Genova. Una scatola di reperti relativa alla scena del crimine dell’omicidio di Nada Cella, la segretaria massacrata nel maggio 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco dove lavorava, è stata ritrovata dagli investigatori nell’enorme archivio dell’Udi, l’Unità per i delitti irrisolti di Roma.
I reperti erano conservati nella struttura nata nel 2009 che rappresenta oggi l’organismo di riferimento per gli uffici investigativi della polizia nel settore delle indagini sui delitti irrisolti, ma da quando l’anno scorso il caso era stato riaperto, non erano ancora stati prelevati. Sarebbe stato questo il ritrovamento che ha spinto la procura di Genova all’inizio di marzo a chiedere ulteriori sei mesi di proroga delle indagini.
I reperti sono stati consegnati al genetista Emiliano Giardina, che a fine febbraio sugli altri elementi analizzati aveva ottenuto un risultato non sufficiente a risolvere il cold case: in base alla perizia depositata infatti i profili biologici sarebbero riconducibili a un dna femminile ma i reperti sono insufficienti a indicare che sia o meno quello dell’ex insegnante Annalucia Cecere, unica indagata.
ll caso era stato riaperto in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Nada Cella. Il pm e gli investigatori della Mobile avevano ripreso in mano faldoni e reperti dopo l’input della criminologa Antonella Pesce Delfino. E dopo il responso della maxi perizia di Giardina, che aveva lavorato più di un anno sul caso, questo nuovo ritrovamento sembra davvero l’ultima spiaggia per dare un volto e un nome a chi ha ucciso Nada Cella.