Genova. Tensione in aula questa mattina nel processo davanti alla corte d’assise per il femminicidio di San Biagio. I parenti di Sebastiano Cannella, l’operaio accusato di avere ucciso a luglio la moglie Marzia Bettino da cui si stava separando, hanno cominciato a inveire contro il figlio più piccolo della coppia, assistito insieme al fratello dall’avvocato Francesco Del Deo. I due ragazzi si sono costituiti parte civile contro il padre. A calmare gli animi sono stati i legali e poi i carabinieri fuori dal tribunale.
Oggi ha parlato il consulente del pubblico ministero Federico Panichi che ha descritto Cannella come una persona con un disturbo paranoide narcisistico ma capace di stare in giudizio. Dopo il perito è stato sentito l’operaio, 58 anni, che ha ripercorso quanto successo quel giorno.
In aula ha detto che quello “era un periodo in cui attraversava una forte depressione per la perdita della madre e la separazione. Nessuno mi dava aiuto. Quel giorno abbiamo litigato poi abbiamo avuto un rapporto sessuale e lei mi ha rimproverato ancora. Allora sono uscito a prendere una boccata d’aria poi ho avuto un black out e mi sono ripreso ma mia moglie era a terra”.
Sul perché abbia preso una corda, rispondendo a una domanda dell’avvocato Del Deo Cannella ha risposto: “Perché volevo fare stare zitta mia moglie“.
A Cannella il pubblico ministero, che ha coordinato le indagini dei carabinieri, ha contestato la premeditazione perché la corda usata aveva un nodo scorsoio. Una ricostruzione contestata dal legale dell’uomo, l’avvocato Fabio Strata.
Il pm aveva fatto eseguire una consulenza psichiatrica da cui è emerso che l’operaio è capace di intendere e volere. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, l’uomo ha ucciso la moglie in una dependance di pertinenza della loro villetta usando una corda. Poi si è allontanato e a iniziato a vagare per la Valpolcevera per poi chiamare i carabinieri dalla stazione di Pontedecimo e confessare al telefono l’omicidio. Cannella secondo l’accusa non avrebbe accettato la separazione e anche di dovere lasciare la casa di proprietà della moglie che aveva contribuito a ristrutturare.