Il processo

Ponte Morandi, il pm: “Il processo non è una tombola, gli indagati sono stati iscritti solo sulla base di seri indizi”

Cominciata la replica della Procura alle richieste dei legali degli imputati di invalidare le perizie e lo stesso rinvio a giudizio

Crollo ponte Morandi, the day after

Genova. Il processo “non è una tombola” e “noi pm non siamo Nembo kid anche se abbiamo lavorato il più possibile per arrivare a questo processo”. Ma “non è il mio modo di lavorare fare iscrizioni a pioggia e se una seconda tranche di indagati per il crollo di ponte Morandi è arrivata solo nel marzo del 2019 è solo perché per iscriverli servivano indizi seri”.

Il sostituto procuratore Massimo Terrile, ha replicato per oltre 6 ore oggi alle eccezioni di nullità di alcune parti fondamentali del processo sollevate nelle scorse settimane dagli avvocati idei principali imputati e andrà avanti per tutta la giornata di domani. E se questa fase delle cosiddette ‘questioni preliminari’ a un non addetto ai lavori può sembrare inspiegabilmente lunga, è in realtà una fase delicatissima che tutte le parti devono ascoltare e trattare con cura a cominciare dallo stesso tribunale per evitare che un elemento magari trascurato e non motivato a dovere possa portare un giorno, magari davanti alla Cassazione, all’annullamento dell’intero processo.

Di fatto il pm oggi si è occupato di replicare all’eccezione forse più pesante sollevata dai legali degli imputati, vale a dire quella sulla presunta inutilizzabilità della prima perizia e sul ponte (quella sullo stato dei pezzi di viadotto crollato) e, quindi anche della seconda per gli imputati iscritti nel registro degli indagati il 5 marzo 2019 nel cosiddetto secondo blocco. Occorre ricordare infatti che dei 59 attuali imputati, una ventina (tra cui Giovanni Castellucci e gli altri ‘numeri uno’ di Aspi e Spea) erano stati indagati a due settimane del crollo, gli altri erano stati aggiunti circa sei mesi dopo.

“Per fare un’iscrizione occorreva anzitutto un quadro indiziario serio sulle cause del crollo” ha detto Terrile ricordando tutte le ipotesi che erano state formulate nelle prime settimane e poi ancora qualche mese dopo la tragedia che costò la vita a 43 persone, dal fulmine all’attentato terroristico, dalla pioggia al coil caduto da un tir.

Terrile ha ricordato come fossero emerse anche ipotesi che hanno costretto lui e il collega Walter Cotugno a lavorare a lungo prima di poterle escludere, come l’ipotesi de carroponte, che era stato installato in quel periodo su viadotto Morandi e che toccando le strutture del viadotto avrebbe potuto indebolirli: “Siamo anche andati a Bolzano dalla ditta che stava eseguendo i lavori a fare dei sequestri na ricordato Terrile. Così come “ci è voluto tempo e ci siamo spaccati la testa per capire se aveva ceduto lo strallo o l’impalcato perché anche il video se non analizzato da un tecnico non poteva dare risposte certe”.

Una volta formulata un’ipotesi sulle cause del crollo “siamo dovuti andare a vedere ufficio per ufficio chi ricopriva incarichi in determinati periodi e con quali responsabilità perché anche in questo caso non bastano gli organigrammi come pensa qualcuno. In Aspi c’erano 42 uffici con titoli che potevano far presumere un collegamento con quello che interessava a noi e 18 in Spea e i dirigenti chiamati a fornirci con precisione nomi e incarichi hanno consegnato le loro relazioni sono tra fine gennaio e metà febbraio 2019. Per questo gli altri indagati sono stati iscritti il 6 marzo.

Per quanto riguarda l’utilizzabilità delle perizie per gli indagati della seconda da tranche Terrile ha ricordato anzitutto “che le prove delle cause del crollo stanno nella seconda perizia che è totalmente autonoma rispetto alla prima e dove tutte le prove sono state acquisite in contraddittorio con tutti e 59 gli imputati” che le sentenze escludono qualunque tipo di “propagazione” di un’ eventuale inutilizzabilità della prima perizia.

Poi ha spiegato perché a suo avviso anche la prima perizia è valida per tutti gli imputati anche se non vi hanno partecipato facendo un parallelo con un grave incidente stradale dove tra le varie esigenze, dopo quella di portare in salvo i feriti c’è quella di fare i rilievi per poi riaprire la strada. “Non è che in questo caso chi viene successivamente indagato può sostenere di non aver partecipato ai rilievi giusto? perché ovviamente quello di liberare la carreggiata è un’urgenza”. Allo stesso modo con il ponte Morandi, dopo il crollo “c’era l’estrema urgenza di liberare il greto del Polcevera dalle macerie perché la presenza di quei materiali creava una situazione di rischio idrogeologico, cosi era urgente abbattere le due pile rimaste in piedi, visto che non sapevamo assolutamente in che condizioni fossero e lì sotto c’era di tutto a cominciare dall’Ansaldo e dalla ferrovia”.

“La selezione delle cose da sequestrare – ha concluso sul ponto il pm poteva assolutamente farla la Procura in autonomia, ma visto che siamo garantisti e che avevamo già iscritto 21 persone abbiamo deciso di farla in contraddittorio grazie a un incidente probatorio.

Poi il pm ha discusso altri 3 dei 10 punti in cui ha suddiviso le sue repliche. Tra le richieste degli avvocati degli imputati di sono la nullità del secondo incidente probatorio
per l’omesso deposito di tuti gli atti al momento richiesta, la nullità della perizia per aver impedito di parlare agli avvocati che avevano presenziato alla operazioni peritali e anche perhé non sono state fornite le registrazioni delle riunioni dei periti ma solo i verbali e la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per genericità del capo imputazione.

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