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Inquinamento, con le banchine del porto elettrificate il biossido di azoto diminuirà del 20%

Lo studio di Arpal: in porto emissioni ridotte del 60% spegnendo i motori delle navi, ma i superamenti di legge sono dovuti al traffico stradale. E il Gnl? "Abbatterà le polveri sottili, ma non nelle aree limitrofe"

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Genova. Con all’elettrificazione delle banchine del porto la concentrazione di biossido di azoto nell’aria di Genova potrà abbassarsi fino al 20%, grazie a una riduzione del 60% delle emissioni contenute nei fumi delle navi nel bacino storico. È quanto emerge dai risultati dello studio condotto da Arpal e presentato oggi durante il convegno Cambia l’aria: Aer Nostrum e gli scenari futuri nelle città portuali, a conclusione di un progetto transfrontaliero che ha coinvolto Liguria, Toscana, Sardegna e Corsica.

Nel dettaglio, gli scenari di riduzione delle emissioni ipotizzati sono stati l’elettrificazione delle banchine (la gara è stata aggiudicata più di un anno fa) e l’impiego del gas naturale liquefatto come carburante, simulando 13 banchine principali (12 dedicate alle navi da crociera e ai traghetti, più il terminal Sech dedicato a navi portacontainer).

Per il biossido di azoto, entrambi gli scenari producono una considerevole riduzione della concentrazione delle emissioni navali pari circa al 60%, per una riduzione percentuale totale variabile fra l’11% e il 20%. Per il particolato invece, l’impiego di carburante Gnl produce una riduzione molto più significativa (70%) della concentrazione dovuta solo al contributo navale, rispetto all’elettrificazione delle banchine (40%); entrambe, tuttavia, non impattano significativamente sulla misura delle polveri nelle aree limitrofe.

“Bisognerà tenere conto anche del fatto che le normative imporranno anche l’uso di carburanti diversi, e quindi ci saranno anche altre variabili che influiranno, ma sicuramente si va verso una migliore qualità dell’aria per quanto riguarda il biossido di azoto – spiega Rosa Maria Bertolotto, direttrice scientifica di Arpal -. Per le polveri sottili ci sarà una forte diminuzione nell’area portuale mentre per la città ci sarà una minore differenza perché le polveri hanno un percorso più breve, con minore impatto. Queste, ovviamente, sono simulazioni fatte ipotizzando variabili che potrebbero essere anche diverse”.

Le simulazioni modellistiche condotte per il progetto Aer Nostrum hanno evidenziato altri risultati interessanti sul biossido di azoto, cioè l’inquinante per cui l’Italia ha subito sanzioni dall’Unione Europea per il superamento dei limiti di legge (tra le città in infrazione anche Genova, che per questo ha varato la nuova ordinanza antismog).

Nel caso di Genova, le emissioni navali rappresentano una fonte di inquinamento rilevante, pari al 20% nei dintorni del porto, pur non misurando nella zona circostante superamenti dei limiti di legge (a differenza di quanto avviene nelle postazioni da traffico stradale). Per quanto riguarda il particolato, invece, il contributo portuale alla concentrazione totale sembra essere marginale (inferiore al 3%) anche perché è legato meno strettamente a sorgenti locali.  Il particolato è un inquinante diffuso più omogeneamente rispetto al biossido di azoto nel territorio cittadino, perché, avendo una forte componente secondaria, è legato meno strettamente a sorgenti locali.

“La parte degli inquinanti che derivano dal porto comprende anche il traffico, finché la maggior parte dei container viene trasportata via camion – osserva Bertolotto -. Naturalmente, se parte del traffico portuale venisse spostato su ferro, questa parte di inquinamento che impatta notevolmente sulla città diminuirebbe. La situazione a Genova non è molto diversa dalle altre città portuali, anche se in Corsica ci sono porti più turistici con meno attività commerciali. Certo l’orografia influisce molto”.

Per quanto riguarda Genova, il monitoraggio del porto si è basato su due categorie di strumenti: quelli fissi di riferimento, che hanno permesso di acquisire dati solidi, e la strumentazione non convenzionale, i cosiddetti smart sensor, che ha evidenziato diversi limiti. “Sono misuratori più rudimentali rispetto alle nostre centraline, con costi molto più bassi, che quindi si possono usare in gran numero – spiega la direttrice scientifica di Arpal -. Il problema è che bisogna tararli bene e mantenerli ben calibrati, altrimenti danno i numeri del lotto. È una logica diversa: noi abbiamo meno centraline ma molto più sofisticate, manutenute, osservate e calibrate; in alternativa si possono avere tantissimi sensori ma poi bisogna interpretare bene quei dati”.

Per il biossido di azoto è stata verificata un’ottima precisione ma una scarsa accuratezza: gli otto sensori installati hanno mostrato andamento e valori tra loro in accordo, con valori medi differenti dalla strumentazione certificata (probabilmente per effetto delle condizioni meteo e ambientali).

Per il particolato atmosferico, i sensori usati hanno evidenziato limiti sul Pm10 ma hanno ben rappresentato le componenti più fini, sulle quali tra l’altro la nuova direttiva europea pone molta attenzione. Dal campionamento di Pm10, eseguito nelle due campagne sperimentali in estate 2021 e primavera 2022, si è visto che quattro sorgenti antropiche (tra cui emissioni navali e traffico) contribuiscono  per più dell’80% del totale.

“Nonostante le differenze tra i vari porti – conclude Bertolotto – l’elemento importante del progetto Aer Nostrum è stato approcciare allo stesso modo lo studio dell’impatto delle attività portuali sulle città. Lo abbiamo fatto con partner francesi e corsi: anche se porti, morfologia e venti sono doversi, gli impatti sono comunque analoghi”.

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