L'incontro

“I commissari creano uno stato parallelo”, il convegno dei Giuristi Democratici demolisce il Modello Genova

"La logica dell'emergenza e della straordinarietà è solo finalizzata al consenso politico, ma mette a rischio la tutela della cosa pubblica"

nuovo ponte cantiere 23 marzo

Genova. “Quando il commissario è una figura apicale della pubblica amministrazione locale, crea una sorta di Giano bifronte con poteri che si sovrappongono ai poteri già presenti, come i consiglii comunali o regionali, ai quali vengono sottratti i poteri di programmazione territoriale e di indirizzo”.

Con questa frase del professor Giancarlo Rocca, si potrebbe riassumere, non senza una buona dose di approssimazione, il convegno organizzato dai Giuristi Democratici sul tema delle figure commissari straordinari, esaminando in particolar modo quelli nostrani, confluiti nella narrazione, spesso retorica, del Modello Genova. “Un grande vulnus perché gli enti locali sono la parte dell’amministrazione statale più vicina alle persone e ai cittadini – ha sottolineato Rolla – e l’abuso di questa figura commissariale si pone anche in maniera conflittuale ad alcuni principi costituzionali sulla gestione della cosa pubblica”.

La figura del commissario ministeriale nasce con la legge 400 del 1988, e negli anni è diventata quasi una prassi quando si parla di grandi opere e, soprattutto, grandi finanziamenti: “Con la logica commissariale si saltano tutta una serie di passaggi che sono stati pensati per salvaguardare l’interesse pubblico, che prevede il contenimento della spesa e la massimizzazione del risultato. Oltre alla sua qualità e al rispetto della concorrenza”.

convegno commissari

E su tutti spicca il cosiddetto “Modello Genova”, dove, sulle macerie di Ponte Morandi è stata avviata una struttura commissariale, quella affidata al “dottor Marco Bucci” che, oltre alla necessità di demolire e ricostruire il nuovo viadotto, ha visto affidarsi la possibilità di dirigere fondi e opere per lo sviluppo del porto di Genova e delle infrastrutture cittadine. “Ma quanto successo a Genova è irripetibile, non può sussistere come modello – ha sottolineato Maria Alberto Quaglia, professore ordinario di diritti amministrativo – in primis perchè era in deroga alla normativa europea sugli appalti pubblici, in secondo luogo di fatto è stato pagato tutto da un soggetto terzo, Autostrade per l’Italia, e infine, cosa praticamente unica, non ci sono stati contenziosi, perchè nessuno ha ‘osato’ farli, visto il contesto”. Una serie di condizioni di fatto più uniche che rare.

Il Modello Genova è stato anche una fonte di ispirazione per la recente modifica del codice degli appalti voluta dall’attuale governo Meloni: “Per Modello Genova spesso si intende una forma di semplificazione del sistema che regola le opere pubbliche – ha sottolineato Quaglia – Ma la legge, prima di questa riforma, aveva come obiettivo quello di rendere l’amministrazione pubblica arbitro terzo di gare e progetti, in virtù del rispetto della concorrenza, seguendo un principio di tutela della cosa pubblica, della sua spesa, della miglior offerta e della miglior realizzazione dell’opere. Oggi, invece, ha un ruolo più attivo che però apre molti interrogativi”.

Al convegno presente anche il giornalista Andrea Moizo, che ha passato in rassegna alcuni passaggi della genesi dell’opera simbolo di Genova e del Pnrr nazionale, vale a dire la nuova Diga, di cui sarà posata la prima pietra “senza che ci sia un progetto esecutivo e con un ricorso al Tar ancora pendente”, ha ricordato il cronista. L’opera ha un commissario straordinario, lo stesso presidente dell’Autorità Portuale, nominato in questo ruolo nel giugno del 2021: “Un opera che però non ha nessun carattere di urgenza e di imprevedibilità, giacchè se ne parla da diversi anni”. Una storia complessa, con diversi passaggi “curiosi – sottolinea Moizo – come il costo dell’opera, lievitato negli anni, l’assegnazione attraverso una procedura a affidamento diretto, e per la quale la cordata vincente ha chiesto e ottenuto un anticipo del 30% del costo finale, quasi un miliardo, che quindi noi abbiamo già pagato. Nonostante tutto. E che rischiamo di pagare due volte”.

Insomma, l’eccessivo ricorso ai commissari straordinari è diventata uno strumento anche “politico di creazione del consenso – ha concluso Luca Borzani – oggi in Italia ci sono circa 10mila commissari, anche se neanche la Corte dei Conti sa l’esatto numero. E’ un meccanismo che abbiamo visto anche in altri ambiti, come per la sicurezza, per cui la politica cavalca la logica dell’emergenza per bypassare le regole e le tutele della cosa pubblica”.

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