Genova. “La relazione semestrale della DIA conferma molte delle preoccupazioni più volte espresse dalla Commissione regionale Antimafia che presiedo: il rischio infiltrazioni nei grandi appalti liguri, i legami nella nostra regione non solo con la ndrangheta ma anche con camorra e mafia siciliana, e il ruolo centrale dei porti liguri nel traffico di stupefacenti”. Questo il commento del presidente della Commissione regionale Antimafia della Liguria, Roberto Centi, alla relazione semestrale della Dia pubblicata ieri.
“Le attività investigative hanno evidenziato la presenza di soggetti contigui alla famiglia facente capo a Matteo Messina Denaro a Genova – spiega Centi -. Questo dimostra come in Liguria oltre al radicamento della ndrangheta l’attività giudiziaria abbia evidenziato l’operatività di presenze siciliane, riconducibili all’ex ‘capo dei capi’ arrestato lo scorso 16 gennaio, ma anche riconducibili alla famiglia Galatolo Fontana dell’Acquasanta di Palermo e del clan gelese degli Emmanuello”. “La Dia ha segnalato anche la presenza della camorra in Liguria – aggiunge Centi – in particolare le cosche dei casalesi dei clan Zazo – Mazzarella, Amato – Pagano e Rinaldi e D’Amico. Un quadro che conferma sostanzialmente quello degli anni precedenti con una attenzione particolare ai porti e ai traffici illegali, non solo di stupefacenti, gestiti anche in rapporto con gruppi malavitosi autoctoni”.
Proprio sui porti della Liguria la Dia ha lanciato un allarme per la loro centralità negli affari del narcotraffico, soprattutto legato alla ndrangheta e alla sua struttura da holding a livello internazionale. Nell’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia si legge come i problemi sui costi dell’energia legati alla guerra in Ucraina rischino di riflettersi negativamente sulle imprese operanti nei settori ad alto consumo energetico, incoraggiando la vocazione transnazionale delle mafie a creare alleanze anche con sodalizi esteri funzionali all’acquisizione, oltre che del collaudato settore del narcotraffico, di nuovi mercati illegali, sfruttando plausibilmente le zone portuali su cui la Liguria fonda gran parte della propria forza economica.
“Occorre ricordare che nei porti della Liguria arriva il 40% di tutta la cocaina sequestrata in Italia – sottolinea Roberto Centi -. E dall’ultima relazione della DIA emerge come i clan calabresi continuino a rappresentare gli interlocutori privilegiati per i cartelli sudamericani, con una centralità nel narcotraffico verso l’Italia dei porti liguri di Genova, La Spezia e Vado Ligure (oltre a Gioia Tauro e Livorno)”.
Nella relazione della DIA si legge come in Liguria siano documentate “quattro formazioni ndranghetiste, rispettivamente a Genova, Lavagna, Ventimiglia e Bordighera”. Secondo alcune ricostruzioni investigative il locale di Genova assumerebbe anche il ruolo di camera di controllo regionale con al vertice la famiglia Gangemi. Tale struttura rivestirebbe la funzione di raccordo tra il crimine reggino e le unità periferiche liguri. Mentre per quanto riguarda il locale di Lavagna, la sua costituzione e operatività è stata riconosciuta con la conferma delle condanne per associazione di tipo mafioso a carico di componenti della ‘ndrina Nucera Rodà, propaggine ligure della cosca Rodà-Casile originaria del quartiere San Carlo di Condofuri.
“Sono confermate anche le preoccupazioni, da parte della DIA – conclude Roberto Centi – sulla gestione dei grandi appalti liguri: Terzo valico, Nodo ferroviario di Genova, Diga foranea e Bacino di Ponente. Grandi opere per le quali non va abbassata la guardia, anche in riferimento alle novità legate alla riforma del codice degli appalti”.