L'interrogatorio

Omicidio via Polleri, l’assassino al pm: “Mi dispiace perché mi sono rovinato la vita e anche perché ho ammazzato una persona” fotogallery

Filippo Giribaldi ha spiegato che voleva che Di Palo lasciasse il pace la donna. "La pistola? L'ho trovata un anno fa e la portavo con me per comprare la droga visto che mi avevano rapinato più volte"

Filippo Giribaldi, Manuel Di Palo
A sinistra Filippo Giribaldi, l'assassino, a destra Manuel Di Palo, la vittima

Genova. “Mi dispiace anzitutto per me che mi sono rovinato la vita e anche perché ho ammazzato una persona”. Lo ha detto questa notte al sostituto procuratore Enrica Menichetti Filippo Giribaldi, il portuale 42enne che ieri pomeriggio ha sparato e ucciso in via Polleri il 37enne Manuel Di Palo al termine di una lite per motivi passionali acuiti dall’abuso di droga.

Giribaldi, assistito dall’avvocato Paolo Scovazzi, ha ricostruito nei dettagli quello che è successo ieri nella zona del Carmine. Lui conosceva la 52enne da lungo tempo, un’amicizia ‘amorosa’ la si potrebbe definire anche se segnata dal consumo di crack.

E proprio il crack avrebbe portato la stessa donna a intraprendere una relazione con Di Palo, una relazione recente di cui, a detta del portuale, la stessa donna si sarebbe stufata. E Giribaldi ieri voleva che Di Palo se ne andasse e la lasciasse in pace. Arrivato sotto casa il portuale ha incontrato un amico di Di Palo: hanno discusso, Giribaldi ha sparato un colpo contro il muro, una sorta di avvertimento per dire a quei due di andarsene. L’amico invece è risalito ad avvertire il 37enne che a sua volta è sceso. Giribaldi ha fatto per andare via, ma Di Palo lo avrebbe seguito urlandogli contro e insultandolo, a quel punto gli altri spari, almeno due di cui uno solo ha colpito il 37enne che è morto quasi sul colpo. Giribaldi avrebbe anche raccontato che era fatto di crack da 4 giorni e che non era lucido: a un certo punto credeva di essere inseguito da un carabiniere.

L’amico di Di Palo è stato identificato e sarà sentito nelle prossime ore come testimone, anche se per gli investigatori della squadra mobile il racconto del killer sarebbe coerente sulla dinamica.

Il pm Eugenia Menichetti al momento non contesta a Giribaldi la premeditazione nell’omicidio nonostante il portuale avesse con sé una Beretta calibro 22 con la matricola abrasa e indossasse dei guanti da lavoro. Al pm Giribaldi ha raccontato di aver ‘trovato’ l’arma circa un anno fa: “Me la portavo dietro quando andavo a comprare il crack perché in passato ero già stato rapinato”. L’uomo infatti lavora in porto e spesso quindi aveva il denaro che serviva ad acquistare la droga, al contrario di Di Palo che era nullafacente oltre che da tempo tossicodipendente.

L’ex militante di Casapound era ormai senza fissa dimora ed era stato notato spesso negli ultimi mesi nella zona tra via San Luca e il Carmine a chiedere spiccioli per la droga. La casa della donna in salita del Carmine è stata perquisita ieri sera dalle volanti della polizia, non è stata trovata droga: forse Di Palo e il suo amico stavano chiedendo soldi alla 52enne o stavano organizzando un acquisto per la serata.

La donna si era trasferita da poco nel quartiere, secondo i vicini spesso dalle scale si sentivano urla provenienti dall’appartamento. La donna è stata sentita dagli investigatori della squadra mobile coordinati dal vicedirigente Antonino Porcino: avrebbe fornito alcune conferme circa le relazioni intraprese e il consumo di droga ma non ha assistito direttamente alla lite né al successivo omicidio.

La convalida del fermo si terrà nel carcere di Marassi probabilmente venerdì mattina. E non è escluso che l’avvocato Giribaldi possa chiedere per il suo assistito una perizia psichiatrica.

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