Per i liguri (e non solo) il bosco “si coltiva”, frontiera ombrosa tra la vita dell’uomo e la “selva”, la foresta, abitata da creature mostruose, draghi, streghe, spiriti malvagi. E nel bosco, quello ligure, regna “l’erbu”, semplicemente, “l’albero”, il castagno. Non c’è abbastanza terreno, in Liguria, per coltivare grano a sufficienza, e nemmeno altri cereali. La castagna può essere trasformata in farina che, mescolata con quella poca di grano, crea paste sopraffine. La castagna, soprattutto, se seccata dura a lungo, abbastanza per sfamare durante l’inverno che nell’entroterra era più rigido di oggi.
In Val Bormida, in particolare. “Ed ecco che la castagna assume, oltre ad un valore economico, anche un fortissimo valore umano, oggi senza prezzo. Il processo di raccolta ed essiccazione della castagna era, infatti, un momento socializzante, dove le persone si riunivano per coltivare amicizie, combinare matrimoni o, semplicemente, per raccontare fiabe e storie ai bambini e tramandare tradizioni. L’essiccatoio era quindi un luogo della comunità e di trasmissione della cultura” racconta Gianpietro Meinero, custode della biodiversità della vallata.
La coltivazione della castagna, infine, voleva (vuole ancor oggi) dire presenza sul territorio, cura dei boschi e conservazione degli stessi. Ad Osiglia (ma anche a Murialdo e Calizzano dove le castagne essiccate nei tecci sono Presidio Slow Food) la presenza di alberi di castagno era preponderante e ogni autunno le castagne venivano e vengono raccolte in abbondanza e fatte essiccare. Quindi venivano e vengono macinate per ricavarne farina oppure conservate intere per essere successivamente bollite. Era il cibo principale, insieme al latte delle mucche, durante il freddo inverno.
Ed ecco che un piatto semplice, della tradizione, capace di sfamare generazioni e generazioni (non solo ad Osiglia, ma in tutta la Liguria dell’entroterra) diventa De.Co.: le castagne bollite nel latte che, attenzione, non sono proprio come dice il titolo. Le castagne, infatti, si fanno bollire nell’acqua e, ancora bollenti, si “tuffano” nel latte freddo. Volendo si aggiunge un cucchiaio di miele o, più raramente, del prezioso zucchero.
“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa e Stefano, per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.