Anniversario

Genova ricorda l’alluvione “record” del 1970: che cosa è cambiato 52 anni dopo la catastrofe

Il bilancio fu di 43 morti e 2mila sfollati. Ancora ineguagliato in tutta Europa il record di pioggia di 948 millimetri in 24 ore

alluvione 1970

Genova. Sono passati 52 anni dall’alluvione “per eccellenza” subita da Genova, quella del 1970 che causò 43 vittime (tra cui 8 mai ritrovate) e circa 2mila sfollati. Tra il 7 e l’8 ottobre si riversò sulla città e sulle vallate dell’entroterra un quantitativo mostruoso di pioggia, quasi 1000 millimetri secondo le rilevazioni dell’epoca, vicino a quello registrato normalmente in un anno.

La pioggia fortissima e incessante causò l’esondazione di numerosi torrenti tra cui Bisagno, Polcevera, Fereggiano e Leira. Durante l’alluvione crollarono due delle cinque arcate superstiti dell’antico ponte romano di Sant’Agata, lasciandolo nella situazione che vediamo ancora oggi. Durante quell’evento fu registrato un record pluviometrico ancora oggi ineguagliato in tutta Europa: 948 millimetri in 24 ore sulle alture di Bolzaneto. Il record di pioggia in 12 ore (717,8 millimetri) è stato invece superato l’anno scorso da Rossiglione con 740,6 millimetri in mezza giornata.

“Cinquantadue anni dopo, ricordiamo chi ha perso la vita e soprattutto lavoriamo ogni giorno per proteggere la nostra terra, troppe volte ferita dal maltempo, e restituirla ai liguri più sicura”, commenta oggi il presidente ligure Giovanni Toti.

Che cosa è cambiato oggi rispetto ad allora? Potrebbe accadere di nuovo un’alluvione così devastante in particolare per il Bisagno? A queste domande aveva risposto l’Ordine dei geologi durante una giornata di approfondimento organizzata due anni fa, nel 50esimo anniversario della grande alluvione. E la risposta, in sintesi, è stata la seguente: se piovesse come nel 1970, con un quantitativo così grande di pioggia su un terreno già saturo e incapace di assorbire l’acqua, probabilmente sì. Lo scolmatore del Fereggiano da solo non sarebbe sufficiente a ridurre la portata nel tratto terminale del Bisagno.

D’altra parte, almeno un’opera è stata completata ed è in grado di ridurre notevolmente il rischio di esondazioni da Brignole in giù: è la nuova copertura del torrente alla Foce in grado di smaltire circa 850 metri cubi d’acqua al secondo, facendo “declassare” il rischio di quella zona. Con lo scolmatore in funzione (la fine dei lavori era prevista nel 2024, sempre che i ritardi accumulati dal cantiere non facciano slittare il termine) la portata totale passerà a 1.300 metri cubi al secondo, che corrisponde alla piena duecentennale.

Nel frattempo, però, la cementificazione del territorio non si è fermata, col il risultato che negli ultimi 50 metri di quota il 72% del terreno del bacino del Bisagno è completamente impermeabilizzato. Inoltre, oltre alla copertura della foce degli anni Venti, si sono aggiunte le coperture di Marassi e Staglieno, che in qualche modo hanno vincolato ulteriormente la forza del torrente in piena.

Oggi a fare paura sono eventi meteo ancora più estremi, veri e propri flash flood (alluvioni lampo) che scaricano quantitativi minori ma in un tempo molto più concentrato. Fenomeni simili sono favoriti dal riscaldamento globale che determina ondate di calore sempre più frequenti in estate e temperature del mare superiori alla media del passato, con un surplus di energia che alimenta i pericolosi temporali autorigeneranti (ne abbiamo parlato qui pochi giorni fa). In condizioni simili diventa ancora più importante la manutenzione dei piccoli bacini, i primi a “esplodere” in caso di precipitazioni brevi ma intense: qui l’elenco degli ultimi lavori deliberati dal Comune.

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