Genova. L’impennata di Fratelli d’Italia rispetto alle ultime comunali ma soprattutto rispetto alle politiche di quattro anni fa. La tenuta del Pd, che si conferma primo partito in città e anzi recupera qualche punto percentuale a confronto con le ultime tornate elettorali. Il M5s che, dopo aver toccato il fondo alle amministrative di giugno, da solo, ritrova un risultato a due cifre. E poi i voti civici, “arancioni”, dissolti: quelli per Toti e Bucci alle regionali e alle comunali non si sono tradotti affatto in preferenze per i partiti centristi e moderati.
Queste sono le evidenze più immediate all’indomani del voto, con gli scrutini ancora non del tutto ultimati, per quanto riguarda Genova che se alle comunali di inizio estate aveva visto il centrodestra con Bucci vincere con il 55% delle preferenze ora si trova a spartire con il centrosinistra la vittoria negli uninominali – Liguria 2, il ponente cittadino e la Valpolcevera aggiudicata a Ilaria Cavo (Noi Moderati), Liguria 3 il centro e il levante a Luca Pastorino (indipendente, vicino al Pd ma già parlamentare di LeU) – e raggiunge, pur orfana di Renzi e Calenda, un 35% su cui Giovanni Toti ha detto che “bisognerà riflettere attentamente”.
Come nel resto del Paese, non si può non notare la crescita di Fratelli d’Italia. Il raffronto con il 2018 è impressionante: considerando i risultati agli uninomali alla Camera: il partito della Meloni è passato dal 3,4% al 20,72% nel collegio Liguria 3 e dal 2,5% al 20,5% in quello Liguria 2. Anche rispetto alle comunali l’ascesa è notevole visto che Fdi si era fermato al 9,5%.
Di contro la Lega continua nella sua parabola discendente: alle politiche del 2018 aveva raggiunto il 17% mentre a questo giro si ferma al 7,5% nel collegio Liguria 3 (Genova Levante) e al 9,75% nel Liguria 2 (Genova Ponente). Comunque recupera un paio di punti rispetto alla débacle delle comunali di giugno dove si era arrestata al 6,5%.
Rispetto al voto per le comunali di Genova, d’altronde, i partiti di centrodestra (Forza Italia compresa) hanno rosicchiato parecchi voti alle formazioni centriste che, intanto, si sono presentate su due fronti diversi: Renzi/Calenda come una coalizione a sé stante, Noi Moderati all’interno della coalizione di centrodestra.
Ma il “modello Genova” e il “modello Liguria”, alle politiche, non ha funzionato. I voti ottenuti dalle civiche “piglia tutto” di Bucci e Toti non si sono tradotti in un supporto ai progetti moderati. Noi Moderati, appunto, a Genova resta sul 2%, superato anche da Italexit. Va meglio il terzo polo di Calenda e Renzi, complessivamente con una media attorno al 7%, e che però non riuscirà a inviare candidati a Roma.
Il Pd senza Movimento 5 Stelle ritrova parte della sua base e, anche forte della campagna nazionale sul “voto utile”, arriva a un buon risultato: 25,1% nel collegio Genova Levante (dove il centrosinistra vince l’uninominale con Luca Pastorino), 26,2% nel collegio Genova Ponente. Alle politiche del 2018, sempre senza M5s, aveva ottenuto un 22%. Alle comunali di giugno, all’interno del campo progressista insieme ai pentastellati, si era fermato al 20%.
D’altronde è il M5s quello a guadagnare di più, in termini di preferenze e rinascita, dal divorzio con il Pd. Alle comunali era sceso sotto il 5% mentre questa volta si attesta attorno al 14%. Niente a che vedere con l’onda gialla del 2018 dove anche a Genova il Movimento aveva superato il 30% di preferenze ma l’operazione di Conte, anche a livello nazionale, ha funzionato, facendo risorgere dalle ceneri un partito che, stando al governo e alleandosi prima con la destra e poi con il Pd, si era praticamente annullato.
Una parte di Genova ha votato la sinistra “a sinistra” del Pd: i cosiddetti “rossoverdi” hanno ottenuto un 5,4% (plurinominale Camera). La sinistra radicale, collocata nel simbolo Unione Popolare, si è fermata all’1,6%. Sono percentuali paragonabili a quelle ottenute rispettivamente dai rossoverdi e da Sinistra Italiana alle comunali e da Liberi e uguali e Potere al Popolo alle politiche 2018.
La mappa del voto. Mai come questa volta il voto non ha visto una dinamica di “quartiere”. La restituzione visiva delle vittorie nei seggi non consegna una città dove, per esempio, le vallate e le periferie votano in un certo modo e il centro in un altro. La colorazione – rossa o blu, in nessuno dei seggi ha primeggiato una terza forza politica – è distribuita in maniera eterogenea ed esistono zone storicamente di una o dell’altra parte politica con al loro interno enclave “eterodosse”.