Genova. Una motivazione stringata e in parte contraddittoria che non rispetterebbe quanto previsto dal codice di procedura penale nel caso in cui un sentenza di appello ribalti completamente la sentenza di primo grado. Partendo da questo assunto, in estrema sintesi, il sostituto procuratore generale Cristina Camaiori ha deciso di ricorrere in Cassazione contro l’assoluzione di Simone Scalamandré che era stato condannato in primo grado con il fratello maggiore Alessio per l’omicidio del padre Pasquale ma è stato invece assolto in appello.
Camaiori contesta che nelle 22 pagine complessive con cui la Corte d’assise di appello di Genova ha motivato la conferma della condanna di Alessio solo tre sono dedicate a spiegare perché Simone avrebbe solo lievemente colpito il padre a mani nude, senza però contribuire attivamente all’omicidio.
La sentenza della Corte d’assise d’appello “ha contrapposto alla lettura complessiva ed unitaria operata dal giudice di primo grado con una motivazione estremamente articolata ed approfondita – scrive il procuratore generale – una breve disamina di soltanto alcuni degli elementi sulla cui base il giudice di prime cure ha ritenuto la colpevolezza” di Simone Scalamandré, fatto che, scrive Camaiori chiedendo alla Cassazione l’annullamento con rinvio della sentenza di appello, “avrebbe meritato una più distesa e argomentata analisi delle articolate motivazioni della sentenza di primo grado rispetto alle quali la motivazione emergente dalle poche pagine a tali temi dedicate pretendendo di esaurire in breve la molteplicità degli elementi desunti dal processo, si presenta del tutto carente” oltre che “caratterizzata da intrinseca contradditorietà”.
Per Simone Scalamandré, che nel frattempo ha trovato un lavoro stabile e ora teme le conseguenze di un’eventuale condanna il ricorso è stato una doccia fredda “anche se – spiega l’avvocato Nadia Calafato – sia lui che io eravamo ben consapevoli che si tratta di una situazione delicata e l’esito non è mai scontato”.
“Personalmente resto convinta che la sentenza di appello avesse colto gli elementi giusti, ma in ogni caso se il ricorso sarà accolto saremo pronti a difenderci” conclude il legale. Se il ricorso venisse accolto, fra l’altro, a giudicare Simone non sarà più la Corte di assise di appello di Genova ma quella di Torino visto che la legge vieta che gli stessi magistrati possano giudicare due volte lo stesso imputato e a Genova esiste una sola corte d’assise d’appello. Saranno quindi i giudici torinesi, dopo un nuovo processo d’appello, a dover motivare meglio l’eventuale conferma dell’assoluzione ma potranno invece decidere per una condanna come era avvenuto in primo grado.
Intanto anche gli avvocati di Alessio Scalamandré Luca Rinaldi e Andrea Guido hanno presentato ricorso in Cassazione contro la condanna a 21 anni di reclusione per Alessio.
Per gli avvocati di Alessio la i giudici di secondo grado non hanno motivato a dovere il respingimento di tutte le richieste presentate in appello dalla difesa. I legali nelle 86 pagine del ricorso chiedono chiedono in sintesi l’annullamento della sentenza per non aver disposto perizia psichiatrica, per non aver ritenuto il fatto giustificato dalla legittima difesa putativa o riqualificato in omicidio preterintenzionale. Infine gli avvocati di Alessio ripropongono la questione di costituzionalità dell’articolo previsto dal cosiddetto Codice Rosso che vieta che le attenuanti in caso di parricidio possano superare la aggravanti, con la conseguenza di una pena eccessiva.
La Corte di appello rispetto ad Alessio aveva liquidato con una sentenza di poche pagine le articolate istanze dei legali che spiegavano fra l’altro che Alessio non aveva voluto uccidere il padre e che dalla stessa analisi della scena del crimine era emerso infatti si era fermato, anche se ormai era troppo tardi, smettendo di colpirlo quando il padre si trovava a terra.
Per quanto riguarda la perizia psichiatrica in particolare gli avvocati ricordano che il consulente medico di parte aveva stabilito che Alessio soffriva di un disturbo da stress postraumantico per cui vedeva la sua vita in costante pericolo. E in appello lo stesso procuratore generale si era associato alla richiesta di perizia psichiatrica formulata dai legali ma la corte d’assise d’appello aveva respinto la richiesta senza motivare adeguatamente la decisione, sostengono i legali. Anche in questo caso la Cassazione dovrà valutare, nei prossimi mesi, l’ammissibilità del ricorso e poi fissare l’udienza.