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Nuovi invasi per far fronte alla siccità? I geologi: “Soluzione difficile, meglio ridurre gli sprechi”

Genova24 ha chiesto a Guido Paliaga (presidente della sezione ligure della Sigea) e a Paolo Airaldi (presidente dell'Ordine Geologi della Liguria) come rispondere alla crisi idrica: "Attenti a non alterare ancora gli equilibri della nostra terra"

Siccità Brugneto

Genova. Mentre l’inverno si avvia alla sua chiusura, all’orizzonte si addensano cupe nubi per nulla rassicuranti. Non si tratta però, ahinoi, di nuvole cariche di pioggia, ma metaforicamente quelle relative alla tempesta che si potrebbe abbattere nei prossimi mesi riguardo la siccità. La stagione della pioggia è passata senza aver ricaricato le riserve idriche italiane e genovesi, e si spera nella primavera per recuperare. Se così non fosse la criticità idrica potrebbe diventare un’emergenza dalle dimensioni ancora non definite.

Per questo motivo sia a livello ministeriale che a livello regionale si è tornato a parlare di realizzare nuovi invasi per poter accrescere la capacità idrica della Liguria e di Genova. Una volontà che però deve fare i conti con la realtà: realizzare nuovi invasi artificiali, infatti, sembra essere faccenda tutt’altro che semplice. E immediata. Genova24 ne ha parlato con due esperti in materia, due geologi, che hanno tratteggiato una situazione tutt’altro che facile. Al di là degli annunci e degli intenti della politica, la realtà dei territori è tutt’altro che semplice.

Lago Val Noci fine estate 22

È una buona idea costruire nuovi invasi per far fronte all’emergenza siccità?

“Da un punto di vista ambientale la realizzazione di invasi è un lavoro molto complesso che, su un territorio come il nostro, modificato pesantemente, diventa molto difficile da attuare – risponde Guido Paliaga, geologo, presidente della sezione ligure della Sigea (Società italiana di geologia ambientale) – C’è una serie di vincoli che vanno da prescrizioni di natura strettamente tecnica (luoghi dove è più o meno sensato farli, dove è più o meno conveniente per costi ma anche per abbondanza di precipitazioni), al tipo di impiego che facciamo del territorio. Ci sono criticità che sarebbe molto difficile superare. Si può pensare che l’entroterra non sia così insediato: in realtà lo è molto se lo confrontiamo col periodo in cui sono state costruite le dighe che esistono ancora oggi. In Liguria ne abbiamo alcune tra le più vecchie d’Italia, oltre 100 anni, costruite nei luoghi più adatti per potenziale accumulo, caratteristiche geologiche e geotecniche. I punti migliori, insomma, sono stati già sfruttati. Rimangono zone che però avrebbero difficoltà notevoli”.

Lago Val Noci mezzo vuoto 2 luglio 2022

“Dobbiamo inoltre considerare l’impatto ambientale di queste opere – aggiunge Paolo Airaldi, presidente dell’Ordine dei geologi della Liguria – che con il loro apporto di umidità devono essere considerate clima-alteranti. Dove arriva un lago, il microclima cambia per sempre. Questa cosa non deve essere sottovalutata. Tenendo conto poi delle dimensione di un potenziale cantiere del genere, costruire invasi ex novo richiederebbe tanto tempo, un tempo non congruo rispetto all’emergenza idrica di questi mesi. Costruire nuovi invasi artificiali deve essere considerata una extrema ratio”

Dove si potrebbero costruire?

“La questione è molto complessa – osserva Paolo Airaldi -. Il primo requisito è quello di trovare corsi d’acqua consistenti e che abbiamo una portata d’acqua più o meno costante tutto l’anno. Dobbiamo guardare ai versanti padani del nostro Appennino, ma non tutte le vallate hanno gli spazi giusti per opere del genere. Poi bisogno considerare la costruzione della rete idrica che porti l’acqua dove serve. E nella nostra regione le vere necessità sono a ponente, la cui scarsità idrica è un problema decennale. Il Roja è già stato ‘imbrigliato’ nelle dighe francesi, si potrebbe guardare al bacino del Centa. O al massimo a quello dello Stura“.

“Bisognerebbe anzitutto ragionare sul volume che si vorrebbe invasare – prosegue Paliaga – Teniamo conto che laghi come Gorzente, Busalletta, Val Noci hanno una capienza intorno ai 4 milioni di metri cubi, il Brugneto circa 20 milioni. Pensare a invasi di queste dimensioni sul nostro territorio è faticoso. Tempo fa si ragionava su interventi di mitigazione di rischio idrogeologico attraverso dighe di laminazione che servono per ridurre la portata di torrenti in caso di piogge intense. Ma anche per quelle non abbiamo spazio. Una diga comporta uno sconvolgimento pesante del territorio che, mentre 100 o 50 anni fa era più facile da far accettare, oggi sarebbe piuttosto difficile”.

Siccità Brugneto

Ma quanto costerebbe costruire un nuovo invaso di quelle dimensioni?

“Faccio solo questo esempio: una delle tre dighe del Gorzente è stata svuotata nel 2006 dopo un danneggiamento. Dal 2008 ad oggi non si è ancora riusciti a metterla in sesto – osserva Paliaga – I lavori sono molto importanti e hanno un costo intorno ai 35 milioni. Una diga nuova potrebbe costare almeno tre o quattro volte tanto. A parte i costi, poi, ci metteremmo una decina di anni a farle. Non risolverebbero il problema oggi, forse lo risolverebbero tra vent’anni. Se poi si passa a impianti di taglia minore, nell’ordine di 200mila metri cubi, non so quanto sia conveniente il rapporto costi-benefici. Ci vogliono soluzioni più immediate”.

Ad esempio?

“La nostra regione è composta da una miriade di centri urbani di piccole dimensioni che da sempre fanno affidamento a pozzi e falde sotterranee – sottolinea Airaldi – Un intervento più a breve termine potrebbe essere potenziare la rete dei pozzi dove c’è maggiore esigenza. Ma anche in questo caso la questione è molto delicata perché lo sfruttamento delle falde non è cosa neutra per l’ambiente. In territori così vicini al mare come in Liguria bisogna sempre evitare l’avanzamento del cuneo salino: se la falda è prossima alla costa e i livello scende sotto quello del mare, è probabile che piano piano l’acqua di mare arrivi alla falda, compromettendola per sempre. Cercando la soluzione si creerebbe ancora più danno”.

“C’è da chiedersi piuttosto che uso facciamo dell’acqua, se è corretto, se c’è spreco – aggiunge Paliaga -. Se penso al contesto genovese, con la riduzione della popolazione e dell’attività industriale, il consumo nel tempo è diminuito e non aumentato. In Liguria, però, soffriamo di un problema che è la stagionalità delle presenze nelle zone turistiche in cui gli abitanti in estate si quadruplicano e quintuplicano, per giunta nel periodo con meno disponibilità di acqua. Bisogna fare in modo che i consumi siano orientati a un minore spreco. E quindi investire nella manutenzione degli acquedotti già esistenti come prima cosa”.

Lago Val Noci mezzo vuoto 2 luglio 2022

Però anche Genova soffre…

“Al di là degli aspetti climatici, le difficoltà che avremo in questo periodo sono legate proprio al fatto che una delle tre dighe del Gorzente è fuori uso, anche se in fase di manutenzione – osserva Paliaga – Quel sistema dà da bere a 250mila abitanti e la mancata funzione di un invaso, in realtà, pesa per più di un terzo, per come è studiato il sistema. Sono dighe molto antiche, veri gioielli per come sono state realizzate, e sono state costruite nel posto migliore che si poteva pensare. Per questo dico che è fondamentale ridurre le perdite”.

Come si può fare?

“Siamo abituati a fare un uso improprio dell’acqua potabile, basti pensare che la buttiamo regolarmente nel wc – sottolinea Paliaga – Una rete duale sarebbe molto complessa, irrealizzabile oggi per i costi troppo elevati, ma prima o poi dovremo riflettere su questo aspetto. Un altro tema riguarda le acque di depurazione: il sistema ne produce una quantità enorme, un depuratore ne scarica mediamente 200 metri al secondo, scaricati a mare a 50 metri di profondità. A Genova ce ne sono sei”.

“È calcolato che ogni giorno vengono immessi nella rete delle acque nere tra i 150 e i 250 litri d’acqua al giorno a testa per ogni ligure – osserva Airaldi – una quantità d’acqua notevole che potrebbe essere riutilizzata per usi non potabili una volta depurata. Ma anche qua bisogna fare i conti con i costi di creare una rete capace di gestire queste quantità, sia per quanto riguarda il trasporto che lo stoccaggio eventuale. Probabilmente questa sarebbe un’opera più prioritaria rispetto a costruire nuovi invasi, anche perchè se continua a piovere poco, i laghi continueranno a rimanere mezzi vuoti. Nuovi o vecchi che siano”.

Il sindaco Marco Bucci ha più volte rilanciato l’idea di costruire desalinizzatori, per produrre acqua utilizzabile per agricoltura e industria. È una soluzione?

“Ho lavorato su problemi di risorse idriche in Oman, una zona desertica: lì il primo concetto è non sprecare, dopodiché la seconda soluzione sono i desalinizzatori – risponde Paliaga -. Ma loro possono permetterseli perché hanno energia a basso costo. Quegli impianti sono il modo più costoso che esista di produrre acqua, non la vedo come una soluzione percorribile. Tecnicamente è realizzabile, ma costa troppo in termini energetici e non è conveniente”.

Non credo possa essere una soluzione di breve termine, e anche qui sarebbe da fare una seria analisi costi-benefici – conclude Airaldi -. Sono impianti altamente energivori, e per produrre energia in Italia si usa tanto l’idroelettrico, oggi in parte in crisi per la scarsità di precipitazioni. Un cane che si morde la coda, insomma. Si deve partire dagli sprechi, da un uso consapevole della risorsa e dal rispetto degli equilibri naturali”. E dalla speranza che quelle che vediamo all’orizzonte sia nuvole venute per dissetare noi e la nostra terra.

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