Genova. È una lenta agonia quella del Superbonus 110%, la misura pensata dal governo Conte per incentivare la ristrutturazione e l’efficientamento energetico degli immobili. I dati pubblicati dall’Enea nel report mensile testimoniano una forte riduzione dei nuovi cantieri in Liguria dall’inizio del 2023. Una situazione di stallo che si aggrava di mese in mese, con le imprese in crisi di liquidità perché non riescono più a cedere i loro crediti d’imposta alle banche e agli istituti di credito. E che rischia di ripercuotersi seriamente sui posti di lavoro in un settore che (non a caso) ha trainato l’occupazione in tutto il 2022.
A gennaio le nuove asseverazioni in Liguria sono state 238, contro una media mensile di oltre 321 registrata nel corso dell’anno precedente. Rispetto a dicembre (ultimo mese utile per avvalersi della detrazione al 110%, passata poi al 90% per i condomini) il calo è stato del 45%. Ed è lecito aspettarsi che a febbraio, in assenza di interventi decisivi, si possa arrivare al blocco pressoché totale delle pratiche, complice il fatto che le banche ad oggi svalutano i crediti d’imposta del 28% (li pagano cioè all’82% del valore di credito anziché al 110%).
“Le domande ormai sono poche, molti cittadini rinunciano e si trovano poche imprese disponibili. La nostra paura è che, finiti i lavori in corso, nei prossimi mesi tanti lavoratori vadano a casa – spiega Andrea Tafaria, segretario generale della Filca Cisl Liguria -. L’impatto del Superbonus è stato notevole, basti pensare che nel 2022 la massa salari della Cassa edile regionale ha superato i livelli del 2008, cioè prima della crisi economica. Ora abbiamo circa 13mila lavoratori iscritti. È impossibile sapere con precisione quanti rischiano il posto, ma temiamo che possano essere qualche migliaio”.
Secondo un dossier del Centro studi Unimpresa, lo stallo sta tenendo incagliati circa 15 miliardi di euro bloccando 90mila cantieri in tutta Italia. A rischio fallimento ci sarebbero 25mila aziende con la conseguente perdita di 130mila posti di lavoro. Questo numero, tradotto in proporzione sulla Liguria, significherebbe circa 2.500 lavoratori a rischio. Anche nella nostra regione l’effetto benefico sull’economia è testimoniato dai numeri: ancora secondo il report Enea, gli investimenti totali indotti dal Superbonus hanno superato i 991 milioni di euro (oltre un miliardo di detrazioni) con il 68,9% di lavori già realizzati.
“Per la maggior parte si tratta di aziende già esistenti che hanno assunto maestranze apposta per i cantieri di efficientamento energetico – riprende Tafaria -. Finora non registriamo né procedure di cassa integrazione né licenziamenti, le imprese stanno pagando gli stipendi e versano regolarmente alla Cassa edile, ma se il Superbonus non dovesse andare avanti prevediamo contraccolpi importanti. A quel punto dovremo essere pronti con corsi di formazione specifici della scuola edile per riconvertire questi lavoratori e impiegarli nelle grandi infrastrutture come la Gronda”.
A generare l’impasse sono state anzitutto le norme introdotte dal governo Draghi per scoraggiare le truffe, che hanno avuto l’effetto collaterale di congelare l’acquisizione dei crediti da parte degli intermediari finanziari. Ma anche le stime errate sul “giro d’affari” complessivo dei bonus per l’edilizia (che ha raggiunto i 110 miliardi contro i 72 miliardi previsti), la saturazione della capienza fiscale delle banche, l’innalzamento dei tassi d’interesse e i costi indiretti della burocrazia. Una tempesta perfetta dalle conseguenze potenzialmente nefaste.
“La situazione è critica perché continuiamo a riscontrare difficoltà nella cessione – conferma dal lato delle imprese Giulio Musso, presidente di Ance Genova -. Per quanto ci riguarda non stiamo più prendendo commesse. E tutte le aziende che hanno problemi di liquidità non sono in condizione di prendere ulteriori impegni fino a quando non si sbloccherà la situazione. Tutto ci saremmo immaginati all’inizio tranne che di non riuscire a incassare i crediti. Era un’operazione che avrebbe dovuto funzionare, ma con tutti i cambi di regole che ci sono stati è andata all’opposto”.
La speranza di sindacati e imprenditori è che le Regioni assumano un ruolo risolutivo. Gli enti, con le loro società finanziarie, potrebbero acquistare i crediti bloccati, dalle banche o direttamente dalle aziende, e usarli in compensazione nei confronti dello Stato. In questo modo il meccanismo si rimetterebbe in modo dando nuovo ossigeno al settore edile e ai proprietari (che, tra l’altro, vedono incombere la contestatissima direttiva europea sulle case green).
Fonti interne alla giunta Toti confermano che anche la Liguria è orientata a muoversi in questa direzione. Nei giorni scorsi il Movimento 5 Stelle ha presentato una proposta di legge che prevede l’acquisto di crediti da parte della Regione o dei suoi enti strumentali, “compreso l’intero comparto sanitario, per un loro utilizzo diretto in compensazione”. La copertura finanziaria necessaria è stata individuata in 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 a valore sulle risorse del Fondo strategico regionale. La questione è al vaglio degli uffici del Bilancio (materia rimasta sotto la gestione diretta del presidente Giovanni Toti) ed è probabile che la giunta presenti un proprio testo nelle prossime settimane, come stanno facendo altre amministrazioni regionali su spinta delle associazioni di categoria.
“Dobbiamo ancora valutare modalità e importi, ma l’interlocuzione con la Regione è in corso – commenta Musso di Ance Genova -. Il messaggio è stato recepito, credo ci sia consapevolezza delle nostre difficoltà. Contiamo che l’ente possa comprare i crediti direttamente da noi, visto che le banche sono quelle che rischiano meno”. Il tessuto imprenditoriale per ora tiene, “ma questa situazione non può protrarsi, altrimenti andremo incontro davvero a un ridimensionamento importante. Senza liquidità non si riescono a pagare né gli stipendi né i fornitori”.