Recensione

Béatrice et Bénédict: applausi alla prima del Teatro Carlo Felice per l’ardito allestimento firmato Michieletto fotogallery

Uno scimpanzé, Adamo ed Eva, una scena minimal e tanti microfoni sul palco

Béatrice et Bénédict

Genova. Applausi convinti e qualche piccolo dissenso nei confronti dell’allestimento con la regia di Damiano Michieletto, le scene di Paolo Fantin e i costumi di Agostino Cavalca per la prima assoluta italiana di Béatrice et Bénédict di Hector Berlioz, che ha inaugurato la nuova stagione del Teatro Carlo Felice con nuovo allestimento dell’Opéra de Lyon in collaborazione con la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova.

L’opera, ispirata a Molto rumore per nulla di William Shakespeare, ne ricalca le parti da commedia, eliminando tutto il tragico del testo originale, nella forma dell’opera comique, con parlato alternato al cantato.

Berlioz ha inventato il personaggio di Somarone, maestro di musica (Ivan Thirion), che in questo allestimento è “armato” di un grande registratore a tracolla e si aggira per tutta l’opera registrando la voce di tutti e comandando il coro.

I microfoni la fanno da padrone per tutto il primo atto in una scena minimalista, tra tre pareti illuminate di bianco, che annullano ogni sfumatura, in cui agiscono i personaggi: Don Pedro (Nicola Ulivieri), principe di Aragona, è tornato a Messina dopo una vittoria militare di successo contro i Mori, che viene acclamata da tutta la Sicilia. Egli è affiancato da due amici e compagni d’armi, Claudio (Yoann Dubruque) e Bénédict (Julien Behr). Essi vengono accolti da Leonato (Gérald Robert-Tissot), governatore di Messina, insieme a sua figlia, Héro (Benedetta Torre) e la nipote Béatrice (Cecilia Molinari).

Héro attende il ritorno del suo fidanzato, Claudio, illeso e premiato per il suo valore. Béatrice fa domande e deride Bénédict. Essi si scambiano insulti, come hanno fatto in precedenti incontri, e si prendono in giro l’un l’altro. Bénédict giura ai suoi amici che lui non potrà mai sposarsi. Più tardi, Claudio e Pedro tramano per trascinare Bénédict a sposare Béatrice per burla. Sapendo che sta ascoltando, Leonato assicura Pedro che Beatrice ama Bénédict. Sentendo questo, Bénédict decide che l’amore di Béatrice deve essere corrisposto e così decide di corteggiarla. Nel frattempo, altrove, Héro e la sua assistente, Ursula (Eve-Maud Hubeaux), riescono a fare uno scherzo simile a Béatrice che ora crede che Bénédict sia segretamente innamorato di lei.

Michieletto gioca molto sui gesti, su come i due “litiganti” si avvicinino per poi non lasciarsi mai andare a un sentimento volutamente sopito, addirittura mette in scena un letto matrimoniale che verrà tagliato a metà dai due protagonisti, dando il via alla separazione della stessa scenografia.

Il piano di chi ha intenzione di far sposare i due si compone a poco a poco, come testimoniano le lettere che vengono appese sul palco e vanno a formare una frase che si scoprirà solo nel finale.

Il secondo atto si apre con una scenografia completamente diversa: una sorta di foresta tropicale in cui agiscono sia uno scimpanzé (Amedeo Podda), sia due novelli Adamo ed Eva (Alessandro Percuoco e Miryam Tomé) metafore di una libertà che Béatrice e Bénédict non potrebbero più vivere alla luce del piano ordito da chi li vuole far sposare.

Per celebrare le nozze in attesa di Claudio e Hero, Leonato organizza un ballo e tutti gioiscono tranne Béatrice che si rende conto di essere innamorata di Bénédict. Con Hero e Ursula canta la felicità di una sposa in procinto di sposarsi. Mentre si gira per andarsene incontra Bénédict e avviene uno scambio di battute in cui entrambi tentano di nascondere il loro amore l’una per l’altro.

Michieletto dà il via alla trasformazione: la natura lascia il posto a una gabbia in cui la nudità dei due amanti viene a forza sostituita da due abiti da sposi. La fuga dall’inevitabile è ormai impossibile, tanto che Béatrice e Bénédict vengono intrappolati, com’è accaduto nel primo atto per le due farfalle simboleggianti l’amore libero, da una rete che in questo caso ha la forma di una casa (l’amore coniugale) caduta sopra di loro.

Un notaio ufficializza il matrimonio di Claudio ed Hero e, come predisposto da Leonato, estrae un secondo contratto, chiedendo a un altro paio di giovani di farsi avanti. Bénédict trova il coraggio di dichiarare il suo amore a Beatrice; i due firmano il contratto di matrimonio, Adamo ed Eva entrano in due teche di vetro e guardano tutto dall’alto, con  l’opera che si conclude con le parole “Ridiverremo nemici domani” e la liberazione delle farfalle precedentemente intrappolate dai “congiuranti”.

In un allestimento decisamente originale, con costumi contemporanei, l’unico aspetto che stona, a nostro parere è proprio nei momenti in cui ciò che accade sulla scena sembra non rispecchiare ciò che stanno dicendo i cantanti: dal coro che canta durante l’inizio del secondo atto e festeggia mentre avviene una sorta di “dramma” della cattura di Adamo ed Eva e dello scimpanzé, passando per quell’addio mia libertà di Béatrice pronunciato proprio mentre la gabbia del secondo atto si alza.

Essendo il libretto particolarmente povero di introspezione psicologica probabilmente Michieletto ha voluto spingere su metafore e accostamenti arditi.

I cantanti se la sono cavata nei pochi momenti in cui era necessaria una certa abilità, il maestro Donato Renzetti (questa la sua centesima opera in repertorio) ha saputo conciliare bene il rapporto tra buca e artisti, esaltando l’ouverture, pregevole dal punto di vista musicale.

Repliche sino al 6 novembre.

 

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