Intervista

Il geologo Paliaga: “Liguria simile a Ischia, sui versanti non si fa abbastanza manutenzione”

Il presidente ligure della Sigea: "Senza prevenzione rischiamo altri morti. Terrazzamenti? Se non manutenuti sono un problema"

Generico novembre 2022

Genova. C’è un filo che unisce le sponde italiane del Mediterraneo, a parte il mare. È il filo torbido del fango, dei monti che si sbriciolano sotto i nubifragi, dei morti trascinati via insieme alle loro case. È il filo che lega Ischia alla Liguria, regione che del dissesto idrogeologico è diventata emblema, detentrice del primato nazionale per popolazione esposta al rischio di frane e regina dell’abusivismo edilizio nel Nord Italia, oggi fortunatamente indenne mentre un’altra terra si interroga sulle cause della sua devastazione.

Cosa c’è in comune tra il disastro di Casamicciola e la situazione dei nostri versanti? Cosa ci insegna l’ennesima tragedia ambientale del Paese? Che colpe ha l’uomo e quali soluzioni può mettere in campo? Lo abbiamo chiesto a Guido Paliaga, geologo, presidente della sezione ligure della Sigea (società italiana di geologia ambientale) ed ex presidente dell’Ordine dei geologi della Liguria.

Paliaga, si rischia un “caso Ischia” anche in Liguria? Quali sono i punti in comune e quali le differenze?

Partiamo dal fatto che le piogge che hanno provocato l’evento di Ischia sono elevate in quel contesto, ma i record che registriamo in Liguria sono molto più alti a livello nazionale: ricordiamo i 181 millimetri in un’ora di Vicomorasso nel 2011 e i 948 millimetri in 24 ore di Bolzaneto nel 1970. In quel caso parliamo di circa 50 millimetri in un’ora. Anche qui abbiamo assistito a fenomeni di colamento rapido: sono le frane più pericolose in assoluto, con una velocità elevatissima intorno ai 5-6 metri al secondo. I materiali trasportati sono assimilati a un fluido denso viscoso e hanno una capacità distruttiva enorme, in grado di travolgere le case. Basti pensare alla frana della Madonna del Monte che ha provocato il crollo del viadotto dell’autostrada A6: era un evento dello stesso genere, per fortuna non c’era nessuno sopra. Ma anche gli eventi in alta Valle Arroscia, l’alluvione nelle Cinque Terre e in Val di Vara, la frana di Leivi nel 2005. Il nostro territorio è soggetto a questi fenomeni, come gran parte degli Appennini e delle Alpi. La Liguria ha caratteristiche simili a Ischia, è un territorio montuoso vicino al mare. Là, però, c’è un aggravante: le rocce vulcaniche hanno una scarsissima resistenza, perciò basta una minore quantità di pioggia per generare un fenomeno distruttivo.

È sempre stato così oppure è aumentata negli ultimi anni la frequenza di queste frane?

In effetti vediamo esacerbarsi nel tempo questi eventi. Da una ricerca sui fenomeni estremi nel Mediterraneo tra il 1979 e il 2019 si vede chiaramente un aumento degli effetti al suolo a partire dal 2000. L’ultimo ventennio è stato ben diverso rispetto al precedente, dal punto di vista delle variabili climatiche e climatologiche che comportano piogge intense. Considerando gli scenari e i dati che abbiamo, stiamo già vivendo un aumento dei fenomeni ed è probabile che il futuro ci vedrà coinvolti in un aumento ancora maggiore.

Dopo il disastro di Ischia è stato posto l’accento sulla scomparsa dei terrazzamenti rispetto al paesaggio documentato dalle foto d’epoca. È davvero una soluzione al dissesto?

Su questo tema lavoro da vent’anni. Attenzione: i terrazzamenti non sono altro che materiali immobilizzati artificiosamente dall’azione dell’uomo, altrimenti l’erosione porterebbe a valle quei detriti. Hanno bisogno di continua manutenzione: se non sono manutenuti, o lo sono in maniera non idonea (ad esempio con muri a secco sostituiti da muri in cemento), diventano un problema. A Vernazza la maggior parte dei terrazzamenti collassati erano abbandonati. In presenza di terrazzamenti bisogna valutare quelli meritevoli di essere mantenuti, perché il loro collasso può causare un danno 50 metri più a valle. Non si può pensare di intervenire su tutti: è importante fare uno studio su larga scala e individuare quelli in cui, lungo il percorso di collasso, ci sono più obiettivi a rischio.

Cos’altro si può fare in ottica di prevenzione?

In alcuni casi è sufficiente manutenere i terrazzamenti, in altri si può intervenire in maniera più incisiva, ad esempio con reti anti debris flow che evitano la caduta dei materiali più grossolani trasportati in galleggiamento insieme al fango. Quelle colate detritiche, se incontrano un muro, riescono ad abbatterlo. Dobbiamo intervenire in funzione del contesto. Per mitigare il rischio occorre prima di tutto capire la consistenza del problema, poi bisogna monitorare e stilare una scala di priorità. È un problema sempre più urgente, le soluzioni si possono trovare, non esistono bacchette magiche. L’importante è cominciare sapendo che ci vuole del tempo. Serve educare le persone a tutti i livelli, educare alla consapevolezza del rischio, partendo dalle scuole elementari e passando dai consigli comunali. Noi geologi viviamo un grande sconforto. È sempre la stessa storia: passano due mesi e ci si dimentica tutti del problema. Servirebbe una risposta forte della politica, ma anche dell’opinione pubblica.

In Liguria si fa abbastanza per mitigare il rischio?

Si fa molto su parte idraulica a valle, che richiede interventi strutturali molto complessi, ma sui versanti di solito si fanno solo interventi ex post, per sanare un problema in condizioni di emergenza. Invece bisogna intervenire in prevenzione, partendo dalle situazioni più critiche. Se non si fa questo ci troveremo ogni anno con le stesse immagini e gli stessi problemi, e a volte qualcuno perde la vita.

L’abusivismo edilizio è parte del problema?

Il nostro territorio è pesantemente insediato, certamente non con gli stessi problemi di Ischia, dove ci sono sei Comuni tutti senza piano regoltore. Qui abbiamo una pianificazione esistente, vigente e ottimale, anche se manca una valutazione più di dettaglio su fenomeni a sviluppo rapido. Certo, anche il modo in cui abbiamo insediato il territorio è una concausa. Le colate detritiche possono essere innescate da un’errata regimazione acque di una strada: per questo la manutenzione delle caditoie lungo strade è elemento essenziale, le acque vanno a concentrarsi dove non dovrebbero e allora poi si muove una frana. Di esempi del genere è piena l’Italia, non solo la Liguria.

A parte gli edifici abusivi già colpiti da specifiche ordinanze, le amministrazioni dovrebbero prendere in considerazione demolizioni diffuse?

Si può ragionare su questo aspetto solo a valle di un monitoraggio. Se si individuano situazioni ad alto rischio con abusivismo prevalente è giusto farlo.

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