Genova. Nel video che circola da qualche ora Evaristo Scalco appare spaesato, in jeans e t-shirt nera con il logo della Pfm, è a pochi centimetri dall’uomo che ha appena centrato, con una freccia, dalla finestra di casa sua. Una scena oltre i confini dell’assurdo, quella che ha come ambientazione una piazzetta del centro storico. In quel momento concitato Evaristo Scalco non sa che quell’uomo, Javier Alfredo Miranda Romero, morirà poche ore dopo.
Il maestro d’ascia lombardo che, come appurato dai carabinieri, si è costruito da solo l’arco – arma del delitto – per passione, ora è in carcere a Marassi. L’accusa è di omicidio volontario aggravato da odio razziale. Chi lo conosce non si sa dare una spiegazione di quanto accaduto.
“Siamo sotto shock, qui lo conosciamo tutti da tempo, Evi è uno dei migliori marinai oceanici mai visti, uno che ha le mani d’oro, richiesto da tutti per i lavori più difficili, e un tipo tranquillo, quello che è accaduto non si può spiegare”, dice Leopoldo Leonardo, titolare di un bar sul porticciolo di Lavagna dove Scalco andava spesso dopo il lavoro. “Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, così come quel pover’uomo che è morto, Evaristo sicuramente sarà distrutto per quanto accaduto – continua l’amico – se c’è l’alcol dietro a quello che è successo? Io non lo so, penso che un paio di gin tonic li abbia bevuti chiunque…”.
Un uomo tranquillo, amante della musica, del mare e del suo lavoro. Scalco nella sua carriera aveva lavorato persino su una delle barche a vela dell’architetto Renzo Piano. In piazzetta Defranchi, il luogo del delitto, viveva al primo piano da circa un mese. Per questo erano in pochi a conoscerlo.
Nato a Cittiglio ma residente a Laveno, sul lago Maggiore, dove ha una compagna, il 63enne era spesso in giro per il mondo per via del suo lavoro. Il giorno dell’omicidio era tornato da Malta a bordo di una barca a vela trasferita a Genova. La sera stessa era uscito a cena con i colleghi. “Fosse tornato mezz’ora dopo a casa, o avesse avuto un amico a dirgli cosa cavolo stai facendo non sarebbe successo nulla – riflette Leopoldo, il barista – invece adesso tutti a farne un caso, sui pericoli del centro storico, sulla movida, ma qui si tratta solo di una disgrazia che ha colpito due uomini e le loro famiglie, e soprattutto i figli della vittima”.
Evaristo Scalco non tornava da tempo nel paese di origine e in quello di residenza, nel varesotto, ma era conosciuto e stimato anche lì: aveva svolto anche attività di volontariato, con la protezione civile di Laveno. Nel periodo del Covid si era adoperato per consegnare a chi ne aveva bisogno mascherine e generi di prima necessità.
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