Cosa cambia

Costruire in aree inondabili in Liguria? Ecco cosa c’è davvero nel regolamento finito nella bufera

Via libera a nuovi interventi dove l'acqua non supera i 30 centimetri, ma serviranno nuovi studi approvati dall'Autorità di bacino. Toti: "Paragone con l'Emilia-Romagna? Sciacallaggio becero". Giampedrone: "Incontreremo gli ambientalisti"

Allagamenti genova 3 ottobre

Genova. “Strumentalizzazioni che definire sciacallesche è un eufemismo”. Così il presidente ligure Giovanni Toti liquida la pioggia di critiche sul nuovo regolamento per l’attuazione del piano di bacino distrettuale (qui il testo integrale) che prevede la possibilità di insediare nuove costruzioni su alcune aree inondabili, rispettando determinate condizioni.

Un provvedimento, approvato con semaforo verde pieno dall’Autorità dell’Appennino Settentrionale, che ha mandato su tutte le furie le associazioni ambientaliste, intervenute per chiedere il ritiro di una norma definita “folle”. E così la Regione, che per prima ne aveva diffuso i contenuti in un comunicato dell’11 maggio, ha convocato oggi una conferenza stampa per chiarire nel dettaglio cosa cambia rispetto al passato.

Si tratta anzitutto di un regolamento necessario per dare attuazione al piano di gestione del rischio alluvionale (Pgra) del distretto idrografico dell’Appennino Settentrionale, in sostanza un complesso di norme e di carte che dovrà sostituire – solo per la parte relativa al rischio idraulico – gli attuali piani di bacino in vigore sul versante marittimo della Liguria. Compresi, perciò, quelli dei rii e torrenti che solcano il territorio di Genova. Nel nuovo Pgra consultabile qui le tre fasce di inondabilità A, B e C (con tempi di ritorno rispettivamente fino a 50, 200 e 500 anni) sono sostituite da tre aree definite P3, P2 e P1. La vecchia “fascia rossa“, nella cartografia aggiornata, corrisponde dunque all’area P3, quella più pericolosa in quanto soggetta più frequentemente a inondazioni.

Generico maggio 2023
Le aree colorate in blu scuro corrispondono alla fascia P3

Perché tanto clamore? Perché nel regolamento predisposto dalla Regione, che attende il parere (non vincolante) della commissione regionale competente per la definitiva entrata in vigore, compare una “sottospecie” della fascia più pericolosa, definita P3_0, con due caratteristiche principali: altezza massima dell’acqua durante un’alluvione pari a 30 centimetri e velocità di scorrimento compresa tra 0 e 1 metri al secondo. A differenza del passato, in queste zone – che ad oggi non sono state ancora definite perché saranno necessari studi di bacino approvati dall’Autorità distrettuale – saranno consentiti nuovi parcheggi a raso e soprattutto “interventi di nuova edificazione e di ampliamento degli edifici esistenti, purché non interrati e non riguardanti servizi essenziali”, a patto che rispettino particolari accorgimenti costruttivi.

“È una fascia di minore pericolosità relativa che si riferisce a piccoli corsi d’acqua e che avrà impatto su superfici minori rispetto, ad esempio, al Bisagno o all’Entella, su cui rimangono tutti i vincoli vigenti – spiega l’assessore alla Protezione civile Giacomo Giampedrone -. Finché non saranno aggiornate le carte, la fascia P3_0 non sarà presa in considerazione. Se ci sarà uno studio che dimostra che quelle caratteristiche sono rispettate per una certa zona, e spetterà all’Autorità di bacino distrettuale approvarlo, chi dovrà autorizzare un progetto ne terrà conto”. Alcuni di questi studi saranno condotti dalla Regione nei prossimi mesi, altri potranno essere attivati su richiesta dei Comuni o di eventuali privati che propongono progetti di interesse pubblico. E non varranno più gli studi locali con cui i Comuni potevano autorizzare interventi in deroga. 

Nel regolamento, però, ci sono anche vincoli più stringenti rispetto al passato. Nella fascia P3 saranno vietate nuove opere pubbliche e di interesse pubblico riferite a servizi essenziali, volumi o sottopassi interrati, nuovi campeggi, nuovi edifici o ampliamenti (al netto delle deroghe previste per la fascia P3_0) e parcheggi a raso (idem). Gli stessi divieti valgono per la fascia P2 (inondabile con tempo di ritorno fino a 200 anni) con le stesse eccezioni per una sottofascia definita P2_0, che corrisponde in effetti all’attuale fascia B0 dei piani di bacino vigenti in Liguria, con l’aggiunta di ulteriori concessioni per i volumi interrati. Nella fascia P1, invece, “è consentito ogni tipo di intervento, purché realizzato con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilità delle opere”.

“Mettere un atto amministrativo in correlazione a un evento catastrofico credo sia qualcosa che neppure il più becero populismo era arrivato a fare negli ultimi anni – rincara la dose Toti -. Semplicemente cambia la mappa del rischio a seconda dell’evolversi della realtà normativa o fattuale. È un piano che faciliterà la comprensione di tutti gli uffici tecnici e la certezza normativa per tutti coloro che vogliono investire in Liguria. Se qualcuno pensa che dobbiamo rinunciare a rinnovare le nostre leggi perché ritiene che si debba stare immobili a guardare come se le conoscenze non evolvessero, credo sarebbe il peggiore schiavista di questo Paese”.

“Tutto questo vuol dire avere aumentato la capacità di conoscenza del territorio in maniera considerevole, mappando aree di rischio che fino a dieci anni fa erano tranquillamente edificabili – aggiunge Giampedrone che annuncia anche un “incontro tecnico con le maggiori associazioni ambientaliste perché vorrei che questo regolamento venisse raccontato per ciò che è. Abbiamo già incontrato Comuni, categorie, associazioni: nessuno ci ha detto che il regolamento è troppo permissivo, anzi, qualcuno si è lamentato che è troppo restrittivo. Del resto tutti gli aggiornamenti alle mappature negli ultimi anni sono stati in senso negativo”. Dunque nessuna intenzione di fare un passo indietro: “Chi ha chiesto di ritirare il regolamento non sa cosa vuol dire, se non facessimo questo regolamento entrerebbe in vigore il Pgra, norma di carattere generale, che è molto più estensiva in alcuni ambiti. Prima bisogna conoscere le cose”.

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