Genova. La procura generale di Genova ha presentato ricorso in Cassazione contro la condanna giudicata troppo lieve dei quattro poliziotti del reparto mobile di Genova che picchiarono il giornalista di Repubblica Stefano Origone durante gli scontri tra manifestanti antifascisti e polizia in piazza Corvetto il 23 maggio 2019 in occasione di un comizio di Casapound.
I quattro agenti, che avevano scelto il rito abbreviato erano stati condannati in primo grado a 40 giorni di reclusione e in appello la sentenza era stata ‘corretta’ trasformando la reclusione (che comunque prevedeva ovviamente la condizionale) con una sanzione di 2.582 euro. La riforma della sentenza applicata dalla Corte d’appello era stata motivata con il fatto che le lesioni ‘colpose’ sono un reato di competenza del giudice di Pace, che non può applicare pene detentive. Il sostituto procuratore generale Alessandro Bogliolo invece aveva ribadito che si trattava di lesioni ‘dolose’ e aveva chiesto la condanna ad un anno a quattro mesi per gli agenti.
E per questo lo stesso sostituto procuratore generale ha presentato ricorso ritenendo la sentenza di appello “illogica e contradditoria” nell’aver escluso il dolo “dopo aver con correttezza ed esaurienza esposto le specifiche condotte attribuite ad ogni imputato di per sé contrarie non solo a una prospettiva assolutoria ma financo a un valutazione meramente colposa”.
Anzitutto, dice il pg, “La Corte di Appello non ha accertato (e quindi ha omesso ogni motivazione al riguardo) se la carica anche se di alleggerimento fosse stata ordinata dal funzionario incaricato e comunque preavvisata, secondo le norme regolamentari che presiedono tale azione. Di conseguenza, ha quindi omesso di valutare se si versasse già ab initio in situazione di non necessità di intervento reattivo con le modalità specifiche poi adottate”.
Per la procura generale “le condizioni per l’applicabilità della scriminante dell’eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi “non sussistevano in primis perché l’uso del mezzo di coazione fisica in dotazione (sfollagente) alle Forze dell’Ordine non appariva, in rapporto alla posizione e atteggiamento assunti da Origone, assolutamente necessario ed in ogni caso certamente non l’unico possibile anche valutata come erroneamente da parte degli operanti la necessità di intervenire per superare una supposta benché inesistente resistenza”.
E “in ogni caso, nel momento in cui sono stati inferti alla vittima non solo ripetuti colpi di sfollagente alla testa, alla schiena e alle mani ma anche numerosi calci (i quali non appartengono certamente agli “altri mezzi di coazione fisica” consentiti), tale scelta si pone al di fuori di quanto autorizzato dalla normativa regolamentare applicabile agli operanti di PS durante gli interventi di ordine pubblico” visto che “l’uso delle armi e dei mezzi di coazione fisica è consentito soltanto in presenza di una c.d. resistenza costruttiva, concretante i reati di cui agli artt. 336 o 337 c.p. (il che, pacificamente, non sussisteva nella specie, sicuramente non in relazione alla posizione Origone ma molto probabilmente neppure in relazione alla posizione della gran parte di manifestanti)”
Per il sostituto pg inoltre il fatto che il pestaggio sia stato breve (e questo per l’intervento di un funzionario che ha sottratto Origone ai poliziotti del reparto) “riverbera i suoi effetti soltanto in ordine all’intensità del dolo ma non è tale da poter escludere l’elemento”.
Origone al momento non è ancora stato risarcito per il pestaggio subito che lo ha costretto per lunghi mesi ad un’assenza dal lavoro a causa delle fratture a due dita della mano e alle altre lesioni subite. Gli imputati non hanno presentato ricorso contro la lieve condanna quindi, se il ricorso della procura generale venisse accolto, un eventuale nuovo pronunciamento potrebbe aggravare la condanna degli agenti.