Applausi

Die Fledermaus: l’operetta ha conquistato i genovesi, sorprende il “belin” del carceriere Frosh fotogallery

La recensione del titolo che ha rallegrato il pubblico dall'ultimo dell'anno

die fledermaus

Genova. Quando nel bel mezzo dell’operetta, cantata e recitata in tedesco, arriva il primo “belin“, subito non si crede alle proprie orecchie. Ma il personaggio di Frosch, interpretato da Udo Same, lo ripete in più occasioni a beneficio dei più duri d’orecchio, intervallato anche a qualche espressione in italiano, suscitando le risate del pubblico. Un fuori libretto molto apprezzato.

Stanno per concludersi le repliche di Die Fledermaus (Il pipistrello), al Teatro Carlo Felice di Genova e il pubblico continua ad assistere numeroso alle rappresentazioni (la nostra recensione si riferisce alla data serale del 10 gennaio).

Un’operetta ideale per le feste natalizie ricordando le melodie tipiche dei concerti di capodanno a Vienna. Non è un caso che l’autore sia Johann Strauss II e che i valzer che costellano l’esecuzione restino subito nelle orecchie.

La vendetta del Dr. Falke, costretto anni prima da Gabriel von Eisenstein ad attraversare la città con un costume da pipistrello, mette a nudo l’inconsistenza del matrimonio tra lo stesso e la moglie Rosalinde: entrambi sono propensi, con diversi atteggiamenti, al tradimento. Nel mezzo burle, scambi di persona, equivoci a non finire e, in questo nuovo allestimento della Fondazione Carlo Felice con quella del Teatro Comunale di Bologna, a ricorrere è un enorme struzzo: i due sposi alla fine faranno proprio come gli struzzi, ovvero finta di niente, mettendo la testa sotto la sabbia e salvando il matrimonio.

Coloratissimi i costumi di Luigi Perego (che cura anche le scene). I personaggi si muovono su un pavimento a scacchi. Negli abiti da gala prevalgono i motivi geometrici o tondeggianti, colori come il blu, il verde, il viola. Rossi natalizi gli abiti dei danzatori (formazione danza e spettacolo “For dance” ets) durante il gran ballo, con una coreografia (di Irina Kashkova) abile a gestire una sorta di spogliarello pezzo per pezzo per affrontare il valzer con costumi più adatti e tradizionali.

La regia è riuscita ad accentuare movenze e gesti per non far perdere il tempo comico dovuto alla lettura dei sovratitoli in italiano e ha riempito la scena giocando più sulle persone che sul mobilio. Bella l’idea dei “servi di scena” che illuminavano coi riflettori i personaggi a ogni ingresso e si sono occupati di abiti e stoviglie durante tutta la rappresentazione (delizioso il duetto con l’annoiato principe Orlofsky che continuava a rovesciare per terra lo champagne costantemente rabboccato).

Applausi per tutti i cantanti, con una menzione particolare per la Adele, cameriera che aspira a diventare attrice come Rosalinde, di Danae Kontora e per l’Eisenstein di Bo Skovhus. Valentina Nafornita è una Rosalinde perfetta anche nel physique du rôle.

L’ovazione più grande, però, è stata per Fabio Luisi: il grande direttore ha saputo dare brillantezza alle melodie più trascinanti ed esaltare anche le pagine più morbide.

Ultima replica oggi, 11 gennaio, alle 20.

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