germania hanno fermato le centrali nucleari, ora stanno andando a carbone. Stanno cercando di farsi approvare dall’Unione Europea cicli combinati a gas naturale e farli figurare come energie rinnovabili. Di fatto noi oggi per ogni gigawatt di energie rinnovabili abbiamo bisogno di 1,2 gigawatt di fonti programmabili. E ad oggi non abbiamo sistemi di accumulo per Paesi delle nostre dimensioni”.

Una partita cruciale sarà quella del piano di riconversione delle centrali a carbone italiane che era stato fermato per la crisi del gas: “C’è attesa per il 30 giugno, data in cui si deciderà. Siamo interessati a due impianti: Cassano e San Filippo del Mela, entrambi con A2A. Si tratta di progetti di revamping. Entro l’anno dovremmo sapere se in quest’asta viene riverificata la necessità di queste conversioni, quindi se avremo la notice to proceed. Ma ovviamente ovviamente non si punta solo all’Europa, anzi: “Stiamo guardando al Medio Oriente e ai Paesi Cis (quelli dell’ex blocco sovietico, ndr). Stiamo cercando di vendere turbine dotate di una tecnologia che abbiamo solo noi e che consente di abbattere le emissioni in atmosfera e portare un risparmio netto ai nostri clienti”.

Ansaldo Energia può contare su altre due gambe che, sebbene oggi minoritarie, sono una scommessa per il futuro. Una è la parte green tech incentrata sui sistemi di accumulo elettrico e sulla produzione di idrogeno verde, “ma ad oggi queste tecnologie sono molto costose e la quantità di energia che possiamo produrre con l’idrogeno è veramente minima”, avverte Fabbri. D’altra parte le turbine GT26 e GT36 – che hanno un buon mercato in Israele, Asia e nell’Europa dell’Est – possono già bruciare idrogeno e dunque sono già al passo con la transizione.

In prospettiva, però, il business più promettente è il nucleare, grazie anche all’apertura mostrata dal governo italiano. “Sono felice che se ne torni a parlare senza un approccio ideologico – commenta Fabbri – Il nucleare di oggi non è quello che l’immaginario collettivo ha in mente, è intorno a noi e dobbiamo accettarlo, è più sicuro perché quello che abbiamo sviluppato finora è legato a un tipo di uranio usato per avere ordigni, mentre quello di oggi si fa con materiali molto meno radioattivi e con dimensioni più piccole. Il nucleare è anzitutto un’opportunità per chi ce l’ha. Quello che c’è di innovativo è che le dimensioni dei nuovi reattori sono molto ridotte e possono rimpiazzare le centrali di tipo tradizionale. Credo sia un’energia strategica per l’Italia e l’Italia è uno dei pochi Paesi presenti in quel settore”.

In tutto questo Genova continuerà ad avere un ruolo centrale? Fabbri rassicura: “Il focus sicuramente rimarrà su Genova, cui siamo legati da 170 anni, però è un’azienda che si deve internazionalizzare, guardare ai mercati fuori dall’Europa, al Medio Oriente, ai Paesi Cis e all’Africa, che consideriamo un mercato domestico. Il futuro sarà a Genova ma anche fuori, è un dovere che io e il mio team abbiamo verso i dipendenti e il Paese che ci ha dato una mano”.

Una fabbrica che però ha bisogno di forti investimenti sugli impianti, come hanno denunciato i sindacati dopo il grave incidente sul lavoro capitato a marzo a Simone Bonori a marzo: “Mi dispiace per Simone, l’ho saputo e sono felice che sia fuori pericolo. Ci sono indagini in corso. Noi investiamo continuamente in sicurezza – assicura Fabbri -. Una delle cose che farò sarà aprire la fabbrica, quest’anno festeggeremo il 170esimo anniversario. In officina ci sono macchine vecchie ma si fa manutenzione e hanno protezioni di sicurezza previste dalle normative. Abbiamo macchine modernissime e altre, ad esempio nel reparto generatori, in cui le lavorazioni non si sono molto evolute negli ultimi anni. Da parte mia non ci sarà mai alcuna remora nell’investire sulla sicurezza“.

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