Genova. Regione Liguria “rifiuta e respinge con forza al mittente ogni accusa di scarsa attenzione o prudenza rispetto al rischio idrogeologico sul territorio e ritiene del tutto fuorviante e strumentale qualsiasi paragone o accostamento tra quanto sta drammaticamente succedendo in Emilia-Romagna e la nuova disciplina adottata dalla giunta e ora all’esame del Consiglio”. È quanto afferma l’ente in una nota dopo la petizione lanciata da Genova che osa e Lista Sansa e dopo l’appello delle associazioni ambientaliste.
Secondo la Regione “il regolamento prevede infatti l’introduzione di nuovi vincoli per le costruzioni, secondo criteri ancora più restrittivi non solo rispetto a quanto in vigore fino a oggi, ad esempio per quanto riguarda i servizi essenziali come scuole, ospedali e centri di protezione civile, ma anche rispetto a quelli in vigore in altre Regioni”.
“La possibilità di intervenire in aree esondabili – si legge nel comunicato – non viene in alcun modo introdotta con il nuovo regolamento e ogni semplificazione in tal senso è fuorviante in quanto questa possibilità era già prevista nei piani vigenti fino a oggi. Le nuove norme, al contrario, oltre a introdurre nuovi vincoli e disposizioni più stringenti, prevedono che ogni intervento debba essere realizzato in condizione di gestione del rischio: ciò significa che sono consentiti solo alcuni interventi in specifiche e definite condizioni costruttive, così da non mettere in alcun modo a rischio la pubblica incolumità o causare danni a beni pubblici o privati. Le aree a minore pericolosità devono essere individuate solo a seguito di studi idraulici accurati e aggiornati, svolti da enti pubblici e validati da Regione e Autorità di bacino. Oltre a questo, il concetto di minore pericolosità delle aree esondabili è già presente nelle norme che regolano le possibilità di costruzione in Liguria: non viene introdotto con il regolamento ma esiste dai primi anni 2000, ed è presente anche nei regolamenti di altre Regioni, con criteri meno restrittivi”.
La stessa Regione, in un comunicato stampa dell’11 maggio dal quale si è diffusa la notizia, scriveva: “È prevista d’altro canto, grazie alle maggiori conoscenze in campo idraulico e territoriale, una graduazione dei vincoli urbanistico–edilizi in base al reale stato di pericolosità idraulica. In particolare in aree inondabili a minor pericolosità (basse velocità di scorrimento e basse altezze idriche per le piene cinquantennali) sarà possibile realizzare progetti e interventi di nuova costruzione, a determinate condizioni finalizzate a garantire la tutela della pubblica e privata incolumità“.
“Abbiamo vissuto anni impegnativi ma oggi la Liguria è considerata un modello a livello nazionale per l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema di Protezione civile e difesa del suolo – afferma l’assessore regionale Giacomo Giampedrone – su cui abbiamo investito risorse senza precedenti. Basti pensare all’utilizzo dei fondi di protezione civile per la prima volta per la resilienza e la mitigazione del rischio e non solo per il ripristino dei danni, alla collaborazione ormai consolidata tra i vari corpi dello Stato, alla centrale operativa aperta e integrata con i vigili del fuoco oltre che al rapporto costante con i sindaci. Rivendichiamo di essere all’avanguardia su questi temi sui quali di certo non accettiamo lezioni da chi si esprime non sulla base della conoscenza della materia trattata quanto, piuttosto, degli articoli di stampa o, peggio, della strumentalizzazione politica”.
Il piano varato dalla giunta regionale rappresenta un’attuazione delle disposizioni previste dal piano di gestione del rischio alluvioni, redatto e approvato dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appenino settentrionale, ente nazionale che dipende dal ministero dell’Ambiente. La norma è già stata validata dall’Autorità di bacino, senza prescrizioni o segnalazioni.