Genova. La procura di Genova ha disposto il sequestro di una parte dell’oleodotto di Eni da cui ha avuto origine lo sversamento di petrolio nel torrente Varenna dello scorso 27 settembre. Si stratta delle condutture che dallo stabilimento arrivano alle raffinerie collegate, in particolare quella di Sannazzaro de’ Burgondi a Pavia, una delle più grandi del paese, che al momento non può quindi ricevere il petrolio dalla stazione di stoccaggio di Fondega Nord.
La decisione è maturata questa mattina al termine del lungo sopralluogo durato oltre tre ore del sostituto procuratore Paola Menichetti che ha delegato alle indagini l’Arpal e i carabinieri forestali. Al momento il fascicolo è aperto con l’ipotesi di reato di inquinamento colposo ma non è detto che il capo d’imputazione possa mutare anche perché, a una settimana di distanza, l’acqua del torrente Varenna risulta ancora contaminata da macchie di idrocarburi, nonostante la bonifica stia procedendo senza sosta.
Addirittura sono state trovate nuove tracce di greggio rispetto a quelle evidenziate nei giorni scorsi. Tra le ipotesi c’è quella, da verificare, che una falla sia ancora attiva. Per le stesse ragioni proseguono anche i campionamenti alla Foce del torrente, nonostante il posizionamento delle panne immediatamente , sembrava aver scongiurato il rischio di uno sversamento in mare. Tra le questioni da chiarire resta anche la quantità di materiale disperso che, secondo la stessa Eni, arriverebbe a 4 mila litri, ma a questo punto potrebbero essere di più.
Mentre le operazioni di bonifica proseguono, ancora da capire l’entità del danno: Arpal aveva avviato nell’immediato due tipologie di ispezioni, la prima per verificare lo stato dell’ambiente circostante, e la seconda all’interno dello stabilimento, per capire la dinamica dell’incidente e le eventuali responsabilità. Sotto la lente degli inquirenti potrebbe però finire anche la procedura di intervento, per verificare se tutti i passaggi previsti dalla normativa siano stati rispettati. Tra le cose da chiarire, anche il “peso” di avere dei piani di emergenza esterna non aggiornati, nonostante le chiare prescrizioni della legge che regolano tutti gli aspetti di impianti come questo.