Genova. “Siamo sconvolti. Ci preoccupano questi atti di razzismo e mi auguro che l’omicida venga punito. Non vogliamo che passi per pazzo e venga subito rilasciato”. Patricia Rossi Rodriguez è una rappresentante della comunità peruviana a Genova. È stata lei a organizzare questa mattina una raccolta di generi di prima necessità per il figlioletto di Javier Alfredo Miranda Romero, il 41enne assassinato con una freccia nei vicoli della Maddalena. Era nato il giorno prima e lui stava festeggiando con un amico. Non sapeva che quella sera avrebbe trovato la morte.
Nel bar El Kiosco di via Canevari, gestito da una coppia di colombiani, si sono riuniti i suoi amici più cari, alcuni familiari e tanti latinoamericani residenti a Genova che hanno voluto manifestare con un gesto concreto la loro vicinanza. All’incontro ha partecipato anche il console generale del Perù a Genova, Carlos Tavero.
“Ho chiesto di concentrarci in questo momento sul neonato, anche se Javier aveva due figli – spiega Rossi Rodriguez -. In questo momento la mamma non lavora e non ha il necessario per il bambino. I gestori di questo bar hanno offerto a titolo gratuito questo spazio e così, insieme a un gruppo di mamme latinoamericane, abbiamo deciso di raccogliere pannolini e tutto l’occorrente”.

La prossima iniziativa sarà tra una settimana, domenica 13 novembre. La fratellanza Señor de los Milagros, comunità religiosa peruviana nata negli anni Novanta a Genova, ha organizzato una fiaccolata che partirà alle 17.00 dalla chiesa di San Siro e raggiungerà la zona di piazza De Franchi, dove Evaristo Scalco ha scagliato la sua freccia letale. A partecipare saranno tutte le comunità sudamericane presenti in città.
Javier frequentava spesso la zona di via Canevari. In centro storico aveva abitato per anni, poi si era trasferito con la nuova compagna, madre del bimbo appena nato, in un condominio di via Giglioli, sulle alture di Marassi. “Aveva il cuore nei caruggi“, racconta un suo amico e collega di nazionalità albanese, artigiano come lui, che preferisce rimanere anonimo. Anche lui lo descrive come “un gran lavoratore e un buon padre di famiglia“.

Chi è straniero comprende il peso del pregiudizio: “La gente pensa che i sudamericani siano sempre ubriachi, non è così. Javier non era uno che faceva casino. E comunque non si può morire così, stiamo tornando indietro”. Anche Yohana, dietro il bancone del bar che oggi ha funzionato da punto di ritrovo della comunità, conferma: “Era una persona incredibilmente educata e rispettosa. Non potevamo credere che fosse lui la vittima”.
L’aggravante dell’odio razziale è stata contestata dalla pm Arianna Ciavattini sulla base delle dichiarazioni dell’amico della vittima, che era con lui quella sera e ha raccontato agli investigatori che l’artigiano avrebbe urlato ai due “Andate via, extracomunitari di m…”. Ma al momento non risultano esserci altri testimoni che possano aver sentito la frase, come si vede dalle telecamere di videosorveglianza del vicolo che sono in mano agli investigatori. I carabinieri nei prossimi giorni estrarranno le immagini dal telefonino della vittima, che ha ripreso la lite con Scalco, per capire se quella frase sia stata davvero pronunciata.
“La comunità peruviana è molto tranquilla, ci dedichiamo a lavorare, uomini e donne. Siamo tutti molto dispiaciuti che passi il messaggio che le persone si meritino di essere uccise perché escono a divertirsi – puntualizza ancora Patricia Rossi Rodriguez, che si occupa anche di gestire tre comunità per minori non accompagnati -. Lui stava festeggiando la nascita di un figlio, lo farebbe chiunque. Per quanto ne so non era una persona che faceva chiasso in giro, era una persona educata. Un essere umano è tale a prescindere dalla nazionalità”.
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