Genova. Hanno rotto il giocattolo… Per più di un secolo, non erano state cambiate le regole basilari del gioco del calcio, poi chi sta dietro la scrivania, ha deciso di innovarle, a ritmo serrato, col risultato di mandare in confusione quel poveretto chiamato a dirimere le questioni dubbie.
Un’escalation di modifiche, con regolamenti cambiati, anche una volta all’anno, con la scusa di rendere il gioco più scorrevole, finché le pressioni televisive della famosa ‘moviola’, hanno portato alla introduzione del VAR.
Sembrava, all’inizio, la panacea di tutti i mali e così, in gran parte, è stato il primo anno, con un’applicazione ferrea, ad esempio, del fatto che un tocco di mano in area era rigore, in ogni caso, volontario o meno che fosse… Ma già dall’anno successivo, per non togliere potere alla classe arbitrale, si è concesso, all’uomo una volta ‘in nero’, di appellarsi – per giustificarsi – all’involontarietà del fallo, disquisendo sull’angolatura dell’apertura del braccio, colpito dalla palla, quasi a volergli fornire anche un goniometro, oltre che il fischietto.
Var, Avar, centrale operativa traslocata a Lissone… e così finisce che a ‘non decidere’ , dopo cinque minuti di esultanze in campo e sugli spalti, sono tre tizi ubicati dietro uno schermo, a centinaia di chilometri, da dove il fatto è avvenuto.
Sì, non abbiamo sbagliato a scrivere ‘non decidere’, perché per non intaccare la supremazia dell’arbitro, il trio lissonese si limita (almeno dovrebbe) a richiamarlo a rivedere l’azione al rallenty, lasciando poi a lui (circondato dai contendenti) l‘onere di stravolgere la decisione che aveva già preso, sovrastato tuttavia dalla sudditanza psicologica verso colui che lo ha richiamato al VAR.
Hanno davvero sgangherato il giocattolo! Vogliamo entrare nello specifico del goal annullato a Colley? Arbitro e segnalinee convalidano, i difensori empolesi protestano (come si fa di rito, a maggior ragione al 95°) appellandosi ad un fantomatico fuorigioco (parole di Vicario nel post partita, che ha affermato di avere avuto Audero davanti), da Lissone (dopo una vita di abbracci doriani) invitano Santoro (a Genova non verrà ricordato come Santo) ad andare a rivedere l’azione, perché forse c’è stato un tocco di braccio di Gabbiadini… Non gli dicono che Manolo è stato abbattuto da Luperto dentro l’area di rigore (lo stesso arbitro moviolista di Dazn ha affermato che Gabbiadini aveva tutto il diritto di frapporsi fra il difensore e la palla) e così sotto stress, per il pensiero di aver sbagliato (ogni errore evidenziato dal Var penalizza i punteggi arbitrali), Santoro si limita a guardare se Gabbiadini ha a toccato di mano e ad annullare la rete.
Punto uno, considerare fallo di mano, il tocco della palla di un giocatore che sta cadendo (oltre tutto per ‘colpa’ dell’avversario), lo si può fare solo se sono state messe in piedi delle regole arzigogolate che giustifichino tutto.
Punto due, se proprio in virtù di quanto sopra – vuoi assecondare chi ti ha richiamato al Var, guarda anche perché Gabbiadini è finito per terra e decreta il solare rigore.
Ma così non è stato e siatene certi, che ci sarà chi pontificherà che Gabbiadini non è andato a cercare la palla, ma il corpo di Luperto e la giostra continuerà.
Di sicuro l’arbitro messinese, Santoro, si è guadagnato di diritto un posto nella storia blucerchiata, salendo sul podio, assieme al triestino Bernardis (capace di non fischiare , nel 1996, un rigore contro la Lazio, nonostante che il portiere Roberto Gori si fosse letteralmente afferrato per bene – e con due mani – a caviglia e coscia della gamba sinistra di Ermanno Cristin), che in un match al’Olimpico, aprì le porte alla prima retrocessione in Serie B della Sampdoria e a Trentalange (che almeno a posteriori ebbe il coraggio di ammettere l’errore), reo di aver decretato un rigore fasullo, nel 1999, a Sakic, invertendo un fallo di Simutenkov e condannando il Doria alla retrocessione del ’99.
Non c’è due senza tre? Non credo che Stankovic sia d’accordo, farà sputare ‘sangue’ ai suoi ragazzi, prima di permettere questo…