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Case green, la Liguria trema davanti alla direttiva Ue: per Ance “l’83% degli edifici è in classe G”

Molti edifici realizzati negli anni 60 e 70 sono stati costruiti senza coibentazione per via del clima mite. "Serve un sistema finanziario garantito dallo Stato per consentire ai privati di affrontare le spese"

mercato immobiliare case bolzaneto genova

Genova. C’è grande attenzione, ma anche preoccupazione, attorno alla direttiva europea sull’efficientamento energetico degli edifici nota anche come direttiva “case green”. Il 9 febbraio a Bruxelles in agenda il primo voto sulle norme proposte per favorire la ristrutturazione degli immobili esistenti e la costruzione di nuovi ad alta efficienza energetica: dal 2030 in poi i nuovi edifici privati devono iniziare a mettersi in regola con gli obiettivi ambientali nell’ambito del New Green Deal. Un’ipotesi fa tremare diversi attori del mondo economico in Italia nonché gran parte dei proprietari di immobili: il timore è che la maggior parte degli immobili italiani possa perdere valore in meno di dieci anni e che i mercati possano “impazzire” in vista dei cambiamenti.

Se in Italia un edificio su tre è in classe G, in Liguria la percentuale è anche peggiore. L’83% degli edifici sono case ad alto consumo energetico. In numeri, la classe energetica G comporta un consumo annuo di oltre 160 Kwh per metro quadro rispetto alla classe energetica A che può variare tra 15 e 30 Kwh per metro quadro. Il consumo in classe A è tra le 5 e le 10 volte inferiore rispetto alla classe G.

Le stime sono in mano ad Ance Liguria, associazione dei costruttori edili. Secondo il presidente regionale Emanuele Ferraloro, vicepresidente nazionale di Federcostruzioni, sarebbe sufficiente questo dato per evidenziare i rischi e le criticità che l’Italia, Paese in cui la proprietà immobiliare, al contrario della maggioranza degli altri Paesi europei, è la principale scelta di risparmio delle famiglie e dove queste famiglie, allo stato attuale, non disporrebbero delle risorse per ottemperare alle indicazioni comunitarie sulla cosiddetta casa green.

“Se è vero che è oggi impensabile – prosegue Ferraloro – intervenire con gli strumenti attuali su un patrimonio immobiliare rappresentato per il 58,6% da case costruite ante Legge 373/1976, anno in cui fa capolino la prima norma sull’efficienza energetica degli edifici, e l’84% da case costruite ante Legge N°10 del 1991, con il risultato di occupare il non invidiabile primato delle case collocate nelle fasce peggiori dell’efficienza energetica, le famigerate classi F e G, è altrettanto vero che il rifiuto della realtà e l’ipotesi di uno scontro all’arma bianca con l’Unione europea è altrettanto improponibile”.

“La Liguria in termini percentuali è quella messa peggio infatti su un campione di 2400 abitazioni con APE verificato oltre 2000 risultano in Classe G, questo probabilmente perché le case nuove costruite negli anni 60-70-80 erano prive di coibentazione grazie al clima mite Ligure”, spiega Ferraloro.

L’età avanzata del patrimonio lo rende oltre che obsoleto, anche particolarmente energivoro: un immobile che supera i 30 anni di età consuma in un anno, mediamente, dai 180 ai 200 Kwh/mq. Un fabbisogno enorme se si considera che un’abitazione in classe B, standard minimo per le nuove costruzioni, arriva a consumare in media tra i 30 e i 40 Kwh/mq all’anno.

“La reazione a catena – prosegue l’associazione – rischia di essere uno tsunami: le case in classe G di fatto non potrebbero essere vendute o comprate e quindi anche i mutui ancora accesi su queste case avrebbero valore zero. Cito i mutui perché proprio dall’aspetto finanziario si dovrebbe partire per cercare una soluzione complessiva. Esistono importanti soggetti come Cdp in grado di intervenire e prevedere ad esempio un’attualizzazione dei vantaggi futuri derivanti dal “risanamento” delle case lontane dall’essere green”.

“Se queste case una volta ristrutturate o addirittura demolite e ricostruite (come accade in gran parte del mondo con eccezione l’Italia) , produrranno a regime risparmi del 30% dell’energia, benefici all’ambiente quantificabili persino in una riduzione della spesa sanitaria, rivalutazioni consistenti nel valore dell’immobile, l’idea vincente potrebbe essere quella di un sistema finanziario, garantito dallo Stato, che consenta anche ai piccoli proprietari, specie nei condomini, di affrontare questa spesa “con le spalle coperte”. Si innescherebbe quindi un meccanismo virtuoso vantaggioso per il settore immobiliare, per la proprietà edilizia, per le imprese del settore edile e per lo Stato”.

“Un risparmio del 30% nei consumi energetici del Paese – conclude Ferraloro – sarebbe una conquista nazionale e in quanto tale un sistema di integrazione globale, fra costi e benefici, dovrebbe essere attuato con una legge che non sia confinata al solo settore immobiliare-edilizio”.

Anche Giulio Musso, presidente di Ance Genova, cerca di essere propositivo: “Dovremo uniformarci, anche se il nostro Paese è diverso da altre nazioni europee. Noi abbiamo un patrimonio edilizio storico e una proprietà edilizia molto più diffusa: andranno previste deroghe che ne tengano conto. E fondamentale sarà la possibilità di incentivi per i privati, che potranno essere inferiori al Superbonus ma devono essere resi strutturali, in modo da consentire una certa programmazione anche alle imprese. Tornare indietro credo che non si possa, l’obiettivo di tutti è abbassare le emissioni”.

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