La perizia

Omicidio Alice Scagni, Alberto: “E’ morta perché mio cognato non ha avuto il coraggio di uscire dalla porta e ha mandato lei”

Dai colloqui svolti per la perizia emerge il delirio che il cognato volesse prendergli l'eredità e insieme a genitori e vicini volessero portarlo al suicidio.

Omicidio Scagni

Genova. Albero Scagni “non ha mai fatto una propria ricostruzione di come si sia svolto l’omicidio della sorella, negando di averlo compiuto” tranne che “in due passaggi”. In uno, nel corso del secondo colloquio dice “sto dicendo che mentalmente era qualcun altro, c’era la persona che i miei genitori e i miei vicini di casa hanno fatto arrivare lì affamandola per dei mesi, torturandola psicologicamente” e nel terzo colloquio dice “fisicamente sono stato io. Che poi fossi per niente lucido quello è un altro discorso”.

A rilevare questo rifiuto, nonostante la rassicurazione da parte di perito e consulenti che quanto detto non avrebbe costituito una ‘prova’ nel procedimento, è il perito Elvezio Pirfo, nella perizia psichiatrica di 119 pagine depositata al gip in cui il 42enne che il 1 maggio ha ucciso con 20 coltellate la sorella Alice è da considerarsi “seminfermo” di mente a causa di “un grave disturbo di personalità di tipo antisociale, narcisistico e borderline complicato da un disturbo di poliabuso di sostanze psicoattive (alcol e cannabis).

Non solo, per il perito “è possibile affermare che tra atti compiuti (laddove dimostrati) e condizione psicopatologica vi sarebbe una correlazione eziologica essendo quei comportamenti oggetto di indagine tipiche azioni aggressive sulla base di una visione del mondo patologica”. Per il perito quindi Scagni “è da considerarsi persona socialmente pericolosa”.

Nei diversi colloqui avuti con il perito del gip, con la consulente tecnica Lucrezia Mazzarella, nominata dai suoi avvocati Elisa Brigandì e Maurizio Mascia e degli altri consulenti di parte, Scagni parla poco della sorella Alice ma sottolinea in più passaggi che voleva bene ed era l’unica con cui aveva un rapporto “normale” anche se ammette nell’ultimo periodo si sentivano molto meno.

Pessimo il rapporto con il cognato, tanto che più volte Scagni sottolinea: “Se è vero, come ho letto nel verbale dei mio arresto che lui dice che volevano trasferirsi in una località segreta per non trovarsi me davanti allora perché quella sera ha lasciato uscire la moglie?”. Di Alice dice che in generale “volevo proteggerla”, “volevo che fosse contenta” per questo “all’inizio ho fatto finta di voler bene a suo marito”. Di Alice non parla mai male Alberto, solo sottolinea che “mia sorella era diventata succube di suo marito” e che gli “dispiaceva che avesse smesso di ragionare con la sua testa”.

Scagni incolpa il cognato di aver ulteriormente fomentato contro di lui tutta la famiglia: “Se io mi fossi suicidato i soldi dell’eredità sarebbero andati solo a mio cognato”. E soprattutto, quando Mazzarella le chiede perché ha ucciso la sorella, l’unica frase che riesce a dire Scagni è: “Perché mio cognato non ha avuto il coraggio di uscire dalla porta e ha mandato lei”

Molto negativo nel racconto di Scagni il rapporto con la nonna (che lui dice lo picchiava spesso da bambino), con la madre considerata assente e addirittura beffarda nei suoi confronti quando le chiedeva un aiuto “con le sue conoscenze per trovare un lavoro” e lei rispondeva di no, con il padre che gli dava, secondo quanto racconta “50 euro per due settimane sulla tessera della coop”. E poi dice varie volte di essere sempre stato abbandonato da solo fino a pochi giorni prima “ci quel che è successo”: “Il fatto che uno ti dica un giorno guarda devi essere seguito da un centro di salute mentale perché mi preoccupo per te, è un atteggiamento strano perché se ti preoccupi per me mi domando come mai per un anno non mi hanno fatto mai una telefonata”.

Nella sua mania di persecuzione Alberto parla anche a lungo dei vicini di casa che si sarebbero messi d’accordo per fargli venire un esaurimento nervoso, con “tossi finte“, “tacchi sul pavimento” appena lui andava a dormire ed “ecolalia”  o peggio, sempre in combutta con il cognato che gli avrebbe voluto prendere l’eredità futura dei genitori.

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