Genova. E’ terminata con un ‘via libera’ la fase di scoping per il progetto di variante per la coltivazione della Cava Castellaro di Cravasco, Campomorone, presentata dalla ditta Calcestruzzi spa che già da anni opera in loco: sono previsti nei prossimi anni nuovi lavori di estrazione che porteranno a 3,4 milioni di metri cubi di scavi in più rispetto allo stato attuale.
Secondo quanto analizzato dagli uffici regionali, la variante, rimanendo nei limiti previsti dal piano cave, non necessità di passare dalla valutazione di impatto ambientale, previo rispetto di alcune osservazioni raccolte dai vari enti coinvolti nel procedimento amministrativo.
L’estrazione sarà divisa in tre fasi: “Il metodo di coltivazione della cava verrà mantenuto sostanzialmente identico a quello attuale, ovvero con una fase di coltivazione vera e propria con l’uso di esplosivo, lo sversamento del materiale lungo specifiche linee lungo il fronte, la ripresa del materiale con pala o escavatore per il carico dei mezzi destinati all’impianto di trattamento. Una volta terminate le tre fasi di scavo sopra descritte si inizierà il ripristino ambientale, che prevede la costruzione di un rilevato in terra composto da 3 gradoni, alle quote 320, 335 e 350, terminando la ricomposizione morfologica a quota 360 m. Mediante questo rilevato sarà possibile mascherare completamente tutta la parte inferiore della cava, e con il ripristino effettuato nella parte superiore si giungerà ad un recupero naturalistico di tutto l’areale. Si sottolinea che non vi è alcuna interferenza con il progetto di abbancamento già autorizzato (per gli scavi del vicino Terzo Valico, ndr) che non viene interessato in nessuno modo da quanto proposto”.
Un nuovo ciclo estrattivo che produrrà anche un nuovo via vai di camion e mezzi pesanti in entrata ed uscita della cava: “Ai fini di stima, anche del mercato futuro, si possono prevedere circa da 80-120 viaggi al giorno di camion che trasportano materiale per il ripristino ambientale in entrata e roccia in uscita – si legge nello studio preliminare ambientale -Tale traffico non incide minimamente sulla viabilità e vivibilità della zona, tenuto conto sia della tipologia delle strade sia del fatto che non vengono attraversati centri urbani di rilievo”. Una “non incidenza” che, se così prevista dai proponenti, sicuramente però avrà ricadute sul territorio e sulla vallata, soprattutto in base alla destinazione del materiale estratto e alla successiva origine di eventuale nuovo materiale da abbancare, magari in arrivo da uno dei tanti cantieri delle grandi opere genovesi.
Le principali prescrizioni previste per il via libera dai lavori sono essenzialmente due: trattandosi di zona carsica ai proponenti è stato richiesto il “deflusso minimo vitale del rio Verde, al fine di non causare stress idrico” e di monitorare eventuali corsi d’acqua o sergenti sotterranei che potrebbero emergere durante gli scavi.
Oltre a questo, alcune osservazioni sono state fatte riguarda la presenza di una grotta naturale, la grotta Olimpo, individuata ed esplorata nel 1975, il cui ingresso, però, è già stato fatto esplodere con precedenti operazioni di scavo, e ad oggi non sarebbe più visibile. Non è escluso, però, che i rami della grotta, all’epoca censita con 350 metri di sviluppo, possano essere ancora integri: per questo motivo, la stessa proponente si è impegnata a comunicare eventuali ritrovamenti. Come peraltro prescritto dalla legge per cavità naturali che superino i 5 metri.
(Foto, in copertina lo stato attuale della cava)