Genova. Un impianto per la produzione di energia rinnovabile nell’area dell’ex cava Italcementi sotto forte Ratti, sulle alture della Valbisagno. La proposta, destinata a far discutere, è arrivata agli uffici del Comune di Genova nelle scorse settimane e porta la firma del gruppo Vitali, la stessa azienda che sta eseguendo i lavori di riqualificazione del silos granario Hennebique nel porto antico di Genova. E questa volta, a differenza delle numerose ipotesi avanzate sul futuro dell’area, abbandonata ormai dal lontano 1985, sembra qualcosa in più di una semplice suggestione.
A confermare l’indiscrezione sono tutti gli attori coinvolti: per l’amministrazione di Palazzo Tursi il vicesindaco Pietro Piciocchi, che però avverte: “Si tratta di un progetto ancora in fase embrionale, non conosciamo i dettagli ma siamo interessati a discuterne perché è nostra intenzione riqualificare quel sito oggi degradato”. Così anche l’azienda bergamasca di costruzioni che riferisce di contatti informali già avviati, anche se le specifiche tecniche del dossier sono tutt’altro che definite. Ma l’interlocutore numero uno è il gruppo Italcementi – anche questo con sede a Bergamo – che mantiene la proprietà dell’area tramite la società Ital Real Estate: “Ci sono interlocuzioni con il gruppo Vitali ma non siamo a conoscenza dei loro progetti”, fa sapere una fonte ufficiale.
Insomma, che qualcosa stia bollendo in pentola è certo. La cava, attiva soprattutto tra gli anni Sessanta e Settanta, era dedicata all’estrazione di materia prima per la produzione di cemento. Le pietre ottenute dallo sbancamento della collina che sovrasta l’abitato di Quezzi venivano sminuzzate sul posto da due mulini. Il trasporto a valle non avveniva su strada, ma tramite una teleferica che raggiungeva il crinale opposto e scendeva fino a Ponte Carrega, dove sorgeva l’impianto di raffinazione (oggi Tecnomat, ex Bricoman).
Ai giorni nostri la cava in disuso, connotata da un paesaggio straniante e suggestivo, è tappa obbligata per escursionisti e biker che, partendo dai Camaldoli, si arrampicano fino al forte Ratti o proseguono verso la torretta di Quezzi, ma anche sede di raduni e feste abusive, oltre che luogo ricco di fascino per gli amanti di urbex, l’attività di esplorazione di luoghi abbandonati. L’unico utilizzo che non ha a che fare con lo svago è di natura militare: di tanto in tanto nell’altipiano vengono fatti brillare in sicurezza ordigni bellici (con boati che talvolta allarmano gli abitanti).
Per quanto è dato sapere al momento, il progetto di Vitali potrebbe includere impianti eolici, fotovoltaici ma anche la produzione di idrogeno. Di sicuro c’è che il business energetico è ancora un settore pressoché inesplorato per il gruppo che, come si legge sul sito, è attivo nei campi degli investimenti immobiliari, nelle grandi infrastrutture (strade, autostrade, ponti, piste aeroportuali), nelle demolizioni speciali ma anche nella “coltivazione di cave e nella lavorazione di materiali per l’edilizia, compresa la produzione di calcestruzzi e asfalti“. Un campo, quest’ultimo, che combacia perfettamente con l’ultima destinazione d’uso dell’area Italcementi, in parte bonificata nei primi anni Duemila a fronte di un piano articolato concordato con la Regione.
Numerose sarebbero le criticità da affrontare. Facile intuire che il Comune è coinvolto perché, sebbene la trattativa per la cessione della superficie si svolga tra privati, l’eventuale insediamento di un nuovo impianto produttivo richiederebbe una serie di complesse procedure urbanistiche. Tra gli aspetti più delicati c’è quello della viabilità: una strada di servizio esiste già (è quella che sale da via Berghini, oggi usata esclusivamente come sentiero escursionistico) ma andrebbe adeguata al transito dei mezzi da cantiere. A quel punto rimarrebbe da capire se un progetto del genere sarebbe compatibile con le promesse di valorizzazione in senso turistico del parco dei forti di Levante.
Tutt’altro che secondari sarebbero poi gli aspetti idrogeologici. Un episodio su tutti: nel 2011, durante la catastrofica alluvione del 4 novembre, una colata di fango si staccò del versante sotto la cava e, attraversando la valletta del rio Finocchiara, contribuì all’esondazione del Fereggiano. Tuttora Italcementi ha in concessione le aree demaniali per la manutenzione di quattro briglie per intercettare e trattenere i detriti. Il piano di bonifica prevedeva inoltre la recinzione totale della spianata e la messa a dimora di alberi in grado di stabilizzare il terreno.
Elementi che verranno affrontati uno per uno se l’iter troverà gambe per proseguire nei prossimi mesi e anni. Di certo, tra congetture e suggestioni, quella di Vitali è solo l’ultima ipotesi per la vecchia cava che domina la città dall’alto. In passato si erano diffuse con una certa insistenza le voci su un deposito di polveri inerti provenienti dalla Volpara da collocare in zona, poi rivelatesi infondate. Altra proposta, quella per la dislocazione del carcere di Marassi. Qualcuno aveva immaginato addirittura un parco divertimenti sul modello del Tibidabo a Barcellona.