Inappellabile

Ponte Morandi, ecco chi resta e chi esce dal processo: tutti i perché della maxi sforbiciata del tribunale

Fuori gli sfollati già risarciti, chi lamentava un deprezzamento della casa, dentro chi ha subito i danni maggiori e li ha dimostrati. Il caso dei poliziotti che lamentavano i danni psichici, fuori dal processo anche loro

zona rossa ponte morandi

Genova. Enti informali, associazioni legalmente riconosciute, privati cittadini che abitavano nella zona rossa o in quella arancione, che in molti casi avevano già preso abbondanti indennizzi, aziende che hanno lamentato un calo di fatturato, persone che hanno visto il ponte crollare, altre che hanno subito le conseguenze sul traffico del crollo del ponte. Perfino tre agenti di polizia che hanno lamentato danni psichici per aver fatto il proprio lavoro. Sono oltre 700 le parti civili che hanno provato a costituirsi nel processo penale per il crollo del ponte Morandi ma oggi il secondo collegio della prima sezione penale del tribunale di Genova ne ha rimandato a casa oltre 500. E lo ha fatto con un provvedimento motivato lungo 82 pagine e che non è appellabile. Se in tanti in queste ore si stanno lamentando per l’esclusione (resta comunque garantita a tutti la possibilità di fare una causa civile), è evidente che il taglio è fondamentale per consentire di arrivare alla fine del processo prima della prescrizione di alcuni reati tutt’altro che secondari, a partire dagli omicidi colposi.

Chi resta?

A parte il comitato dei parenti delle vittime, ci sono i famigliari di Claudia Possetti, gli unici tra i parenti delle vittime a non aver accettato il risarcimento di Autostrade. Poi ci sono una serie di danneggiati, sia imprese (ma solo quelle che hanno chiuso ed erano non lontane dalla zona rossa) e di persone che a causa delle conseguenze del crollo hanno avuto danni gravi, come chi doveva andare a fare chemioterapia, una cura salvavita o assistere un parente malato.

Fuori le associazioni dei consumatori, dentro i sindacati

Per quanto riguarda gli enti privati il tribunale ha ricordato che l’ente “deve perseguire scopi statutari lesi immediatamente e direttamente, deve essere collegato al luogo dove è stato commesso il reato e deve avere svolto iniziative concrete per la tutela dell’interesse collettivo”. Per questo vengono escluse associazioni come l’associazione italiana familiari e vittime della strada che secondo il tribunale farebbe solo attività divulgativa e nemmeno a Genova, l’associazione Mamma coraggio e Cittadinanza attiva.
Anche tutte le associazioni dei consumatori sono fuori dal processo, da Adiconsum a Codacons ad Assoutenti. Su quest’ultima, che vantava di aver svolto un’attività a tutela degli interessi lesi visto che a gennaio 2018 aveva chiesto al Mit un incontro urgente su tema degli investimenti nelle infrastrutture , il tribunale si è limitato a definire l’iniziativa “del tutto occasionale, senza concretezza e carattere continuativo”. Ammessi i sindacati Cgil, Cisl e Uil ritenuti appartenenti “al sistema di fatto delle relazioni industriali” con “rappresentatività negoziale” mentre escluse le associazioni di categoria Spediporto e Cna che non sono stati, secondo il tribunale, in grado di specificare l’attività concreta svolta.

La decisione innovativa: dentro il Comitato dei parenti delle vittime del crollo

Degna di nota perché estremamente innovativa dal punto di vista della giurisprudenza è invece l’ammissione del Comitato ricordo vittime ponte Morandi, che era stata esclusa dal giudice per l’udienza preliminare in quanto normalmente è richiesto che gli enti siano nati prima dei fatti per evitare speculazioni . Ma quell’elemento sarebbe stato l’unico a mancare al comitato e secondo i giudici che hanno accolto in toto l’istanza dell’avvocato Raffaele Caruso, il comitato viene considerato rappresentativo di una comunità preesistente e portatore di un interesse collettivo alla tutela dell’incolumità pubblica. Non solo secondo il tribunale “il danno morale all’incolumità pubblica si è consolidato dopo la costituzione dell’ente , fino ai successivi interventi di manutenzione della rete stradale successivi alla costituzione del comitato.

Fuori dal processo tutti gli sfollati e i dipendenti Amiu che non erano sui luoghi interessati dal crollo

Esclusi i 271 sfollati, che hanno già ottenuto i risarcimenti in base al decreto Genova. Rispetto a loro il tribunale ricorda ch hanno firmato una transazione sulla base del Decreto Genova e per questo avrebbero dovuto “a maggior ragione dar conto precisamente delle ragioni della domanda e dei titoli delle sue pretese”. Invece “in quasi tutti i casi neppure sé è fatto riferimento agli importi ricevuti”. Tra i numerosi dipendenti Amiu che hanno provato a costituirsi (tra i 43 morti ci sono due lavoratori) il tribunale ha tenuto nel processo quelli che si trovavano nella fabbrica del riciclo al momento del crollo o al Rialzo “in ragione del complessivo contesto cui ebbero a trovarsi che ben poteva ingenerare in loro un concreto e attuale timore di poter risentire personalmente delle conseguenze, escludendo quanti (una ventina) si trovavano altrove anche se a poca distanza.

Fuori chi ha subito cali di fatturato o disagi da chiusure e traffico ma non risiedeva o lavorava in zona rossa

Niente processo neppure per le aziende che hanno lamentato un calo di fatturato ma non si trovavano nella cosiddetta zona rossa: il tribunale ha applicato il criterio della correlazione diretta e immediata tra il danno lamentato e l’evento, vale a dire il crollo del ponte. A parte poche eccezioni, che riguardo le aziende che hanno dimostrato un “crollo del fatturato” o che addirittura hanno dovuto chiudere. Fuori quindi tante piccole e medie aziende e con loro anche Sech, terminal Psa e Aeroporto di Genova.

Tra quelli che lamentavano “danni nella vita di relazione” a causa delle chiusure e del traffico il tribunale ha ammesso solo coloro che risiedevano o avevano la sede di lavoro nella cosiddetta zona rossa (al netto di quelli già indennizzati) e non di quelli della zona arancione, anche qui a parte i casi di danni davvero gravi e ben dimostrati cosi come ha escluso i 150 cittadini che dicono di aver subito un deprezzamento dell’immobile sottolineando fra l’altro che quasi nessuno in concreto ha provato a dimostrare che aveva in atto una vendita o un affitto non andato a buon fine dopo il crollo e chi ha provato che aveva una vendita in corso non può escludere che ci sia un elemento soggettivo da parte dell’acquirente che poteva aver cambiato idea per altre ragioni.

Il caso dei tre poliziotti intervenuti nei soccorsi

Tre poliziotti intervenuti a prestare i primi soccorsi tra cui  lamentavano traumi psichici connessi alla drammaticità dello scenario in cui si sono trovati a operare, ma i giudici li escludono seccamente ricordando che non sono legittimati a costituirsi “non tanto perché il contesto in cui operarono non era tale da poterli ritenere esposti a pericoli per la propria incolumità quanto piuttosto “percHé trattasi di soggetti che sono professionalmente tenuti a saper governare e gestire situazioni particolarmente drammatiche, con la conseguenza che il danno lamentato rappresenta un rischio ineludibilmente connesso all’attività lavorativa svolta”

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