Amarcord blucerchiato

“Album dei ricordi blucerchiati”: Ugo e Mauro Rosin, padre e figlio

Mauro Rosin, con la stessa maglia di Ugo, vent'anni dopo

Genova. Al nostro “Album dei ricordi blucerchiati”, mancava una figurina con due giocatori ed ecco allora l’idea di dedicare la 56^ ad una coppia particolare: Ugo e Mauro Rosin, padre e figlio a difendere la porta della Sampdoria, sotto una straripante Gradinata Sud…

A dire il vero, il ricordo di Ugo Rosin è legato ai racconti di un cugino, che non solo mi ha sbattuto la  palla fra i piedi, appena ho iniziato a camminare, ma mi ha anche ammaliato con il regalo della prima maglia blucerchiata, arricchito dalle narrazioni delle note tecniche di quei giocatori che a cavallo degli anni ‘50/60 avevano fatto la storia della Sampdoria

Quante volte, gli ho sentito snocciolare la formazione della Sampdoria dei mitici ‘vecchietti’?   Rosin, Vincenzi, Marocchi, Bergamaschi, Bernasconi, Vicini, Mora, Ocwirk, Brighenti, Skoglund, Cucchiaroni… e quante volte mi ha ripetuto che se il presidente Alberto Ravano non avesse ceduto Bruno Mora alla Juventus, nel mercato autunnale, il primo scudetto blucerchiato (anziché il 4^ posto) sarebbe arrivato trent’anni prima?

Di Ugo Rosin (sette anni al Doria, dal 55 al ‘62), mi raccontava di essere stato impressionato dalla sua elasticità e riflessi ‘da gatto’ e dall’attaccamento a quella maglia, che aveva sempre dovuto sudare, per guadagnarsi il diritto di indossarla, causa la concorrenza di compagni di reparto, quali Antonio Pin, Ezio Bardelli, Franco Sattolo e Pietro Battara, ma soprattutto il flash back, che mi ripeteva come un mantra, era quello di una sua uscita fra i piedi di Pedro Manfredini, centravanti di una Roma, che annoverava fra le sue fila i campioni del mondo uruguaiani Alcides Ghiggia e Juan Alberto Schiaffino, ma anche Ramon Lojacono ed il ‘core de Roma, Giacomo Losi, battuta a Marassi con un netto 3-2 (goal di Ernst Ocwirk e doppietta di Tito Cucchiaroni) da una Samp che aveva dovuto sostituire il ceduto Mora con l’ex juventino Lojodice e gli indisponibili Nacka Skoglund e Azelio Vicini, con Toschi e Vigna, in un match che non ho certo visto (data l’età), ma che ho vissuto nei racconti del cugino, come tanti altri immaginati, ascoltando la famosa trasmissione radiofonica ‘Tutto il calcio, minuto per minuto’…

Mauro Rosin, invece, l’ho visto – dal vivo – un paio di volte, nel 1983, fra i pali della Samp, posizionato alle sue spalle sui gradoni della Sud, la prima volta, nell’ultima di campionato contro il Verona di Osvaldo Bagnoli (2-2, con due reti imparabili – la seconda su rigore – di Penzo) e la seconda volta  in una strepitosa vittoria (4-1) sul Napoli di Ruud Krol e José Dirceu (quale subentrante di Ivano Bordon, nei 20 minuti finali).

Solo 3 partite nel Doria, per Mauro (la terza, anzi la prima – 0-2 all’esordio – contro l’Ascoli di Mazzone, Novellino e Nicolini), ma comunque sufficienti per tramandare il nome Rosin nella storia blucerchiata e meritarsi (col papà Ugo) una figurina ‘a due facce’ nel nostro album dei ricordi blucerchiati, arricchita dalle sue presenze con le successive maglie di Reggina (dove è ancora catalogato fra le icone calcistiche), Foggia, Ternana, Carrarese, Pisa e Brescia, solo per ricordare le principali di una lunghissima carriera fra i professionisti.

 

Della stessa serie “Album dei ricordi blucerchiati”

Bruno Mora, l’ala perfetta

 Trevor Francis, “the striker”

 Ruud Gullit , “Cervo che esce di foresta”

 Nacka Skoglund, il re del tunnel

 Toninho Cerezo, samba scudetto

 Graeme Souness, “Charlie Champagne”

 Aleksei Mikhailichenko, la stella dell’Est

 Sebastián Verón, “La Brujita”

 Luisito Suárez, “El arquitecto” dei primi anni ’70

 Tito Cucchiaroni, una leggenda nella storia della Samp

 Ernst Ocwirk, il faro del Prater

 Giancarlo Salvi, il “golden boy” di Dego

 José Ricardo “China” da Silva, il goleador brasileiro

 Srecko Katanec, la gazzella slovena

 Jorge Toro, dalle Ande agli Appennini Liguri

 Luca Vialli, il bomber

 Eddie Firmani, il “tacchino freddo”

 Ermanno Cristin, il “Nordahlino” di Marassi

 Sergio Brighenti, il capocannoniere

 Roberto Vieri, la fantasia al potere

 Mario Frustalupi, il piccolo grande” regista

 Gaudenzio Bernasconi, l’orsacchiotto

 Fausto Pari, una vita da mediano

 Giovanni Invernizzi, la classe operaia in paradiso

 Walter Zenga, l’uomo ragno

 Giovanni Lodetti, da “basleta” a “baciccia”

 Attilio Lombardo, il “Popeye”

 Valter Alfredo Novellino, il Monzon della panchina

 Alessandro, “il conquistatore” Scanziani

 Enrico Nicolini, “il Netzer di Quessi””  

 Loris Boni, il “baffo” col numero 8

 Boškov e Veselinović, gli jugoslavi

 Maryan Wisniewski , il francese arrivato da Lens

 Giorgio Garbarini, il generale Custer

 Marco Rossinelli, fuga per la vittoria

Pietro Vierchowod,  lo Zar

Francisco Ramón Lojacono, “el tanguero”

Domenico Arnuzzo, il geometra di fascia

Giovanni Guerrini, il Robot Mazinga Z

Marco Sanna, il guerriero ichnuso

Fabian Valtolina, il velocissimo “Beep Beep”

Fabrizio Casazza,  portiere da gradinata

Angelo Benedicto Sormani,  il Pelé bianco

Alessandro Grandoni, il Lippi del 2000

Roberto Galia, terzino o mediano?

Ivano Bordon, la “Pallottola”

Alberto Mariani, libero, non stopper

Alessandro Cucciari, ambidestro perfetto

Massimo Cacciatori, il Batman dei portieri

David Balleri, il pendolino

Fabio Quagliarella, l’Highlander

Giorgio Roselli, uomo derby

Mauro Bertarelli, primo goal in un derby

Vincenzo Iacopino, la ‘foglia morta’ all’incrocio

Carmine Espossito, un napoletano blucerchiato

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