Genova. “Dal punto di vista sanitario e ostetrico, la Regione ritiene che la Liguria sia una regione modello, in cui sembra che vada sempre tutto bene, ma non è così” afferma Alice Cavaglià, attivista di Non una di meno, associazione femminista presente oggi 8 marzo in piazza De Ferrari con un presidio sotto il palazzo della Regione.
E continua: “Siamo scese in piazza per portare e leggere davanti a tutti le testimonianze di tante donne che hanno scritto di aver avuto difficoltà ad avere una contraccezione gratuita, a compiere un’interruzione di gravidanza o molto più semplicemente hanno avuto difficoltà a prenotare visite mediche o ecografie. Ogni giorno queste donne a Genova o in provincia subiscono violenza in ambito ostetrico e sanitario“.
“In questi mesi abbiamo raccolto decine e decine di testimonianze di violenza medica, ginecologica e ostetrica che ci raccontano della cultura patriarcale che innerva la medicina, di quanto anche i luoghi di salute siano tutt’altro che safe” sottolinea l’associazione Non una di meno in una nota diffusa attraverso i propri canali social.
“La Regione ha organizzato per questo 8 marzo una mostra dedicata alle pioniere liguri e uno speaker corner dedicato alle pioniere contemporanee, che racconteranno il loro lavoro e il loro successo. A questa ennesima vetrina, che fa dell’8 marzo una giornata di celebrazione del successo delle donne, noi portiamo il nostro dolore e la nostra rabbia” conclude l’associazione.
Intanto questa sera, le attiviste si sono date appuntamento alle 18, in piazza Caricamento, da cui prenderà le mosse il corteo per le via del centro “per dare voce e spazio” alle proprie “rivendicazioni”. Si passerà infatti da piazza della Nunziata, largo Zecca, piazza del Portello, piazza Corvetto, via XII ottobre, via XX settembre, per arrivare infine in piazza Matteotti.
Il tema della violenza ostetrica, tanto denunciato dalle femministe, era emerso anche dalle parole di Giulia Organo, genovese, giovane mamma di due bambini, lavoratrice, e compagna di Gianluca Ardini, noto per essere uno dei sopravvissuti alla tragedia del Ponte Morandi.
Giulia aveva raccontato del “senso di abbandono e di pericolo per la mia salute che ho respirato in quei giorni non lo dimenticherò mai perché non sentirsi protetti in ospedale è già di per se un triste controsenso” riferendosi a un’esperienza negativa vissuta durante il suo secondo parto.
E aveva sottolineato: “Io da mamma voglio contribuire in qualche modo e raccontando la mia storia spero di farlo. Basta subire violenze ospedaliere, basta stare in silenzio“.