Lettera al direttore

La lettera

Festival Quarto Pianeta concluso con quasi tremila presenze, Gagliardi: “Istituzioni indifferenti”

L'obiettivo è riportare l'attenzione sull'ex manicomio

quarto pianeta festival

Genova. Una lettera aperta che il portavoce del coordinamento di Quarto Pianeta, Amedeo Gagliardi, indirizza alla Città e ai rappresentanti delle Istituzioni che ancora una volta si sono mostrati indifferenti nonostante i tanti appelli: “A fronte di tante persone che hanno partecipato al Festival non abbiamo registrato nessuna presenza degli abitanti dei Palazzi. Dopo l’Accordo di Programma firmato nel 2013 e dopo l’ultimo ma non definitivo atto per la convenzione urbanistica del 2018, tutto è rimasto fermo, sospeso. Comune e Regione nonostante i tanti appelli da noi lanciati per concludere e procedere all’assegnazione degli spazi sociali e culturali, sono rimasti lontani e indifferenti da questo luogo e dai temi che questo evoca”.

Riceviamo e pubblichiamo integralmente:

Si è appena concluso inDIFFERENZA, undicesimo Festival di Quarto Pianeta, quest’anno dedicato a Pier Paolo Pasolini. Quasi due mesi di attività, ricco di eventi che hanno consentito a quasi tremila cittadini di entrare in quello che fu il manicomio della città.

Vogliamo innanzitutto dire grazie a chi ha partecipato: al pubblico, agli artisti, agli intellettuali e a tutti quelli che continuano a chiedere attraverso la loro partecipazione che questi luoghi siano riconnessi culturalmente alla città.

Quarto Pianeta anche con questo Festival ha cercato di richiamare l’attenzione per un luogo così vicino a molti ma lontano per i rappresentanti delle Istituzioni. A fronte di tante persone che hanno partecipato al Festival non abbiamo registrato nessuna presenza degli abitanti dei Palazzi. Dopo l’Accordo di Programma firmato nel 2013 e dopo l’ultimo ma non definitivo atto per la convenzione urbanistica del 2018, tutto è rimasto fermo, sospeso. Comune e Regione nonostante i tanti appelli da noi lanciati per concludere e procedere all’assegnazione degli spazi sociali e culturali, sono rimasti lontani e indifferenti da questo luogo e dai temi che questo evoca.

Segno dei tempi e di Istituzioni lontane dalle vite reali delle persone, soprattutto di quelle meno coinvolte dai fasti delle luci della ribalta. Lo abbiamo già detto ma è meglio ribadirlo. Guidare il Bene Comune è compromettersi con la realtà, cercando di ascoltare, di comprendere le molteplicità delle parti. Interpretare il Bene Comune è costruire un noi, il più largo possibile. Per fare questo bisogna saper abbattere muri e costruire ponti. E quelli immateriali sono i più difficili da percepire, soprattutto se non si esce dalle logiche dell’apparire e dello spot promozionale. Attraverso il Festival abbiamo cercato di misurarci con l’indifferenza. Sappiamo che un Bene Comune come la salute mentale ha bisogno di progetti che sappiano incarnarsi nella vita complicata di tutti: chi è affetto da sofferenza psichica e chi guarda a questa sofferenza con una certa estraneità. Sappiamo che la paura e lo stigma sociale si combattono nel quotidiano cercando di far dialogare, coinvolgendo nella progettualità, operatori, familiari, utenti, reti sociali, Istituzioni, cittadini.

La fiducia e il coinvolgimento in questo dialogo è il sale della cura.

Per questo motivo abbiamo reso vivo lo Spazio 21, le ex cucine dell’Ospedale Psichiatrico che grazie ad Asl 3, dal giugno del 2017, almeno quando non piove e non fa freddo, sono diventate spazio dedicato alla comunità, alla memoria, alla ricerca e all’espressione di una cultura condivisa della salute, del benessere, per migliorare la qualità della vita di tutti noi.

Un luogo che speriamo possa trasformare l’ex manicomio in uno spazio di apprendimento della dimensione civile ed umana. È quello che abbiamo cercato di fare in questi dieci anni di impegno, attraverso centinaia di incontri, di eventi, di momenti di partecipazione. Ultimo il Festival. Con pochi mezzi e grazie ai contributi di tanti che in città credono nella rigenerazione dell’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto.

Al contrario registriamo una sostanziale indifferenza delle attuali Amministrazioni. E anche da altre città arrivano gli stessi segnali. Solo pochi giorni fa Marco Cavallo, simbolo della storia di liberazione dei “dannati della terra”, che nel 1973 aprì un varco nel manicomio di Trieste, è stato sfrattato dalla sua “stalla”: “l’ingombro dovrà essere rimosso dai depositi comunali”, così recita la disposizione dell’Amministrazione Comunale.

L’indifferenza dilaga.

I nuovi barbari procedono con la rimozione dei simboli.

Chi rimane indifferente diventa complice.

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