La manifestazione

“Basta guerre sui nostri corpi”, il corteo notturno di ‘Non una di meno’ contro femminicidi e stupri fotogallery

A De Ferrari sono state "liberate" alcune bambole della Wall of Dolls: "Non bastano risposte emergenziali, soluzioni repressive o panchine simboliche. Se non cambiamo tutte e tutti saremo sempre esposte allo sguardo giudicante di un sistema che sfrutta l’inferiorizzazione femminile a vantaggio del privilegio maschile e del profitto"

Genova. Circa un centinaio di persone ieri sera ha dato vita al corteo organizzato dal movimento femminista genovese ‘Non una di meno‘, organizzato dopo i recenti fatti di cronaca che hanno scosso la comunità cittadina: il femminicidio di Pontedecimo e la violenza sessuale dei giardini Baltimora.

La manifestazione notturna è stata particolarmente ‘rumorosa’, visto che i partecipanti hanno suonato le pentole durante tutto il percorso che si è snodato da piazza Meridiana in tutto il centro storico, toccando le principali piazze della movida, da piazza Lavagna a piazza delle Erbe, con arrivo a De Ferrari. Lì sono state “liberate” alcune bambole della ‘Wall of Dolls‘, l’installazione di Regione Liguria dove le bambole appunto simboleggiano le vittime di violenza in una rappresentazione che però non trova d’accordo con le attiviste: “Non siamo bambole, questa installazione rappresenta ancora una volta l’inferiorizzazione femminile”

Secondo le attivisti di “Non una di meno’, i recenti fatti di cronaca non devono essere considerati episodi: “Non si tratta di una emergenza ma di un fenomeno strutturale della società in cui viviamo. È uno stillicidio continuo ed inarrestabile, frutto di una cultura patriarcale e violenta che non viene in alcun modo messa in discussione, affrontata e abbattuta – si legge nel comunicato distribuito durante la manifestazione – È un sistema di abusi incessanti che nascono dalla molestia, verbale o fisica, proseguono nella violenza, in luoghi pubblici o privati, ed esplodono nel femminicidio, dove trovano la ribalta mediatica e qualche giorno di pubblica riprovazione, per tornare poi a riprodursi indisturbati sotto l’occhio inerte e indifferente del decisore pubblico”.

Non è di pattuglie di polizia che abbiamo bisogno. Di forze dell’ordine che abusano della propria minacciosità machista, ma quando chiamate ad intervenire non si presentano e non si curano di quanto accade nelle vicende private di sopraffazione e violenza che quotidianamente avvengono nella nostra città – scrivono – Non è di telecamere che abbiamo bisogno. Di costosi ed inutili sistemi di sorveglianza, di controllo, che offrano l’illusione di una maggiore tutela: la violenza avverrà ancora, continuerà lontano da quelle telecamere, o anche sotto di esse, a volto coperto, di spalle, o con la consapevolezza che a nulla serviranno infrarossi, sensori sonori, riprese ad alta definizione: la violenza rimarrà nelle strade e nelle case”.

Per questo non bastano risposte emergenziali, soluzioni repressive o panchine simboliche. Se non cambiamo tutte e tutti, se non usciamo dalle maglie strette e pressanti del patriarcato, saremo sempre esposte allo sguardo giudicante di un sistema che sfrutta l’inferiorizzazione femminile a vantaggio del privilegio maschile e del profitto. Essere destinate al lavoro gratuito domestico e di cura, continuerà a significare per noi l’esclusione dallo spazio pubblico, ovvero entrare nello spazio pubblico da aliene o da omologate. Le strade non saranno sicure perché non pensate per una socializzazione aperta e libera per tutte le soggettività. Non abbiamo più voglia di sentirci dire che non possiamo tornare tardi la sera, che non possiamo vestirci come ci pare, che dobbiamo stare attentə, che ce la siamo cercata”.

La manifestazione di ieri sera è stata quindi l’ulteriore occasione per manifestare a tutta la città e società genovese rabbia ma anche determinazione: “Vogliamo essere liberə di uscire la notte e il giorno, vogliamo ripensare il lavoro e gli spazi urbani perché siano vivibili, vogliamo riprenderci le strade con i nostri corpi e le nostre voci, vogliamo autodeterminare le nostre vite, libere dalla violenza patriarcale in tutte le sue forme – conclude il comunicato – Noi siamo qui oggi a gridare il nostro dolore, la nostra rabbia e la nostra vicinanza alle vittime di questo sistema: sorella, tu non sei sola! Continueremo a camminare per le strade, a fare rumore, a farci vedere, finché questo sistema non verrà riconosciuto, affrontato e distrutto. Il Femminismo è la cura”.

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