Le indagini

Omicidio Nada Cella, la perizia trova “dna femminile” ma i reperti sono insufficienti

Ora la procura dovrà decidere se gli elementi raccolti sono sufficienti a sostenere un processo

nada cella

Genova. Dopo oltre un anno dall’incarico il genetista Emiliano Giardina, analizzando lo scarso dna su cui ha potuto lavorare ha rilevato che si tratta di dna femminile ma i reperti non sarebbero sufficienti per attribuirlo con certezza a qualcuno.

E’ questo, in sintesi, quanto emerso dalla consulenza sul cold case di Nada Cella, la segretaria massacrata nel maggio 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco dove lavorava. Un risultato che era già emerso nel 2010 quando il caso venne riaperto e venne rilevato un reperto da cui venne estratto il Dna.

Il lavoro di allora ha però degradato i campioni rendendo difficile il confronto. Non è escluso che gli investigatori possano chiedere altri approfondimenti al genetista, anche se lo stesso aveva ammesso di “aver fatto tutto il possibile”. La procura dovrà adesso decidere come procedere. Due le possibilità: chiedere l’archiviazione del caso o il rinvio a giudizio di Annalucia Cecere (difesa dall’avvocato Giovanni Roffo) sulla quale si sono concentrate le indagini due anni fa dopo la riapertura del caso. Ciò è avvenuto su input della mamma di Nada, Silvana Smaniotto assistita dal legale Sabrina Franzone e dalla criminologa Antonella Pesce Delfino che aveva riletto tutte le carte delle indagini e aveva trovato nuovi spunti.

Secondo la criminologa a uccidere la segretaria era stata Annalucia Cecere, ex insegnante che oggi ha 54 anni e da tempo si è trasferita in provincia di Cuneo, per gelosia: lei era innamorata di Soracco, voleva prendere il posto di Nada nello studio del professionista.

Cecere era già stata indagata subito dopo il delitto: in casa sua erano stati trovati cinque bottoni simili a quello trovato sotto il corpo di Nada.

Una testimone l’aveva vista andare via con il suo motorino la mattina del delitto dalla strada dell’ufficio di Soracco. La procura all’epoca aveva archiviato la sua posizione dopo due settimane.

Adesso in procura si susseguiranno una serie di riunioni per capire se gli elementi raccolti, anche in base alla riforma Cartabia, siano sufficienti oppure no per sostenere un processo. Oltre alla perizia ci sono infatti una serie di elementi raccolti in questi mesi dalla squadra mobile. Dopo la riapertura, il sostituto procuratore Gabriella Dotto, insieme agli investigatori della squadra mobile, ha interrogato diverse persone che all’epoca potevano sapere e riascoltato vecchie registrazioni. Oltre alla Cecere, con la riapertura del caso, erano stati indagati anche Soracco e sua madre per false dichiarazioni al pubblico ministero.

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