Il processo

L’allievo di Morandi: “Nel 1992 dissi che anche la pila 9 andava rinforzata ma l’intervento era costoso e venni allontanato dal progetto”

L'ingegner Codacci Pisanelli, che partecipò ai lavori sulla pila 11, lo aveva scritto dopo il crollo e lo ha ribadito in uno scambio di mail con il perito di parte civile. Ora probabilmente sarà sentito come testimone

Emanuele codacci pisanelli

Genova. “Questo è il ponte sul Polcevera qualche mese fa. Si vede bene l’intervento con 12 + 12 cavi sul primo sistema strallato ed il nulla del nulla sugli altri. Ero l’ultimo e più giovane tra gli ingegneri che partecipò a quell’intervento ma ci dissero che era troppo invasivo e costoso, che il possibile crollo del Ponte era una favoletta e fummo sostituiti da chi con avanzati impianti di monitoraggio avrebbe saputo prevedere ogni minimo batter di ciglia”. Lo ha scritto il 22 agosto 2018, sulla sua pagina Facebook, mostrando un video del viadotto prima del crollo Emanuele Codacci Pisanelli, ingegnere e allievo di Riccardo Morandi, che da allora ha progettato ponti in mezzo mondo. Pisanelli negli anni Novanta fece parte del gruppo che progettò il rinforzo della pila 11 del ponte Morandi, oggi considerato dai periti e dai consulenti della procura come intervento che sarebbe stato indispensabile realizzare anche sulla pila 9 quella crollata visto che era il solo modo certo per sopperire alla corrosione dei cavi d’acciaio immersi nel calcestruzzo che già dieci anni dopo la realizzazione del ponte aveva mostrato le prime crepe, creando infiltrazioni all’interno dei tiranti.

Quel rinforzo, questo è il parere quasi unanime (tanto che era anche quello poi previsto dal progetto di retrofitting che non venne realizzato in tempo) era l’unico modo per impedire il crollo del ponte.

“Io dissi al Presidente dell’Ordine degli Architetti di Genova che all’intervento credevo profondamente, che ero stato allontanato e che a mio parere il ponte in quelle condizioni non avrebbe superato i dieci anni” scrive in quello stesso post scusandosi “per ciò che non son riuscito a fare e per non essere riuscito a convincere, altri tecnici tuttavia hanno affermato il contrario ed a loro è stato dato il comando. Mi dispiace tanto per chi ha perso la vita, per i congiunti, per i feriti, per gli sfollati e tutti quelli che hanno danni da questo tragico evento”.

Affermazioni che Codacci Pisanelli ha ribadito un anno e mezzo dopo, in uno scambio di mail con il perito di parte civile Paolo Rugarli, sentito ieri e oggi nell’ambito del processo per il crollo. Rugarli ha spiegato ai giudici che aveva contattato Codacci-Pisanelli in quanto collega e allievo di Morandi per uno scambio tecnico sul progetto e non solo dopo aver letto alcuni post pubblicati dall’ingegnere relativi alla costruzione del ponte Morandi.

E nello scambio di mail che è stato depositato agli atti del processo Pisanelli farebbe proprio i nomi di Michele Donferri Mitelli e dell’ingegner Camomilla (entrambi imputati per il crollo) come coloro che affermarono che non c’era necessità di intervenire sulla pila 9 in quanto le indagini riflettometriche non avevano segnalato particolari problemi.

Proprio lo scambio di mail tra Rugarli e Codacci Pisanelli e la richiesta della procura di sentire come teste quest’ultimo è stato oggi al centro di uno scontro a suon di eccezioni tra la Procura e le difese dei 58 imputati. Domani il tribunale deciderà in merito mentre in aula cominceranno a sfilare gli investigatori della guardia di finanza che hanno svolto le indagini ed eseguito i sequestri delle centinaia di migliaia di documenti che hanno portato all’attuale processo.

Fra l’altro in un altro post del 22 novembre 2019 Codacci- Pisanelli, spiegando le indagini che avevano preceduto i lavori sulla Pila 11 aveva spiegato che aveva scoperto che nella pila 11 non erano presenti i tubi di sfiato: “Per poter effettuare le iniezioni occorre aver predisposto i tubi di sfiato. […] Per la pila 11 del Polcevera, che nel 1992 ho a lungo percorso con il carrello della Comes, non ne ho rilevato traccia. I trefoli del resto, di cui allego qualche foto, dimostravano di non avere mai visto alcuna iniezione” afferma.

E si domanda: “Gli stralli della pila 9 e della pila 10 avevano i tubi di sfiato? Ed erano stati iniettati? Alla prima domanda non saprei rispondere; chissà se nessuno mai li ha cercati. Alla seconda daranno risposta i periti, e sarebbe forse utile riferissero qualcosa anche sulla eventuale presenza dei tubi di sfiato. Con i sofisticati mezzi elettronici di indagine utilizzati per la analisi degli stralli della 9 e della 10, gli ingegneri ed i tecnici incaricati hanno indicato che i cavi erano sempre iniettati anche se con intasamento a livelli variabili: mai totale e mai nullo.
Però mi domando: Come mai per la 11 il costruttore non ha neanche predisposto la iniezione, mentre per la 9 e la 10 la iniezione è sempre stata eseguita su tutti i cavi, anche se con livelli di intasamento variabili? Sarà vero?”

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