Genova ha le carte in regola per arrivare in tempo all’appuntamento con la rivoluzione elettrica della mobilità su gomma. Ne è convinto Enrico Musso, professore ordinario di economia dei trasporti all’Università di Genova e consulente del Comune in materia di mobilità sostenibile. A porre una pietra miliare è stato il Parlamento europeo con la decisione – contestata dal Governo italiano – di bloccare la produzione di auto con motori termici dal 2035. E il capoluogo ligure, nonostante le complessità orografiche e infrastrutturali, non potrà farsi trovare impreparato.
Professore, secondo lei con questo provvedimento si va nella direzione giusta?
Ho diverse perplessità sia sull’utilità di una scelta così radicale: il motore elettrico è una tecnologia non ancora perfetta e tra dieci anni potrebbe essere superata a favore dell’ idrogeno, ma è discutibile anche per motivi di politica industriale. L’industria automobilista europea non sta certo al passo con quella cinese.
A che punto è Genova nella transizione all’elettrico?
Il Pums approvato nel 2019 dà già due grandi indicazioni in questo senso: la prima è la completa elettrificazione dei mezzi pubblici, prevista nel 2025. Quando l’abbiamo inserita nel piano ci prendevano in giro, oggi non dico che nel 2025 avremo solo mezzi elettrici, però stiamo procedendo piuttosto bene, se non è il 2025 sarà il 2026. L’altro filone che il Pums individua con grande chiarezza è incentivare la mobilità elettrica privata, principalmente con infrastrutture di ricarica e adeguate incentivazioni. Qui la strada è più complicata. Il grosso che può fare l’amministrazione è sulle infrastrutture, e non mi sembra un’impresa impossibile.
Secondo l’ultimo rapporto di Motus-E, le infrastrutture per la ricarica a uso pubblico sono in crescita in Italia e in relazione al parco auto circolante battiamo Francia, Germania e Regno Unito. La città metropolitana di Genova non risulta tra le prime, ma nemmeno tra le ultime. Come ci stiamo muovendo?
Ad oggi abbiamo circa 500 colonnine in città (anche se molto spesso regna il Far West, ndr) e di sicuro avranno un’accelerazione. Nell’arco di 12 anni credo che una rete di infrastrutture di ricarica capillare si possa e si debba realizzare.
Dunque crede che faremo in tempo, anche considerando le difficoltà legate alla nostra struttura urbana collinare?
Sono largamente ottimista dal punto di vista tecnico: non solo potremmo arrivare in tempo, ma anche in largo anticipo, e direi lo stesso se la scadenza fosse il 2030. Sono meno ottimista dal punto di vista dei tempi della politica. Del resto siamo l’unico Paese europeo ad avere un decreto periodico chiamato Milleproroghe. Se iniziamo a lavorare da subito ce la facciamo, se staremo fermi per i prossimi 11 anni è chiaro che avremo difficoltà.
A parte la transizione all’elettrico, l’obiettivo indicato dall’amministrazione è ridurre le auto in circolazione e spostare quote di mobilità sul trasporto pubblico. Pur sapendo che il tasso di motorizzazione è tra i più bassi d’Italia (48 auto ogni 100 abitanti, compensato però dal record italiano di motocicli), esiste un traguardo da raggiungere in termini numerici?
Per quanto riguarda la riduzione delle auto non ci sono obiettivi numerici, sarebbero più da marketing che da realtà. Il problema vero è che le auto non spariscono per caso, ma per esempio andando gradualmente verso l’eliminazione di parcheggi in centro e la realizzazione di un’alternativa efficace di trasporto pubblico. Su queste linee in parte ci si è già mossi, anche se non c’è ancora nulla di funzionante perché sono opere molto grosse e complicate: il prolungamento della metropolitana, lo Skymetro, i quattro assi di forza. Nel Pums prevediamo uno shift modale dal trasporto privato al trasporto pubblico intorno al 15% (ma l’aumento di utenza previsto nel documento approvato dalla Città metropolitana si attesta all’8,1%, ndr).
Il nuovo Pums in elaborazione prevede obiettivi più ambiziosi?
Il nostro contributo lo abbiamo consegnato diversi mesi fa, all’inizio dell’estate. Vedremo quali suggerimenti saranno recepiti dall’amministrazione. Di certo è meglio dare indicazioni sovrabbondanti.