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Ecco il nuovo piano sociosanitario: addio nascite all’Evangelico, “matrimonio” San Martino-Villa Scassi

Approvata la prima bozza in giunta, ora il passaggio al ministero e l'approvazione in Consiglio. Ma il nodo cruciale è la carenza di personale, Toti: "Deve intervenire il Governo"

neonato parto punta nascita

Genova. All’Evangelico di Voltri non nasceranno più bambini, mentre l’ospedale Villa Scassi lavorerà a braccetto con gli specialisti del San Martino, anche se viene assicurato che “non ci sarà nessuna fusione”. Il tutto in attesa dell’operazione Erzelli che provocherà una nuova rivoluzione sul Ponente genovese. Sono le conferme contenute nella bozza del piano sociosanitario 2023-2025 approvato oggi dalla giunta della Regione Liguria. Il documento verrà inviato al ministero della Salute, al quale sono già state chieste una cinquantina di deroghe, quindi partirà il confronto a livello locale e infine si passerà dal Consiglio regionale per l’approvazione definitiva.

“Un primo step formale importante”, lo definisce il presidente ligure Giovanni Toti: “Aspetteremo le deroghe, sia a livello nazionale che regionale, per le autorizzazioni. L’assessore alla Sanità Gratarola aprirà quindi la fase di confronto in tutta la Liguria con i sindaci dei distretti sociosanitari, Federsanità e con tutti gli stakeholder per ascoltarli, illustrare i dettagli e recepire suggerimenti e osservazioni da portare in Consiglio regionale. Si tratta di un iter complesso, in cui si inseriscono anche il Pnrr, con le case di comunità, gli ospedali di comunità e le centrali operative territoriali e il piano di edilizia ospedaliera pubblica finanziata anche da Inail. L’obiettivo condiviso è quello di offrire ai liguri una sanità più efficace, garantendo ai pazienti una migliore assistenza, da un lato con prestazioni più vicine a casa per quanto riguarda la bassa complessità e dall’altro con cure specialistiche per le patologie complesse nei centri ospedalieri maggiormente all’avanguardia anche dal punto di vista della ricerca scientifica, in una logica di hub e spoke, facendo tesoro dell’esperienza, anche molto dolorosa, della pandemia”.

Il nodo cruciale resta però la carenza di personale che rischia di tagliare le gambe anche alle case di comunità previste dal Pnrr per dare una risposta al territorio e sgravare i pronto soccorso. “Sono preoccupato non tanto per l’aspetto economico, quanto per la possibilità di trovare chi prenderà questi stipendi – osserva l’assessore alla Sanità Angelo Gratarola -. Stanno iniziando a calare specialità che fino a qualche anno fa erano addirittura ipertrofiche, come ginecologi e pediatri”. Ed è anche per questo che alcune “integrazioni” tra strutture dovranno essere digerite: “In una fase storica come questa, in cui la carenza di personale è un problema nazionale, mettere a fattor comune alcune risorse significa garantire gli stessi livelli di cura con un numero minore di personale, visto che non lo troviamo“. E sul tema anche Toti avverte: “Tutti i piani delle Regioni  dovranno essere integrati da poderose riforme governative circa la possibilità di usare infermieri dall’estero, incentivare le vocazioni oggi molto scarse su alcune specialità. Ora tocca al Governo modificare l’assetto di sistema”.

Sui punti nascita, vengono confermate le anticipazioni lanciate a dicembre da Genova24: per i parti sarà mantenuto il Villa Scassi, mentre l’Evangelico di Voltri manterrà solo la ginecologia e la fecondazione in vitro. “Lo scopo non è risparmiare, non è questa la logica – ricorda Gratarola -. La programmazione dei punti nascita risponde a criteri di sicurezza stabiliti dal ministero: il target è mille parti all’anno e non bisogna scendere sotto i 500. Il Villa Scassi è un Dea di primo livello, quindi ha strutture più adeguate rispetto a Voltri”. Sulla Asl 3 gli altri nascita saranno il Galliera, il San Martino (che ha valenza regionale per le gravi patologie materne) e il Gaslini (che ha valenza regionale per le gravi patologie fetali o neonatali).

Altra novità per Genova sarà la “integrazione funzionale del polo ospedaliero di Villa Scassi con l’Ircss San Martino“. Il modello, già adottato per il Gaslini, sarà quello del “San Martino diffuso”. A spiegarlo è ancora Gratarola: “Facciamo l’esempio della chirurgia toracica, presente al Villa Scassi, al San Martino e anche a Pietra Ligure. Secondo il Dm 70 non potremmo averne più di 1,5 quindi 2 sarebbero già troppi. L’unico modo, se vogliamo mantenere attività che hanno dimostrato di avere una certa importanza, è una sinergia funzionale tra i due elementi, col San Martino che funziona da hub e ha satelliti in giro per la regione“. Integrazione che viene indicata come “propedeutica al percorso di transizione verso il nuovo ospedale polo tecnologico computazionale Erzelli. Altre collaborazioni sorgeranno tra il Villa Scassi e l’ospedale Micone di Sestri Ponente, entrambi sotto la gestione della Asl 3.

Nulla cambia per l’organizzazione dei pronto soccorso. A Genova ci saranno due Dea di secondo livello (San Martino e Gaslini), due Dea di primo livello (Galliera e Villa Scassi) e un pronto soccorso (l’Evangelico). A Lavagna rimane un Dea di primo livello. In aggiunta rimarranno i punti di primo intervento al Gallino di Pontedecimo e al Micone di Sestri Ponente.

A toccare il Tigullio sarà soprattutto il riordino delle centrali operative del 112-118, che attualmente sono cinque (una per Asl) e passeranno a tre: una a Genova (esistente al San Martino), una a Ponente e una a Levante, con sedi ancora da definire. “La Spezia non è adatta per accogliere la centrale di Lavagna e viceversa, saranno i due direttori generali delle Asl a trovare la collocazione migliore“, precisa Gratarola.

Gli ospedali di comunità saranno strutture sanitaria intermedia della rete territoriale, a gestione prevalentemente infermieristica con presenza di un medico almeno 4,5 ore al giorno (6 giorni su 7) e a ricovero breve che si colloca tra l’ospedale e la dimensione domestica. Prevede interventi sanitari a bassa intensità clinica ed è rivolta a pazienti con deficit funzionali e/o cronici stabili dal punto di vista clinico provenienti dall’ospedale, dalle strutture residenziali sociosanitarie o dal domicilio. In Italia ne sono previsti 400, in Liguria 11.

Ci saranno poi 32 case della comunità, di cui 30 finanziate dal Pnrr, strutture dotate di équipe multi-professionali composte da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, infermieri di comunità e altri professionisti della salute. Al loro ono previsti servizi polispecialistici, diagnostici, punto Cup, prelievi, vaccinazioni, screening.

Il piano definisce inoltre 16 centrali operative territoriali, servizi che facilitano l’attivazione dell’assistenza e la continuità della presa in carico attraverso una piattaforma informatica comune ed integrata con i principali applicativi di gestione aziendale e di interconnessione con tutti gli enti/strutture del territorio.

È prevista l’attivazione del numero unico 116117 per le cure mediche non urgenti. Si tratta di un servizio telefonico gratuito alla popolazione, attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale. L’obiettivo è mettere in contatto l’utente con un operatore competente oppure con un medico per assicurare assistenza o consulenza sanitaria. Saranno attivate sul territorio regionale le ambulanze con infermiere a bordo (mezzi di soccorso avanzato di base, in gergo India), coordinate dal medico di centrale o dal medico dell’automedica con copertura 12h e festivi. Tali ambulanze potranno garantire un’attività assistenziale più capillare sul territorio ligure caratterizzato da una particolare orografia, attraverso un coordinamento dei soccorsi sul luogo dell’evento, l’attribuzione del triage con attribuzione del codice colore, e stabilendo la destinazione dell’eventuale trasporto del paziente. Nel definire il codice colore, l’infermiere non formula alcuna diagnosi, ma stabilisce la priorità dell’assistenza per assicurare la più tempestiva e corretta presa in carico.

“Il piano prevede alcune grandi trasformazioni: innanzitutto la rivoluzione della vision del territorio e della sua mission, con una completa riorganizzazione dell’offerta – dichiara il direttore generale di Alisa Filippo Ansaldi -. Per quanto riguarda il rapporto con il cittadino, si passa da una offerta basata su diagnosi e cura a una presa in carico globale di tutti i bisogni sociali, sociosanitari e sanitari. È prevista la semplificazione degli accessi alle cure e ai servizi, con punti unici di accesso a livello della rete di prossimità, che rappresenta il cardine della rivoluzione del territorio e il suo principale strumento. L’obiettivo è quello di garantire un percorso omogeneo e il migliore possibile per il cittadino stesso. Gli strumenti organizzativi in campo sono il distretto e la rete di prossimità (case di comunità, ospedali di comunità, centrali operative territoriali, il coinvolgimento dei medici di medicina generale). Tutto questo avverrà con una innovazione del sistema informativo, per garantire una definizione real-time dei bisogni dei cittadini e assicurare una pronta risposta. Alcuni di questi sistemi di monitoraggio sono già attivi, come quello legato all’emergenza-urgenza. C’è poi tutta la parte legata ai nuovi ospedali: tre nuovi ospedali pubblici: a levante, a ponente e in area metropolitana genovese. C’è una ridefinizione dell’offerta: la costruzione dei nuovi ospedali garantirà maggiore efficacia, più efficienza e il rispetto completo degli standard prevista dal Dm 70”.

“La grande scommessa del sistema, che con la Regione coinvolge tutte le figure sanitarie, è dunque quella di fare economie di scala – riassume Gratarola – ovvero generare sinergie tra le strutture attraverso i dipartimenti interaziendali, perseguire politiche di appropriatezza delle prestazioni, favorire nell’ambito della medicina territoriale le aggregazioni funzionali. Risulta così ancor più necessario l’impiego della telemedicina attraverso tecnologie ormai consolidate in grado di fornire dati e parametri sufficienti a poter garantire al curante una valutazione anche a distanza. Da tempo si parla di integrazione ospedale-territorio, questa è l’occasione unica per mettere definitivamente a terra questo legame garantendo da un lato le necessità del cittadino nelle malattie croniche e dall’altro la missione degli ospedali per il trattamento delle forme acute per le grandi patologie”.

L’iter. Il piano passa ora al vaglio del ministero della Salute che ha 30 giorni di tempo per formulare la propria valutazione. Successivamente il Piano tornerà per una nuova approvazione in Giunta per poi passare alla discussione del Consiglio Regionale previa trattazione nella commissione competente. Nel frattempo l’assessore alla Sanità sarà a disposizione per presentare il piano in sede di Conferenza dei Sindaci in ogni Asl, affiancando il contributo dell’assessorato alla concertazione e alla cooperazione tra l’azienda sanitaria locale, gli enti locali e le organizzazioni sindacali. In quella sede saranno trattate le tematiche sanitarie che coinvolgono Comuni e Aziende sanitarie locali con particolare attenzione alle peculiarità ed esigenze dei territori.

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