Genova. Un momento storico per il teatro non solo italiano, ma internazionale. Succede a Genova: l’Orestea di Eschilo, diretta da Davide Livermore, andata in scena al Teatro greco di Siracusa, viene riadattata per una messa in scena al chiuso al Teatro Ivo Chiesa. Agamennone e Coefore/Eumenidi, sono in cartellone dal 14 al 25 marzo il primo titolo, dal 21 al 25 marzo il secondo e il terzo (rappresentati insieme). Il 19 e il 25 marzo, però, sarà possibile vederli tutti di fila per quattro ore di spettacolo a partire dalle 16.
Una maratona che Livermore paragona a quelle che si fanno oggi sul divano per le serie tv: “Io stesso spesso sto due o tre giorni di fila a guardare la mia serie preferita. Questa è la più grande e straordinaria serie televisiva dell’antichità, una saga che ci porta a una grande interrogazione privata: il nostro rapporto con la giustizia, con il perdono e con il senso di comunità e lo si fa a Genova dopo una produzione nata al teatro l’Inda di Siracusa con un senso di militanza verso la bellezza e la cultura”.
Una lunghezza che non deve spaventare, visto che le tre ore di Maria Stuarda erano volate.
L’Orestea ha i numeri di un kolossal che è un unicum per il teatro italiano: 50 mq di ledwall, 40 artisti sul palco, 20 tecnici per il riallestimento, caratterizzato dall complessità di adattamento al chiuso. Vederla in scena è un’opportunità rara.
“È un testo fondamentale per la nostra civiltà − spiega Livermore − 2.500 anni fa è stato sancito un tribunale degli uomini per giudicare i misfatti e gli atti orrendi. Si è data forma a un’idea di giustizia terrena che sarà sempre deludente, ma nel nostro tendere verso la giustizia celeste facciamo il nostro dovere di essere umani. Un testo fondamentale per educarci, per comprendere la straordinarietà nel teatro nella nostra società”.
La traduzione, che Livermore definisce “straordinaria” è di Walter Lapini (professore di letteratura greca all’Università di Genova), che il 20 marzo alle 15 sarà protagonista di un incontro con Elisabetta Vidali, presidente della Corte d’appello di Genova, su Orestea: la conquista della giustizia.
“La tragedia non è prosa, è un’opera d’arte totale, edizione di tutte le arti in simultaneità e noi saremo filologicamente attendibili. Aristotele ci ha raccontato tutto. All’epoca c’era una grande orchestra amplificata con anfore vuote e gli attori indossavano maschere di rame con una trombetta interna per far arrivare la loro voce a 15 mila persone. Avremo una coscienza filologica profonda, ma con le tecnologie di oggi”. Musica, microfoni, proiezioni (che mostreranno i pensieri interni dei personaggi, ma anche la rappresentazione di un mondo) e meccanica: “Eschilo, è una mia interpretazione, utilizzò la tecnologia più all’avanguardia dell’epoca, quella navale, per portare in scena il corpo di Clitemnestra”, sottolinea Livermore.
Il sindaco e assessore comunale alla Cultura, Marco Bucci, concorda con Livermore: “Si sta a scuola per quattro ore con lo stesso professore, chi ha fatto il classico lo sa. Per la nostra città è un onore poter ospitare una rappresentazione teatrale di tale portata, legata a un’opera i cui valori hanno ancora molto da insegnare ai nostri giovani: giustizia, vendetta, una società che si sta disgregando. Ciò che succedeva 2.500 anni fa non è mica tanto lontano dall’oggi”.
Il presidente e assessore alla Cultura della Regione Liguria, Giovanni Toti, si dice sicuro che “l’Orestea sarà un colossal di cui parlerà tutta l’Italia. La città di Genova può giocare in serie A dal punto di vista della Cultura. Il fatto che sia io sia il sindaco abbiamo tenuto le deleghe della Cultura significa che non le consideriamo solo strumento di promozione umana, ma anche di crescita economica”.
Dopo Genova, Orestea sarà in scena al Teatro Carignano di Torino, dal 28 marzo al 6 aprile.
La trama – Agamennone (durata 1 ora e 40 minuti)
In attesa del rientro di Agamennone dalla guerra di Troia, la moglie Clitemnestra pianifica di vendicare la figlia Ifigenia, sacrificata dal padre sull’altare della dea Diana per favorire la partenza delle flotte greche. Ubiquo e inquieto, lo spirito della ragazza vaga per la reggia di Argo. Vittorioso e compiaciuto come un dittatore, arriva Agamennone: è l’anello di una lunga catena di sangue. Porta con sé come preda di guerra, Cassandra, che inascoltata profetizza l’imminente regicidio. Così Agamennone cade per mano di Clitemnestra, armata in realtà dalla stessa Ifigenia. “La donna dal cuore di uomo” prende il potere insieme all’amante Egisto, ma il suo atto efferato chiama già altro sangue.
Con un’ambientazione anni Trenta e il riferimento ai regimi totalitari, Davide Livermore evoca l’immagine di un mondo prossimo al collasso. La musica, in parte suonata dal vivo, elemento fondamentale dello spettacolo, interagisce con le parole del coro e degli attori, mentre due ledwall come due grandi occhi sovrannaturali rimandano immagini di spettri e furore. Un’enorme parete specchiata delimita la scena, confine tra terra e Ade, ma anche abbraccio per il pubblico.
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La trama – Coefore/Eumenidi
Sono passati dieci anni dalla morte di Agamennone, ucciso dalla moglie Clitemnestra per vendicare il sacrificio della figlia Ifigenia, prologo ineluttabile della trilogia tragica, l’unica arrivata sino a noi nella sua interezza. Le macerie di un ponte crollato, divani e pianoforti immersi nel ghiaccio, un vecchio grammofono abbandonato, una grande tomba sui cui Elettra piange il padre: è un mondo algido e devastato quello in cui piomba Oreste, spinto da Apollo a tornare ad Argo per vendicare la morte del padre. Perseguitato dalle Erinni per l’assassinio della madre Clitemnestra e del suo amante e complice, Egisto, Oreste fugge sino a giungere al tribunale dell’Aeropago, dove con la complicità di Apollo e il voto di Atena, che vale doppio, verrà assolto, mentre le Erinni si trasformano nelle Eumenidi, le benevole.
Opera di teatro totale, Coefore / Eumenidi si avvale di una colonna sonora in costante dialogo con il testo e i video proiettati su un ledwall sferico – un sole ghiacciato da cui emerge il fantasma di Agamennone, ma anche flash di tragedie contemporanee che non hanno trovato giustizia. Gli abiti, ora severi ora scintillanti, le uniformi simil naziste, le citazioni cinematografiche rimandano a un’ambientazione anni Quaranta.
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