Genova. “Noi oggi facciamo un avviso ai naviganti evidenziando il fatto, che se non cambiano le cose e non ci sono investimenti, la siderurgia a Genova morirà lentamente. Se non avremo risposte in tempi brevi siano pronti a fare quello che è necessario”. I sindacati dei metalmeccanico genovesi, Fiom, Fim e Uilm, lanciano l’allarme per il futuro della siderurgia genovese che, nella situazione attuale, perde opportunità di mercato.
La fotografia dei primi 5 mesi dello stabilimento di Cornigliano, infatti, registra un calo sensibile della produzione nella zincatura, passata dalle 224 mila tonnellate del 2022 mentre quest’anno sono 102 mila tonnellate, così come ci sono 11 mila tonnellate in meno nella produzione della banda stagnata. “C’è un mercato come quello della latta che è in crescita – spiega Stefano Bonazzi, segretario di Fiom – e l’unico stabilimento in grado di produrlo è quello genovese. Ma oggi ci sono problemi di manutenzione, di stato degli impianti, che non ci permettono di intercettare le opportunità. Oggi vediamo a uno stallo nella governance di Acciaierie d’Italia, che è strategico per tutta l’industria italiana, e pensiamo che sia necessario dare un segnale forte, servono denari e investimenti per rilanciare la siderurgia in Italia. Auspichiamo di avere in tempi molto brevi il piano industriale che deve tenere conto di Taranto, che è il cuore di questo gruppo, ma che deve anche guardare al nord, a Genova e Novi”.
I sindacati, quindi, chiedono di investire sull’azienda per rispondere alle richieste di mercato. “La situazione è drammatica ia- spiega Christian Venzano, segretario di Fim Cisl – noi denunciamo da tempo una mancanza di investimenti che parte dalle cose più semplici, come le manutenzioni ordinarie, per arrivare a quelle straordinarie, mancano i pezzi di ricambio, i tempi si allungano, e questo genera fermi impianto che non permettono di gestire al meglio la produzione e mettono anche a rischio la sicurezza. Bisogna mettere soldi sugli impianti perché il mercato ha una continua richiesta e noi rischiamo di produrre sempre meno. La soluzione, per i sindacati, deve a passare attraverso un cambio della governance, visto che i 680 milioni del governo, attraverso Invitalia, sono stati messi da tempo ma segnali non c’è ne sono stati. “Bisogna estromettere dalla conduzione di Acciaierie d’Italia le persone che fanno capo ad Arcelor Mittal – sottolinea Antonio Apa, segretario Uilm – perché lasciarle in mano loro significherebbe rischiare di distruggere uno degli asset strategici del sistema paese. Il problema è proprio quello di modificare l’assetto societario e le condizioni ci sono perché basta trasformare in capitale sociale i 680 milioni stanziati facendo passare Invitalia dal 38% al 60%. Io spero che la Presidente Meloni possa prendere in mano questa vertenza”.
Nel frattempo polemica anche a livello sindacale. Usb, in mattinata ha diffuso una nota stampa: “Invece le segreterie di FIM FIOM e UILM hanno deciso di fare tutto da sole escludendo USB. Consideriamo questo atteggiamento di escludere USB, gravissimo da parte delle Segreterie di FIM FIOM UILM e degli RSU, che non hanno difeso una scelta condivisa in Consiglio di fabbrica, un atteggiamento che nuovamente sminuisce il ruolo degli RSU, che non va nella direzione di rimanere uniti per un unico obbiettivo, quello della difesa dei lavoratori e della nostra fabbrica. Queste logiche che si addicono più alla politica, non dovrebbero esistere nel valore sociale che il sindacato deve esprimere”