Genova. All’inizio dell’era Mantovani, i migliori quadri esposti nella ‘pinacoteca’ blucerchiata, rispondevano ai nomi degli attaccanti Genzano, Orlandi, Sartori, Roselli ed in particolar modo Chiorri, che già tre anni prima, appena 17enne, aveva esordito in Serie A, lanciato da Eugenio Bersellini.
Genio incompreso, Alviero, se si esclude il suo mentore Giorgio Canali (che lo aveva visto crescere nelle giovanili, arrivando assieme a vincere il Torneo di Viareggio), ha fatto impazzire i responsabili della conduzione tecnica della Sampdoria, nel periodo a cavallo degli anni ’70/80, a partire dal precitato ‘Sergente di ferro di Borgotaro’, per arrivare a Lamberto Giorgis, Lauro Toneatto e Enzo Riccomini, che giustamente ‘pretendevano’ da cotanto talento, un rendimento più fattivo, rispetto ai pur sempre apprezzabili 29 goal in 115 partite, penalizzate peraltro da una mancanza di continuità, ma principalmente da qualche intemperanza di troppo, per non parlare della sua atipicità rispetto ai colleghi dell’epoca (orecchini, bermuda, sandali: un abbigliamento da spiaggia, alla prima convocazione di Bersellini). Ancor più clamoroso, al riguardo, il suo rifiuto alla chiamata per la prima edizione dei Mondiali Under 20, in Tunisia, nell’estate ’77, rinunciando a far parte della Rappresentativa italiana, pur di non privarsi delle vacanze già prenotate con gli amici… una decisione che gli precluderà ogni futuro ‘azzurro’…
Buon tiro, atletismo e grande dribbling, innamorato però in eccesso della palla, genio e sregolatezza, fuori da regole e schemi, quasi un anarchico calcistico, col principale obiettivo di stupire gli spettatori con la giocata impossibile, una di quelle che meritano il pagamento del biglietto… Difficile, così, andare d’accordo con i mister…
Del resto si sa, che questi sono spesso incontentabili e ne è esempio un’intervista di Pippo Marchioro, che al termine di un match tra Sampdoria e Como, del marzo dell’80, nel commentare la rete della sconfitta dei lariani (di cui era il tecnico), messa a segno da Chiorri, con un colpo di testa ad altezze stellari, su cross di Mauro Ferroni, osò imputare la colpa ad una marcatura, non ferrea, del giovane Pietro Vierchowod, senza immaginare di commettere, con tale dichiarazione, un peccato di lesa maestà, nei confronti di colui che, in futuro, verrà etichettato come il miglior ‘francobollatore’ della storia del calcio italiano…
Ne sono conferma, anche, le dichiarazioni di Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione Italiana Allenatori, che – nel 2015 – ha affermato che (pur avendo allenato sia Baggio, che Mancini) nessun altro giocatore lo ha mai emozionato tanto quanto Alviero Chiorri, aggiungendo che nelle sue giocate racchiudeva l’arte del poeta, dello scultore, dell’artista. Anche per lui, Alviero era un un estroso, addirittura più forte dei due Roberto, eppure, quando il ‘Marziano’, dopo un prestito al Bologna, tornò alla Samp, proprio alle sue dipendenze (biennio ’82/84: solo 33 presenze ed un goal), non ebbe dubbi di scelta, nel dualismo con Bobby-goal, visto che raramente poteva farli giocare in coppia, data la presenza di un inamovibile Trevor Francis, tutt’oggi denominato il ‘top dei top’ dai vari compagni di squadra, che ultimamente ci è capitato di intervistare.
E così, nell’estate dell’84, Paolo Mantovani decise di scambiare (con aggiunta di pecunia) uno dei quadri di valore che si era trovato in casa, con un ‘capolavoro in erba’, che il suo amico Domenico Luzzara e il mister Emiliano Mondonico avevano esposto l’anno prima allo Stadio Zini, nella vittoriosa cavalcata, in Serie B, della Cremonese…
Era Gianluca Vialli, quel cavallo di razza e il suo arrivo a Genova fu una delle tante operazioni azzeccate dal ‘Presidentissimo’, che iniziò finalmente a raccogliere frutti, con la messa in bacheca del primo trofeo della storia blucerchiata, la Coppa Italia ‘84/85, oltre al 4° posto in Campionato, alle spalle di Verona, Torino ed Inter, ma chissà cosa sarebbe accaduto, se il magico sinistro del ‘marziano’ fosse rimasto al servizio di Bersellini, che – per primo – gli aveva fatto assaggiare la Serie A e che lo avrebbe voluto all’Inter (che invece gli prese Evaristo Beccalossi).
A quella Samp, in orbita di lancio, Chiorri sarebbe stato alquanto utile, tenuto conto che in rosa – quali punte – quell’anno aveva solo Mancini, Vialli e Francis (un Trevor spesso acciaccato).
Sliding doors, sia per Alviero, che per il Doria, che magari poteva anticipare il primo scudetto, un po’ come avvenne con l’improvvida cessione di Bruno Mora nel ’60/61 e ne era conscio Paolo Mantovani, che salutò la sua partenza per Cremona, colmo di delusione e con le lacrime agli occhi.
Con i grigiorossi, Alviero resterà ben 8 stagioni, conquistando anche due promozioni in Serie A (’88-89 e ’90-91), prima di chiudere con il calcio, a 33 anni, proprio a Marassi, contro la ‘sua’ Sampdoria, quattro giorni dopo la ‘fatal’ Wembley, nell’ultima in blucerchiato di Vujadin Boskov, Toninho Cerezo, Fausto Pari e Gianluca Vialli, accomunando così i meritati applausi di commiato, a lui dedicati, della Gradinata Sud, con quelli destinati ai giocatori che a Londra avevano sfiorato il tetto d’Europa, magari col rimpianto di quella sliding door, che aveva impedito di esserci anche lui, su quel prato inglese…
La fotografia da mettere nel nostro album di ricordi blucerchiati? Un sinistro magico, ad infilare il portiere Zaninelli del Catanzaro, dopo un liftato tunnel, rifilato al limite dell’area al suo marcatore giallorosso…
Fatta la doccia, facile che assieme al suo grande amico Vittorio De Scalzi, abbia cantato, con i New Trolls, Quella carezza della sera… ‘Non so più il sapore che ha quella speranza che sentivo nascere in me. Non so più se mi manca di più quella carezza della sera o quella voglia di avventura.
Voglia di andare via di là’.
Della stessa serie “Album dei ricordi blucerchiati”
Bruno Mora, l’ala perfetta
Trevor Francis, “the striker”
Ruud Gullit , “Cervo che esce di foresta”
Nacka Skoglund, il re del tunnel
Toninho Cerezo, samba scudetto
Graeme Souness, “Charlie Champagne”
Aleksei Mikhailichenko, la stella dell’Est
Sebastián Verón, “La Brujita”
Luisito Suárez, “El arquitecto” dei primi anni ’70
Tito Cucchiaroni, una leggenda nella storia della Samp
Ernst Ocwirk, il faro del Prater
Giancarlo Salvi, il “golden boy” di Dego
José Ricardo “China” da Silva, il goleador brasileiro
Srecko Katanec, la gazzella slovena
Jorge Toro, dalle Ande agli Appennini Liguri
Luca Vialli, il bomber
Eddie Firmani, il “tacchino freddo”
Ermanno Cristin, il “Nordahlino” di Marassi
Sergio Brighenti, il capocannoniere
Roberto Vieri, la fantasia al potere
Mario Frustalupi, il piccolo grande” regista
Gaudenzio Bernasconi, l’orsacchiotto
Fausto Pari, una vita da mediano
Giovanni Invernizzi, la classe operaia in paradiso
Walter Zenga, l’uomo ragno
Giovanni Lodetti, da “basleta” a “baciccia”
Attilio Lombardo, il “Popeye”
Valter Alfredo Novellino, il Monzon della panchina
Alessandro, “il conquistatore” Scanziani
Enrico Nicolini, “il Netzer di Quessi””
Loris Boni, il “baffo” col numero 8
Boškov e Veselinović, gli jugoslavi
Maryan Wisniewski , il francese arrivato da Lens
Giorgio Garbarini, il generale Custer
Marco Rossinelli, fuga per la vittoria
Pietro Vierchowod, lo Zar
Francisco Ramón Lojacono, “el tanguero”
Domenico Arnuzzo, il geometra di fascia
Giovanni Guerrini, il Robot Mazinga Z
Marco Sanna, il guerriero ichnuso
Fabian Valtolina, il velocissimo “Beep Beep”
Fabrizio Casazza, portiere da gradinata
Angelo Benedicto Sormani, il Pelé bianco
Alessandro Grandoni, il Lippi del 2000
Roberto Galia, terzino o mediano?
Ivano Bordon, la “Pallottola”
Alberto Mariani, libero, non stopper
Alessandro Cucciari, ambidestro perfetto
Massimo Cacciatori, il Batman dei portieri
David Balleri, il pendolino
Fabio Quagliarella, l’Highlander
Giorgio Roselli, uomo derby
Mauro Bertarelli, primo goal in un derby
Vincenzo Iacopino, la ‘foglia morta’ all’incrocio
Carmine Esposito, un napoletano blucerchiato
Ugo e Mauro Rosin, padre e foglio con la stessa maglia
Dinastia Mantovani, Paolo, Francesca, Enrico, Filippo, Ludovica