I mancati interventi

Ponte Morandi, i periti: “Gli interventi sulle pile 11 e 10 dimostrano che i problemi di degrado erano noti ma i cavi primari della pila 9 non furono mai controllati”

Stamattina anche l'analisi del video della Ferrometal che chiarisce come il coil d'acciaio non fu concausa del crollo, dovuto al cedimento dello strallo della pila 9

Generico gennaio 2023

Genova. “Certamente sono stati sempre disponibili ed a conoscenza del gestore i dati sui rischi di degrado che i materiali costruttivi utilizzati potevano subire nel tempo sia derivanti dall’esperienza del gestore stesso, come dimostrato nell’intervento sulla Pila 11 e sulla Pila 10 dei primi anni 90 degradate proprio in seguito a processi corrosivi di detti cavi, sia dall’ampia letteratura scientifica e tecnica venutasi a creare negli anni anche in conseguenza di cedimenti e crolli di altre strutture, in primis ponti in cemento armato precompresso. in Italia e nel mondo, attribuibili proprio a tali fenomeni”. Lo hanno scritto e ribadito questa mattina in udienza i periti Giampaolo Rosati, Renzo Valentini e Massimo Losa in relazione alle cause del crollo del ponte Morandi.

Oggi doveva essere la giornata dedicata ai controesami delle difese (molti però si sono riservati, come concesso dal collegio, di richiamare i periti in aula in una fase successiva del processo), ma centrali e centrate sono state alcune domande poste in particolare dal presidente del collegio Paolo Lepri e dal relatore Baldini.

I periti hanno anche spiegato ai giudici come l’analisi del reperto 132 (l’attacco dello strallo lato mare lato Genova da cui si è originato il crollo) abbia mostrato come in quel punto in particolare c’era un difetto costruttivo (La guaina metallica protettiva dei cavi, a causa di un errore nella costruzione che aveva fatto cedere la rastrelliera che doveva tenere a posto i cavi, non era ben sigillata, tanto che era stata chiusa con materiali di fortuna come legno, iuta e cartone. Questi materiali a contatto con il calcestruzzo fessurato nel tempo anche a causa degli agenti atmosferici, avevano fatto infiltrare l’acqua fino ai trefoli) ma hanno anche chiarito come problemi di degrado dovuti a infiltrazione di acqua nel calcestruzzo che ha corroso via via i cavi metallici a causa della mancata iniezione riguardasse parecchi punti in particolare degli stralli di tutte le pile. E se fossero stati fatti i controlli quei problemi sarebbero stati visti e il ponte non sarebbe crollato.

Già nel 1981 il progettista Morandi segnalò tutti i problemi che avrebbero ammalorato il ponte e aveva elencato una lunga serie di rimedi che furono in buona parte ignorati. Tra questi “il completamento delle iniezioni nell’interno delle guaine dei tiranti, qualora queste risultino mancanti o comunque difettose”. Ma nonostante questo e nonostante l’ammarolamento rilevato sulla pila 11 (che portò ai lavori del 1993 con i nuovi tiranti esterni) e nella pila 10 (dove verranno successivamente inserite delle placche nella parte alta degli stralli) sulla pila 9 non venne fatto nulla a parte la copertura con il rivestimento dei i tiranti con vernice impermeabilizzante. Ma nessuno controllò mai lo stato dei cavi primari (quelli più interni deputati a sorreggere il sistema strallato) attraverso “scassi profondi” (cioè demolizioni localizzate) e l’utilizzo di strumenti endoscopici.

E’ stata un’udienza molto tecnica quella di stamattina ma alcune delle domande rispetto ai controlli e ai possibili interventi hanno messo in luce quanto già rilevato in perizia. Se è vero infatti, come è scritto nella perizia, che le cause profonde del crollo cominciano nelle carenze progettuali e soprattutto costruttive, i campanelli d’allarme c’erano tutti e, come i periti hanno scritto e ribadito questa mattina “i controlli e gli interventi manutentivi, se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento. La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato”.

Ai periti è stato chiesto, di ripercorrere tutti i momenti in cui alcune parti del viadotto e soprattutto i tre sistemi bilanciati sono stati controllati direttamente tramite “carotaggi” o altri sistemi di ispezione diretta a partire dai controlli degli anni 90 dove ci si accorse tramite una microdemolizione dell’antenna della pila 11 che c’era un ‘buco’ nell’armatura e si intervenne con i nuovi tiranti esterni. “Secondo noi quando è stato fatto il cantiere sulla pila 11 avrebbero dovuto fare i controlli anche sulla pila 9” ha detto Rosati.

Invece “Dopo il 1992 non risultano ispezioni fino al 2009, almeno di questa natura, con un po’ di scassi – ha spiegato ancora il perito – di 10-12 cm che avrebbero portato a scoprire i cavi secondari (quelli più esterni, che proteggono la struttura portante) ma non vengono fatti per tutti questi anni. Quando poi vengono fatti nel 2009-2012-2015 daranno esito di mancate iniezioni per alcuni cavi”.

Le risultanze dei controlli del 2009 seppur solo sui cavi secondari avevano confermato quelle già emerse negli anni 1992. “E’ chiaro che se nel 1992 trovo degrado in alcuni casi, poi dopo dopo 20 anni trovo altri cavi non iniettati. Sarebbe stata una questione di puro buon senso immaginare che il degrado sarebbe andato avanti e quantomeno sarebbe stato necessario fare degli scassi importanti, con carotaggi fino a 35 che per andare a vedere i cavi primari” ha detto Rosati.

Se ho tre pile identiche – ha ribadito il perito Massimo Losa – e se in una trovo un problema mi sorge il dubbio di verificare cosa succede nelle altre”.

Sulla pila 10 venne fatto con l’aggiunta di placche metalliche, un intervento certamente meno radicale di quello fatto per la pila 11 ma, come ha ricordato uno dei periti, la pila 10 nonostante lo scossone derivato dal crollo della 9 e dalla distacco dell’impalcato tampone era rimasta in piedi”. Chissà, sembra dire che se un intervento di quel tipo già sarebbe stato sufficiente a evitare il crollo.

Invece sulla pila 9, al contrario di quanto avverrà per la 10, nel 2012 e 2015 sono stati ispezionati “pochi cavi con scasso locali, sempre per vedere i cavi secondari e nella pila nove i cavi primari non furono mai controllati”.

Stamattina inoltre è stato sentito come teste il perito Stefano Tubaro, professore ordinario al Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti italiani per l’analisi ed elaborazione di immagini e video. Tubaro ha analizzato il video del crollo, quello ripreso dalla telecamera dell’azienda Ferrometal che ha confermato, “ciò che era stato ottenuto dall’analisi del modello del ponte per quanto riguarda il cinematismo della caduta, vale a dire che la prima parte della struttura a muoversi è lo strallo lato Genova lato mare” anche se, come ha spiegato il perito l’immagine non consente di vedere l’attacco nello strallo nella parte alta. Sempre l’analisi del video ha consentito di chiarire come il coil d’acciaio trasportato dal camion finito già dal viadotto – che in un primo momento era stato valutato come possibile concausa del crollo visto che alcuni sostenevano che fosse caduto dal mezzo pesante – è sempre rimasto sul camion finché questo non è precipitato.

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