Prospettive

Liguria fanalino di coda sulle energie rinnovabili, ma 120 aziende dicono sì al fotovoltaico

Confindustria Genova presenta il position paper sulla transizione energetica: "Servono procedure più semplici". L'assessore Benveduti: "Noi ultimi? Dagli imprenditori poche proposte"

Generico ottobre 2022

Genova. La Liguria è l’ultima regione in Italia per produzione di energia da fonti rinnovabili ed è quella che conserva il divario maggiore tra gli obiettivi raggiunti e quelli stabiliti dal piano energetico regionale. È quanto evidenzia Confindustria Genova nel position paper sulla transizione energetica, che fissa poi una serie di proposte per uscire dalla crisi: più fotovoltaico sui tetti delle aziende, nuove pale eoliche nei punti più esposti al vento, ma anche procedure autorizzative più semplici e promozione delle comunità energetiche. Senza nessuna preclusione sul nucleare di terza generazione e sui combustibili alternativi, tra cui l’idrogeno.

Secondo i dati del monitoraggio nazionale Gse, anticipati lo scorso febbraio da Genova24, la Liguria doveva raggiungere entro il 2020 una percentuale di produzione pulita del 14,1%, pari a 611 megawatt di potenza installata, ma si è fermata al 7,9 % che corrisponde a 299,9 megawatt, cioè meno della metà. L’obiettivo per il 2027 non è stato ancora definito perché il Pear (piano energetico e ambientale regionale) arriva fino al 2020 e quello per il periodo 2021-2027 non esiste ancora. Solo altre due regioni – Lazio e Sicilia – non hanno raggiunto gli obiettivi, ma la differenza è di pochi punti percentuali.

Da dove iniziare? Dal fotovoltaico, secondo Confindustria. “Da un’indagine che abbiamo condotto sui nostri associati – spiega Vittoria Gozzi, responsabile del gruppo di lavoro sul position paper – emerge che 120 aziende locali sono potenzialmente interessate all’installazione di impianti fotovoltaici all’interno dei propri siti, tipicamente sui tetti. Abbiamo stimato la produzione di energia elettrica corrispondente in 33 megawatt, con un incremento di produzione fotovoltaica nella nostra regione nella misura del 27% rispetto al risultato 2021, passando da una produzione annua di 122 GW/h a 155 GW/h”.

E l’eolico? Secondo l’analisi dei dati anemometrici in base alle mappe dell’atlante eolico del Rse, in Liguria esiste un corridoio in cui si verificano condizioni simili a quelle delle regioni che producono più energia grazie al vento. Si tratta dell’area tra Genova e Savona a cavallo del Turchino, dove esistono già impianti di questo tipo. “Allo stesso tempo – continua Gozzi – un ruolo importante può giocarlo il repowering degli impianti esistenti, che non richiede l’utilizzo di suolo addizionale e che può contribuire in modo significativo, grazie alle nuove tecnologie, all’aumento della capacità produttiva, all’abbattimento delle emissioni e alla riduzione del numero di aerogeneratori installati”.

Ma allora, nonostante la disponibilità dichiarata dalle aziende, perché la Liguria è così indietro rispetto alle altre regioni? L’assessore regionale all’Energia Andrea Benveduti risponde con un’altra domanda: “Abbiamo problemi autorizzativi, cioè ci sono centinaia di pratiche ferme da qualche parte, o manca forse una reale progettualità imprenditoriale? Personalmente non ho incontrato schiere di imprenditori con progetti finanziati. Mi è capitato nell’ultimo anno un imprenditore che aveva un problema di autorizzazione che ho passato all’assessorato competente ma non ho visto altro. Sarebbe bello fare un tavolo allargato con Confindustria e associazioni per capire dov’è il problema. Se dimostrano che ci sono 100 imprenditori con 100 progetti finanziati e un problema autorizzativo li porteremo a Roma uno per uno, altrimenti forse è un gioco di specchi che rigetto perché non è produttivo e neanche utile”.

Non è l’ente pubblico che deve realizzare gli investimenti – continua Benveduti -. Quando mi parlate di eolico off-shore secondo voi è la Regione che deve realizzarlo? Con quale denaro? La Regione deve creare le circostanze e i presupposti in generale perché gli investimenti vengano realizzati e poi operare nelle nicchie di mercato che per particolarità o fragilità non vengono coperte dal business. Ma tenete presente che i fondi complessivi per il settore sono circa 190 milioni, un impianto eolico off-shore magari ne costa 200. Cercheremo di fare una revisione interna per fare un ulteriore check con l’altro assessore (Benveduti si riferisce a Giampedrone, titolare della delega all’Ambiente, ndr) e ci faremo promotori a Roma per concludere l’iter di snellimento. Ma se gli investimenti qualcuno non li fa chiediamoci perché”.

“È chiaro – nota l’assessore – che noi abbiamo anche una particolare situazione morfologica. In Campania ci sono decine e decine di pale eoliche, che tra l’altro sono un po’ discutibili dal punto di vista ambientale, ma lì c’è vento e ci sono gli spazi, da noi sono complicate. Sono fortemente convinto che la rinnovabile più gestibile in Liguria sia il fotovoltaico diffuso, micro, nelle comunità energetiche su cui stiamo lavorando. Non risolveremo tutti i problemi del mondo, ma sono piccoli mattoncini che permettono di costruire un muro. Su questo faremo interventi incisivi nella nostra competenza e possibilità, ma li abbiamo sempre fatti anche coi fondi precedenti”.

Tra le indicazioni contenute nel position paper per sviluppare le fonti rinnovabili ci sono l’individuazione delle aree idonee anticipando le normative nazionali, la semplificazione delle procedure autorizzative (per la connessione di un impianto si attendono anche più di sei mesi) e la rivisitazione eventuale della pianificazione territoriale. Visti i mancati obiettivi del piano energetico, Confindustria propone di istituire un “tavolo permanente tra Regione, Ire, enti locali, associazioni di categoria, imprese, Università e Centri di ricerca, sulla falsariga di quanto la Regione ha già intrapreso sul tema specifico dell’idrogeno”.

L’altro tema centrale è quello delle Comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo collettivo. Il Pnrr prevede che siano destinati 2,2 miliardi di euro per la creazione di Cer in comuni sotto i 5mila abitanti, con bandi che dovrebbero partire entro la fine di quest’anno. Nella nostra regione si contano ben 185 comuni che soddisfano tale requisito e sui cui territori la costituzione di una comunità energetica potrebbe beneficiare di tali finanziamenti. A tutto ciò si aggiunge l’efficientamento energetico, sia per quanto riguarda la riqualificazione energetica degli edifici (circa il 40% degli immobili in Liguria, per i quali è stato presentato l’attestato di prestazione energetica nel 2019 e nel 2020, ricade in classe G) sia nell’ambito dei processi produttivi.

Trova spazio poi un approfondimento dedicato alle prospettive di breve termine per l’impiego a livello regionale di idrogeno che “è un tema di dopodomani, non di domani”, precisa Vittoria Gozzi, ma che in realtà è già stato oggetto di ipotesi in Liguria. Come quella che prevede la produzione di idrogeno dai rifiuti con un impianto del tipo waste to chemical che potrebbe trovare spazio ad esempio in una parte delle aree ex Ilva, da sempre guardate con grande interesse dal sindaco Marco Bucci. Ipotesi peraltro contemplata anche dal piano regionale di gestione dei rifiuti 2021-2026 che parla di un “impianto di valorizzazione”, non necessariamente un inceneritore.

Sullo sfondo resta il nucleare, tema su cui Confindustria, com’è noto, non ha alcuna preclusione: “Pensare di dire no al nucleare di nuova generazione è un errore clamoroso e in Italia ne abbiamo già fatti tantissimi – accusa Umberto Risso, presidente di Confindustria Genova -. Non abbiamo mai fatto una politica energetica e siamo riusciti a scendere da una produzione di 20 miliardi di gas naturale a 3 miliardi e li abbiamo sostituiti col gas russo. Non si fanno così le politiche industriali. Anche sul nucleare sarebbe assurdo non considerare le evoluzioni in atto. Senza contare che qui abbiamo l’Ansaldo, che forse qualche informazione potrà darcela in futuro”.

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